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Comunicazione ed economia nella Chiesa

minambres perlasca


Il mondo delle imprese e quello ecclesiale sono realtà che presentano peculiarità ed obiettivi differenti, molte volte distanti tra loro.
Eppure sempre più esistono situazioni in cui si possono venire a creare dei terreni comuni che aprono a prospettive e a ragionamenti fino a poco tempo fa sconosciuti o ignorati: uno di questi è certamente quello relativo alla gestione dei beni e alle modalità comunicative verso l’esterno ad esso collegata.
Termini “tecnici” come accountability, compliance e auditing, un tempo ad esclusivo appannaggio del mondo delle imprese, hanno infatti iniziato a strizzare l’occhio al diritto canonico, dando vita alla necessità di interrogarsi sulle potenzialità e le criticità di questa compenetrazione in relazione al complesso mondo della gestione del patrimonio degli enti della Chiesa.
È ciò che si è provato a fare in un seminario dal titolo “Lessico per gestire il patrimonio degli enti della chiesa”, andato in scena nella giornata dell’11 aprile ed organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università Cattolica.
Dal lungo convegno sono emersi tre concetti chiave: comunicazione, corresponsabilità e trasparenza.


LA COMUNICAZIONE IN TEMPI DI “CRISI”

“Sui beni della Chiesa, soprattutto nel mondo dell’informazione, circolano spesso delle leggende in merito alla loro vastità e alla loro gestione opaca – ha spiegato Carlo Marroni, uno degli ospiti dell’incontro, capo redattore e vaticanista de Il Sole 24 Ore – molte di queste non sono totalmente o per niente vere: in virtù di ciò ritengo che sia necessario da parte della chiesa comunicare in maniera chiara, professionale e trasparente, il che non vuol dire raccontare tutto o troppo. La percezione dei cattolici e del resto del Paese sulla gestione dei beni della Chiesa – ha sottolineato – è una tematica importante, soprattutto in Italia”.
Pur non essendo paragonabile ad “un’attività economica tradizionale”, come ha ricordato sempre Marroni, la Chiesa - al pari di molte aziende - si trova a dover affrontare regolarmente episodi di “crisi” o di indebolimento della propria reputazione.
La buona comunicazione diventa quindi fondamentale, soprattutto in un’epoca in cui la partita si è spostata nel selvaggio mondo della rete e dei social media.
“Ci sono stati negli ultimi dieci anni delle crisi acute e molto sentite, largamente raccontate dalla stampa italiana ed internazionale – ha commentato Marroni – si pensi al cosiddetto “vatileaks” nel 2012, o al tema degli abusi, che a fasi alterne si ripropone: su questi temi a volte si è comunicato bene e a volte in maniera meno efficace. Questo papato – ha aggiunto - soprattutto nella sua ultima fase ha cambiato decisamente la sua comunicazione in maniera netta e positiva, dando maggior attenzione a questo tema. Anche dentro la Santa Sede è finalmente passato il principio che in situazioni di crisi non si può più fare finta di niente".
"Con Papa Francesco è cambiata molto la percezione della Chiesa in positivo – ha fatto presente - soprattutto per la grande massa dei non credenti o degli scarsamente credenti. La sensazione che ci sia questa volontà di renderla più prossima alle persone c’è, ed è oggettiva, ovviamente però parliamo di processi lunghi e complessi”.


“OGNUNO HA LE SUE RESPONSABILITÀ”

Sul tema della corresponsabilità nella gestione dei beni ecclesiastici – la cosiddetta stewardship – ha poi preso parola lo spagnolo Jesús Miñambres, Decano della Facoltà di diritto canonico della Pontificia Università della Santa Croce.
“Si tratta di un principio di gestione degli enti ecclesiastici e dei beni ecclesiastici che si pone come necessità quella di coinvolgere tutti – ha spiegato - infatti, visto che tutti partiamo dalla stessa base, ovvero il battesimo, tutti partecipiamo alla missione della chiesa, ciascuno secondo il suo ruolo, che si tratti di un prete, un religioso o un laico. La consapevolezza di questa appartenenza alla chiesa ci rende corresponsabili della missione e perciò anche della gestione dei beni degli enti ecclesiastici”. In questa azione di gestione ognuno ha quindi il suo ruolo e le sue responsabilità, ma per giungere ad una corretta applicazione della stewardship bisogna innanzitutto compiere un grande lavoro di discernimento e comprensione “Si tratta soprattutto di formazione – ha evidenziato Miñambres – dobbiamo capire che dal momento che abbiamo ricevuto il battesimo, in qualche modo dobbiamo corrispondere, almeno parzialmente, a quello che abbiamo ricevuto. La corresponsabilità non è una tecnica di gestione – ha aggiunto – ma di comprensione della necessità della partecipazione di tutti alla gestione comune”.

Federico Tanzi

Pubblicato il 27 aprile 2019

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