Nel ricordo di Carla Pozzoni
Era nata a Sondrio, Carla Pozzoni, ed è deceduta a Reggio Emilia, eppure Piacenza è stata la sua città. Arrivata agli inizi degli anni ’50 col marito, il figlio e la figlia, si è subito inserita come parte attiva nella parrocchia della Santissima Trinità allora guidata da don Antonio Tagliaferri.
Rimasta vedova giovane, con i figli ormai grandi e sposati, ha trovato conforto nella fede, investendo anche tempo ed energie nella vita parrocchiale, vivendo con entusiasmo le creazioni che negli anni venivano realizzate: il nuovo oratorio, il grande dipinto, la statua di Padre Pio. Aggiornava a distanza noi sul procedere di tutti i lavori di quella che lei sentiva essere la sua comunità.
Ha goduto di una salute di ferro, che le ha permesso di vivere in completa autonomia a Piacenza fino alla soglia dei 95 anni, grazie anche alle tante persone che erano pronte ad aiutarla davanti ai piccoli o grandi problemi che poteva incontrare. Era una persona a cui era impossibile non voler bene e a cui veniva spontaneo rendersi disponibile.
Ha trascorso gli ultimi tre anni a Reggio Emilia, vicino alla famiglia della figlia e ai numerosi nipoti e pronipoti, passeggiando e salutando i vicini fino al giorno prima della sua dipartita.
Queste le parole che i nipoti hanno letto durante il suo ultimo saluto:
Ti sei addormentata in pace, con te stessa e col mondo.
Senza disturbare, come senza disturbare hai vissuto.
Eri una certezza ormai. Una forza della natura che non temeva nemmeno il Covid perché “Io sono immune, me lo ha detto il Padreterno!”. Te ne sei andata con la stessa serenità che ha caratterizzato la tua esistenza. Quella positività, quell’attaccamento alla vita e quella fede che ti hanno sostenuto anche nei momenti difficili.
E ne hai avuti tanti, il più difficile, forse, la morte del nonno che ti ha lasciata sola così presto.
Ma da sola sei andata avanti. Ti sei rialzata e ti sei data da fare per imparare a vivere a 50 anni da sola, senza dipendere da nessuno.
E per fare questo, hai preso anche la patente, vincendo il timore della strada.
Insegnando a noi bambini che “la linea continua è come un muro, non puoi sorpassarla!”
E facendo tante volte quella lunga e dritta via Emilia che separava Piacenza da noi.
Hai trovato conforto nella tua comunità, in cui tanto ti sei spesa dedicandoci tempo e molte energie. Talvolta con noi piccoli che intanto giocavamo con gli scarti dei fiori. Che andavamo a cercare la piccola foto del nonno in fondo la Chiesa e accendevamo la candela.
La stessa comunità che nei primi anni della vecchiaia, ti è stata tanto vicino. Ti ha “custodito” e “accudito” con costanza, premura e amore. E di questo non possiamo che esserne grati.
Ti sei sempre affidata e fidata degli altri. Talvolta troppo.
Quante volte ci hai raccontato che ti eri fatta accompagnare a casa da una persona sconosciuta perché “aveva la faccia da bravo ragazzo”.
Quante volte ti abbiamo raccomandato di stare attenta. Ma si vede che il tuo fiuto per le brave persone funzionava, perché ti ha fatto davvero incontrare tante persone sconosciute disposte ad aiutarti e allo stesso tempo ti ha permesso di riconoscere quelle che invece con pretesti volevano raggirarti.
Il tuo carattere, la tua personalità, il tuo esserti spesa per gli altri, ha fatto si che tanta gente poi negli anni si sia occupata con costanza e premura di te. Con piccoli gesti, con la premura di aiutarti senza mai farti sentire un peso. Facendoti sempre capire che i loro gesti erano fatti col cuore, perché davvero eri amata. E tu hai sempre ricambiato come potevi, con quello che potevi offrire: un cioccolatino, una tazza di tè e sempre, sempre, con il tuo sorriso.
Ti sei sempre rialzata. Emotivamente, ma anche fisicamente. Anche davanti a una frattura del femore quando eri quasi novantenne, e alle varie cadute e piccoli incidenti domestici, l’ultimo qualche mese fa. Ma non hai mai voluto fermarti perché se il Signore ti aveva dato le gambe voleva dire che le potevi usare.
Hai guardato con entusiasmo il mondo che cambiava a una velocità che forse non ti aspettavi. Ricordo l’entusiasmo con cui a 92 anni sei salita su una Freccia Rossa per andare a Roma a trovare la sorella. Sembravi una bambina al luna park!
La stessa soddisfazione quando a 97 anni sei andata a votare ancora sulle tue gambe.
Hai saputo riconoscere quando ormai la tua sete di autonomia era inferiore al desiderio di avere le persone care vicine.
Non hai avuto paura né vergogna a chiedere di venire a stare a Reggio.
Avevamo più paura noi: temevamo che fosse difficile lasciare la casa in cui avevi sempre vissuto. E lasciare le persone che ancora c’erano e che regolarmente ti venivano a far visita.
E invece, con la tua solita determinazione, hai chiuso la porta alle tue spalle senza nessun dubbio né ripensamento.
Hai salutato tutti e da quel giorno a chi ti chiedeva se volessi tornare indietro tu rispondevi decisa “Stai proprio fresco! Io qui ci sto proprio bene!”
Hai rivisto Piacenza dopo tre anni a fine giugno. È stato incredibile vedere quante persone ci hanno fermato per strada riconoscendoti
A 97 anni… se c’è chi si ricorda di te a distanza di anni significa che hai lasciato un segno, e neanche troppo piccolo.
E sei riuscita a lasciare un segno anche qui a Reggio. Lo dimostrano le tante dimostrazioni di affetto che hai sempre ricevuto e che in questi giorni abbiamo ricevuto noi.
E adesso? E adesso noi non possiamo che essere traccia visibile di quel segno, che cercheremo di portare avanti dentro e fuori di noi.
E dopo di noi i nostri figli che tanto hanno riso con te.
Buon viaggio nonna
Pubblicato il 26 dicembre 2020
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