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Storia del giornale

Gli anni dello scontro tra cattolici e comunisti

Dopo la parentesi della guerra dal 1947 al 1953 la redazione è guidata da don Ersilio Tonini, il futuro cardinale

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La seconda guerra mondiale porta anche difficoltà economiche e il Nuovo Giornale dal 17 febbraio al 23 marzo 1944 è quindicinale. L'11 agosto 1944 cessa le pubblicazioni. Il 27 gennaio 1946 esce un numero unico per l'ordinazione del vescovo piacentino Carlo Boiardi, poi silenzio. Il giornale torna in edicola il 15 febbraio 1946 e lo dirige  don Amedeo Ghizzoni.  Ma non è l’uomo giusto per i tempi. Il 3 gennaio 1947 il sacerdote annuncia che lascia la direzione. Saluta i lettori e si dice di essere in attesa che il direttore incaricato abbia terminato le formalità burocratiche. Ricorda che il 26 dicembre 1945 era stato contattato dal vicario generale Italo Sgorbati, aveva accettato per un breve periodo e quindi ora attende il sostituto.

E il sostituto è un giovane prete che  era rientrato da Roma dove aveva compiuto gli studi giuridici: è don Ersilio Tonini, il futuro cardinale. Il sacerdote firmerà il suo primo giornale il 7 marzo 1947. L'autorità diocesana, visti i tempi in corso e soprattutto quelli che si preannunciano, evidentemente chiede al giornale di ricoprire un ruolo poco in linea con le caratteristiche direzionali di Ghizzoni, mentre si adattano molto bene alla figura professionale di don Tonini. Che il nuovo direttore abbia un passo del tutto diverso e originale lo si avverte subito con l’articolo che pubblica sul primo numero: non fa programmi, ma passa all'azione. Parliamo del testo che l'autore titola "Scacco al re. Attenti alla regina". Scrive tra l’altro il nuovo direttore, prendendo spunto dal gioco degli scacchi, che “qualcosa di simile può avvenire oggi a noi che combattiamo il Comunismo. Sì, esso è nemico della Fede, nemico abile, armato, minaccioso. Ma non solo, ecco lì un altro che gli è alleato: il Capitalismo. ossia la “ricchezza ingiusta”, la mammona. Alleati Comunismo e Capitalismo? Sì, alleati, anzi fratelli. E’ materialista il Comunismo che tratta l’uomo come un essere affamato di solo pane. Ma materialista è pure il Capitalismo che riconosce in pratica solo i valori economici. Il primo innalza a mito la classe proletaria, l’altro la classe più fortunata; ambedue portano alla dittatura di una classe sull’altra”. Ovviamente questo è un enunciato che il direttore Tonini poi mette in pratica con molto buon senso, pragmatismo e lungimiranza.

Nei primi anni della ripresa, dopo la pausa imposta dalla guerra, il giornale deve avere diversi problemi organizzativi come dimostrano i vari cambiamenti di sede. Il 3 gennaio 1947 la direzione e la redazione riprendono l’attività in corso Vittorio Emanuele 169, mentre l’amministrazione è in via Legnano 1, presso la Libreria Silvotti. Cambia anche la tipografia: stampa lo Stabilimento Tipografico Piacentino, quello dei fratelli Prati di “Libertà”. Il 27 giugno 1947 troviamo la direzione e la redazione in via Prevostura 9, mentre l’amministrazione resta in via Legnano. L’impostazione è quella annunciata da don Tonini con il suo primo articolo e, per dimostrare che alle parole seguono i fatti, ad esempio inaugura e mantiene una pagina dedicata al lavoro.

Il 21 maggio 1948 nuovo cambio di sede: la direzione e la redazione si trasferiscono in via San Giovanni 7, a Palazzo Fogliani; il 9 luglio dello stesso anno troviamo direzione, redazione e amministrazione riunite in Via Legnano (si tratta evidentemente di una soluzione ponte), mentre con il numero del 14 gennaio 1948, l’anno del grande impegno politico, la direzione e la redazione sono di nuovo in via San Giovanni 7. L’amministrazione resta in via Legnano presso la libreria Silvotti. E’ anche il mese, questo, in cui una delegazione del “Nuovo Giornale” si reca a rendere omaggio a Pio XII: il Papa fa una foto con il gruppo e il settimanale  pubblica foto e articoli in prima pagina il 22 gennaio 1948.

Per quanto riguarda la logistica, in questi anni non si rilevano cambiamenti: arrivano firme importanti tra cui quelle di Giuseppe Botti e Giancarlo Torti. Si giunge così all’8 maggio 1953 quando don Tonini, nominato parroco di Salsomaggiore, firma l’articolo “Congedo” e lascia il giornale. E’ un abbandono più formale che reale in quanto il sacerdote continuerà, con la sua figura carismatica, a influenzare l’attività della redazione anche perché vi lascia due amici-allievi che continuano a muoversi alla sua ombra: sono Dante Formaleoni e don Giuseppe Venturini.

Lo stesso Cardinale, ricordando in seguito i suoi anni da giovane direttore alla guida del Nuovo Giornale, ha avuto modo di sottolineare come il Novecento sia stato un'epoca  straordinaria, in quanto vengono a maturazione tutti i vizi tra cui le dittature. Ora le democrazie si stanno estendendo in tutto il mondo. Per quanto riguarda il ‘48, è stato un anno di grandi cambiamenti con il passaggio da un paese governato ad uno di governanti. Altra considerazione: un paese nazionalista diventa progressivamente europeo. Questo lo si sentiva anche a Piacenza. 

Un altro tema di quel periodo – sono sempre ricordi del card. Tonini - riguarda l'economia con i lavoratori che rivendicavano la prima linea. E l'alternativa era tra due modelli: l'americano e il russo. Questo scontro è stato avvertito anche a Piacenza, compresi i comizi in piazza. E' stata un’epoca di coraggio. Tutto era percorso da un fremito popolare con la partecipazione di ambo le parti. C'era passione. A Piacenza non c'è mai stato un atto di violenza, mai una minaccia, mai una sopraffazione.

La stampa in questa battaglia ha avuto il suo ruolo: “Il Nuovo Giornale” da  una parte e dall'altra “Il Martello” e “Battaglie Democratiche”. “Tra me e Clocchiatti - ha ricordato il Cardinale - c'era un rapporto fraterno, anche nelle battaglie. Mai una tensione: merito di Ernesto Prati e della sua “Libertà”. Grandi dibattiti, anche sul divorzio, ma in una sostanziale correttezza”.

“La nostra Piacenza ha conosciuto un fenomeno culturale notevolissimo, il cineforum. La nostra città ha vissuto quell'epoca intensamente, però nella discrezione. Forse in tutta la regione la nostra provincia è stata la più cauta. Un dibattito acceso senza che nulla offendesse il rapporto fraterno. Mi disse  Clocchiatti: ‘Monsignore, fra quarant'anni vedremo chi avrà ragione’. Nessuno ha avuto ragione. Sono solo felice di aver dato il mio contributo al fianco della nostra gente che ha partecipato perché voleva il cambiamento”.

 

Gli anni del sogno di un giornale emiliano

Nel 1965 da Piacenza parte il progetto di una nuova “catena” di settimanali cattolici, ma i tempi sono prematuri

 

25centen Don Tonini lascia la direzione del giornale nel 1953 e gli subentra il tandem Dante Formaleoni – don Giuseppe Venturini che giunge fino al 1964. Con il gennaio 1965 don Venturini darà vita ad una catena emiliana (Stampa interdiocesana cattolica) e trasferirà la sede a Parma lasciando a Palazzo Fogliani don Gianfranco Ciatti e Fausto Fiorentini.

Sono anni in cui il Paese ha già superato le tensioni del cambio di rotta dopo la caduta del Fascismo (è soprattutto con le elezioni del 18 aprile 1948), ma le consultazioni politiche del 1953 rivelano che il clima è ancora surriscaldato. Anzi, alcuni mali si stanno acutizzando come lo scontro tra cattolici (se si preferisce democristiani) e comunisti. Sono i tempi della guerra fredda. E in questo scontro il direttore Dante Formaleoni, che aveva avuto aspirazioni anche politiche in seno alla DC, rappresenta il lottatore intransigente che ribatte colpo su colpo. Ma nella redazione progressivamente si fa strada anche la figura di don  Giuseppe Venturini e non tanto perché è un prete, ma soprattutto perché sta cambiando il quadro della Chiesa sia universale che locale: sono gli anni del Concilio Ecumenico Vaticano II. La grande assise viene aperta ufficialmente nella basilica di San Pietro l'11 ottobre 1962 da papa Giovanni XXIII. Alla morte del Pontefice, 3 giugno 1963, il Concilio fu continuato dal suo successore Paolo VI. Dopo quattro sessioni di lavoro venne chiuso il 7 dicembre 1965. Piacenza, per merito dell’arcivescovo Umberto Malchiodi, vive con attenzione il clima del Concilio. Sono pure gli anni che preparano i cambiamenti, anche in campo ecclesiale, che avvengono a fine anni Sessanta – primi Settanta.
Don Tonini, il futuro cardinale, dal 1° aprile 1953 è parroco a Salsomaggiore e così l’8 maggio, alla vigilia della grande consultazione, lascia ufficialmente il giornale e passa la mano ad un suo stretto collaboratore, Dante Formaleoni, che ha al fianco il giovane don Giuseppe Venturini. Il primo dirigerà la testata fino al 1963, mentre il secondo dal 1963 al 1973 (dal 1965 è, però, a Parma e le pagine piacentine sono dirette di fatto da don Ciatti); è anche un periodo in cui il settimanale  è un’autentica fucina di giornalisti di successo: per tutti citiamo Domenico Del Rio, poi vaticanista di Repubblica e scrittore di rango,  il linguista Ernesto Cremona, lo storico don Franco Molinari, Pierluigi Magnaschi, poi direttore dell’Ansa, Beppe Recchia, poi regista televisivo, Romano Gromi, affermato uomo di scuola, Francesco Bussi, musicologo.

Sono anni che assistono a diversi cambiamenti, ma certo la novità principale è costituita dal Concilio. Ai primi del 1963, don Venturini, assumendo la direzione del giornale, scrive: “Quello che se ne è andato (il 1962) passerà alla storia come l’anno del Concilio, una tappa del cammino della Chiesa che ha lasciato negli animi, non solo dei cattolici, profonda impressione. Non per  nulla un grande giornale americano ha definito Papa Giovanni ‘l’uomo che più di ogni altro ha fatto la storia’ nel 1962. Quello che muove i primi passi è ancora un anno denso di impegni: tutta la comunità cristiana è chiamata a porsi in ‘stato di Concilio’”.

Abbiamo volutamente citato questo passaggio perchè sintetizza il clima che si sta vivendo nella redazione: grazie all’arcivescovo Malchiodi e anche ai redattori del giornale, Piacenza partecipa profondamente al clima del Concilio e quindi le parole di don Venturini non sono di maniera.
Il nuovo direttore non manca però di guardare in casa propria. “Anche nella famiglia del nostro giornale è avvenuto qualcosa di nuovo. Il dottor Formaleoni ha lasciato la direzione de ‘Il Nuovo Giornale’ per dedicarsi al potenziamento dell’impresa tipografica che rese possibili in questi ultimi anni notevoli progressi sul piano tecnico del nostro settimanale”.

Don Venturini precisa che da parte sua continuerà nel solco della tradizione precisando che farà ogni sforzo per adeguare la testata “alle nuove esigenze dei tempi progrediti”. E poi entra nello specifico: “A noi è richiesto tutto ciò che il mondo moderno attende dalla Chiesa: una testimonianza lineare della nostra fede nei valori eterni, ma anche una partecipazione sincera allo sforzo dell’umanità per rivalutare i più nobili valori terreni.  E noi sappiamo quanto sia insostituibile, a questo fine, l’apporto della testimonianza cristiana. Il giornale cattolico si unisce a tutte le altre istituzioni della diocesi per rendere, nel settore specifico dell’opinione pubblica, questa testimonianza”. A proposito di Concilio, il settimanale il 12 gennaio 1963 riporta un articolo dello stesso arcivescovo Malchiodi sulla grande assise: “Ho visto la Chiesa in tutto il suo splendore”.

E giunge il 1964, anno che potremmo definire di transizione. Esteriormente cambia solo il formato, che passa a cm 36 x 52 (è imposto dalle macchine da stampa che  utilizzano le risme  - stampano in piano - ed hanno questo formato). La vera novità è, però, la fine della catena della SCA (Stampa Cattolica Associata). “Il Nuovo Giornale” torna ad essere solo: il numero del 4 gennaio 1964 apre con un articolo di mons. Tonini sul Papa in Terra Santa, mentre lo stesso don Venturini spiega ai lettori il particolare momento che sta attraversando la testata, un momento travagliato…   “Purtroppo non siamo, noi cattolici italiani, all’altezza del nostro compito nel settore della stampa. Dobbiamo confessarlo e dobbiamo rammaricarcene”. Tuttavia riconosce che a Piacenza qualche cosa si sta muovendo, merito anche di molti sacerdoti che hanno inserito la lettura della stampa cattolica “tra i più urgenti obiettivi del loro ministero”.  Merito anche dell’impegno dell’Azione Cattolica. Quello che colpisce è che dalle parole di don Venturini si intuisce che la redazione sia orientata a giocare le proprie carte con la nuova edizione  tutta locale. Sembra lontana la decisione di riprovarci con la catena regionale come avverrà a fine anno.

Negli ultimi mesi del 1964 cambia però orientamento e indirizza il suo impegno verso la costituzione di una nuova catena regionale. Ecco perché, anche se il giornale per alcuni anni continuerà ad uscire con la firma di don Giuseppe Venturini, dal gennaio del 1965 di fatto il giornalista si sta muovendo verso altri orizzonti e negli anni seguenti si andrà delineando progressivamente la direzione Ciatti.

 

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