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Borgonovo, il critico Daverio svela le bellezze della Collegiata

daverio

Una grande folla ha riempito la Collegiata S. Maria Assunta di Borgonovo per una conferenza del critico d’arte prof. Philippe Daverio, invitato per svelare le bellezze di quella che è una parte di quell’immenso ma poco conosciuto patrimonio artistico che caratterizza il nostro territorio. Il suo occhio esperto, come suggerito dal titolo della serata, “legge il Polittico e gli affreschi della Collegiata” e le sue spiegazioni aiutano a vedere quello che, per distrazione e mancanza di competenza, passa inosservata nel nostro quotidiano fruire di quello che è un edificio molto più significativo di quanto non si pensi.
Don Giovanni Bergomi, ringraziando Daverio per aver accettato l’invito, ha voluto sottolineare “la bellezza nel capire qualcosa in più della ricchezza che, in fondo, è stata voluta dai nostri padri, che hanno costruito la nostra chiesa. Quando guardo il polittico penso sempre al cuore di chi ce l’ha donato, e invito anche voi a fare altrettanto, oltre a guardare più in alto, al cielo”.
Philippe Daverio si è poi meritatamente preso tutta l’attenzione della chiesa gremita di persone, sedendo di fronte alla folla e conducendola in un viaggio indietro nel tempo, letteralmente “leggendo” l’ambiente intorno a lui e spiegandone l’origine e il significato storico.
“Il Seicento ci ha dato la grande, bella porta d’ingresso, ma ha ricoperto il passato, letteralmente nascondendo l’aspetto originario della Collegiata. Una trasformazione tipica della controriforma”, ha esordito il critico, prima di invitare tutti a considerare l’imponenza “marziale” della grandi colonne circolari, “militari”, che sorreggono la navata. Queste, come l’uso dei mattoni, sono tipiche del gotico italiano del nord.
“L’uso dei mattoni è una caratteristica “locale”: in Francia, da cui lo stile gotico è arrivato, è qualcosa di impensabile. Una caratteristica dell’area, chiamiamola così, padana. In italia il gotico si sposa con il romanico, vive una sua commistione dopo che Bernardo di Chiaravalle, francese, porta, con le sue abbazie, il nuovo gusto estetico dalla Francia”.
Quel gusto estetico è una testimonianza di un periodo storico straordinario, a lungo incompreso e denigrato come epoca buia, come quel medioevo visto come periodo oscuro. “Lo stile stesso deve il suo nome, “gotico”, a Leon Battista Alberti che nel Quattrocento lo deride, ne dà una connotazione “barbarica” associandolo, appunto, ai Goti, peraltro incorrettamente”. Uno stile rinnegato e poi riscoperto in seguito, proprio come il periodo storico che lo vide affermarsi.
“Il tredicesimo secolo è la vera fondazione del mondo odierno: quel periodo, tutt’altro che oscuro, è stato invece un momento di straordinaria crescita del pensiero, dell’economia, della cultura, del movimento di chierici ed ecclesiastici attraverso tutta Europa”, ha spiegato Daverio. “La crescita del tredicesimo secolo non è mai più stata eguagliata, in proporzione. Ha preceduto la devastante e per noi inimmaginabile implosione demografica dovuta alla Peste Nera e ha visto la nascita di legami attraverso tutta l’Europa, e la nascita di quella società mercantile, capitalista che è tutt’ora il nostro modello di vita”.
Lo stile gotico che la Collegiata rappresenta così bene è simbolo di quella unità europea creata dal continuo spostamento di chierici ed ecclesiastici: “nato in Francia, il gusto gotico si diffonde infatti attraverso tutto il continente: è un collante trasversale fra comunità sparse per tutta Europa, e ne ritrovate i temi nelle chiese lungo le grandi vie di comunicazione di quegli scambi medievali”.
“Questo edificio è testimonianza di quel periodo, molto più vicino a noi di quanto si pensi, che ci ha plasmato”, ha sottolineato Daverio, chiudendo il suo affascinante intervento con un invito: “Guardare con attenzione a tutto quello che questo luogo ha da dirci sia un invito alla curiosità. Scoprite quanto quel mondo era unito, quanti elementi erano comuni attraverso il continente, e quanto sono stati alla radice della nostra identità. Ringrazio chi ha ancora voglia di partecipare, di scoprire e di far capire anche agli altri che siamo ciò che siamo grazie a questo passato”.

Gabriele Molinelli

Pubblicato il 26 settembre 2019

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