Guardando il mondo. Gad Lerner a Cives
Il corso Cives in collaborazione con il Laboratorio di Mondialità Consapevole, ha ospitato Gad Lerner il noto giornalista italiano nato a Beirut e di origini ebraiche; ed è proprio da questo fondersi di culture che nasce la profonda sensibilità di Lerner come saggista ed opinionista. Dalle sue esperienze di uomo e da quelle professionali, sono nate le considerazioni della lezione aperta al pubblico, numeroso nella connessione via internet.
Guardando il mondo dall’esperienza personale
“Mi sento il prodotto molto fortunato di diversi cicli d’emigrazione, la mia famiglia, a cominciare da mio nonno, si è trasferita dall’Ucraina verso la Palestina e poi mio padre in Libano ed in Siria. Successivamente, a causa delle difficoltà legate al vivere in un paese arabo per una famiglia ebraica, alcuni tornarono in Palestina ed altri per lavoro si trasferirono in Italia. Un lungo viaggio che ci ha visto sopravvivere allo sterminio tedesco e obbligato ad esodare per i conflitti mediorientali. Per questo quando si parla di fenomeno migratorio mi viene spontaneo mettermi nei panni di chi è sopravvissuto. Quando sono arrivato in Italia mi sono integrato senza troppe difficoltà, altre persone si erano spostate soprattutto all’interno del territorio italiano tra sud e nord ed esisteva un processo di fusionalità che ti faceva sentire di avere un destino comune, faceva di te uno tra gli altri ed io, pur essendo un apolide, ero perfettamente inserito ed accolto nel tessuto sociale. Ma ad un certo punto ho avvertito che il clima era cambiato e tornava importante la “razza” e l’identità religiosa, nel contrapporsi dei nazionalismi si rigettavano i flussi migratori, si esaltavano le diversità pur essendo costretti alla convivenza”.
Guardando al mondo da giornalista
“Come giornalista mi sono occupato delle problematiche mediorientali e di quelle del territorio africano, rendendomi conto che abbiamo sottovalutato molte situazioni allarmanti come l’assalto jihadista nei primi anni novanta in Algeria conclusosi con una carneficina, così come la pulizia etnica nell’ex Jugoslavia, tutti sintomi del risveglio di antichi rancori che contrapponevano miti e stereotipi del passato riaprendo antiche ferite perpetuatesi nei secoli, cicatrici che tornavano a sanguinare. Nei miei viaggi, dai Balcani alla Turchia sino al Libano e ad Israele, quello che incontravo era spesso un paradosso, città distanti meno di 200 km come Beirut e Tel Aviv, lontane dal punto di vista religioso e culturale ma vicine nella libertà dei costumi, nell’espressione della giovinezza con caratteri di cosmopolitismo seppur cristallizzati nella separazione ideologica. E poi l’Africa: allontanandomi dal turismo di lusso ed entrando nella bolgia delle megalopoli africane, in un mondo dove l’età media varia dai 15 ai 18 anni come in Uganda ed in Nigeria, ho trovato una feroce povertà e capito quanta inerenza ci sia tra quel mondo, a volte disumano, e le esperienze di casa nostra, prima di tutto il problema migratorio; non ci si può illudere che confrontandosi con simili questioni, la separazione ci preservi e ci salvi. Immaginando di piegare il mondo alla superiorità economica, tecnologica e militare dei paesi ricchi, si creano imprevisti e relazioni pericolose, laceranti e drammatiche. Investendo sulla rabbia dei deboli, si suscitano reazioni innatese. Immaginando un predominio dei forti, si strumentalizza la rabbia dei più poveri. Il rischio di tutto ciò è quello di arrivare ad un nuovo separatismo, che avrà conseguenze nel lungo periodo come già la storia ci ha insegnato. Il mondo è tutto intorno a noi, non è necessario guardare lontano. Ideologie naziste, fasciste e razziste si ripropongono come piante infestanti con malevola insidia”.
Il mondo dei ricchi
“E’ in corso un tentativo un po' maldestro di costituire un nuovo ordine mondiale, nuovi sistemi di alleanze dove oriente e occidente si mescolano per contrastare la competizione dei nascenti colossi economici come la Cina. Una nuova società che non ha più nulla a che fare con il modello liberale, democratico e pluralista, l’idea che la pace e la stabilità mondiale si possa creare solo attraverso un accordo tra i forti che schiacciano i deboli e calpestano le minoranze e i diritti umani fa sì che alcuni si spingano sino a desiderare una sospensione della democrazia in nome di una pace mondiale. Le geografie, così importanti nel passato per determinare alleanze e potere, oggi non contano più nulla. L’oro nero ha consentito di costruire nei luoghi più inospitali del pianeta paradisi e città energivore, sfruttando manodopera in condizioni di schiavitù e dando vita ad una nuova forma di capitalismo finanziario. Sono i forti che devono mettersi d’accordo e fronteggiare le minacce e non sempre i forti sono rappresentati dagli Stati ma più spesso dalle multinazionali. Le problematiche sorte recentemente con la distribuzione dei vaccini ed il rifiuto di pensare alla possibilità di una deroga ai brevetti per dare la possibilità anche ai paesi più poveri di produrre gli immunizzanti dimostra che la regola dei profitti è più forte del senso di umanità e della volontà di protezione del genere umano, come se l’immunità di gregge potesse realizzarsi solo proteggendo la minoranza più ricca”.
Pubblicato il 9 marzo 2021
Stefania Micheli
Ascolta l'audio