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In viaggio con Rumiz: da Norcia alla Terra Santa e nella Galizia

maddalena

E’ stato Paolo Rumiz, giornalista ed editorialista, ad aver concluso l’Appennino Festival, domenica 30 settembre nella Sala delle Colonne del Palazzo Vescovile a Piacenza.
All’incontro, organizzato dal Gruppo Enerbia con Maddalena Scagnelli, sono state affrontate diverse tematiche che si sono tradotte per Rumiz in veri e propri viaggi: la Grande Guerra, Annibale, i monasteri benedettini e la Terra Santa. Hanno contribuito con una parte musicale di contorno alla narrazione del giornalista, le voci di Lucia dal Corso, Anna Perrotti e Sara Pavesi.
“Il viaggio in Appennino – dice Rumiz –è stato emozionante perché ho capito qual è la risposta per risollevare l’Europa. Quando giunsi a Norcia, terra in cui si aprii una cicatrice in quel che è il cuore dell’Italia, la cosa che mi colpì è vedere la statua di San Benedetto intatta che indicava una strada da seguire. Cosa voleva dire quel gesto? Il patrono del nostro continente, San Benedetto, viene da queste montagne e non è un caso. Fu lui, con la sua rete di monasteri, a mettere in piedi l’Europa. E lo fece in un momento di confusione e di invasioni, proprio come oggi”.
Ha fatto seguito poi il racconto del viaggio in Terra Santa. Era il 2005 e Paolo Rumiz percorse seimila chilometri in due mesi, attraverso gli Appennini, i Balcani, la Grecia, Istanbul, l'Anatolia fino ai confini dell'Iraq. E poi Siria, Giordania, Israele.
“Mi proposero – dice il giornalista – di raccontare il mio viaggio. Pensai di concentrarmi sulle cose che vidi. La sera prima della conferenza capii di aver sbagliato tutto. Non erano le cose viste bensì i suoni che avevo sentito ad essere il filo conduttore di questo viaggio. I rumori creavano una radiografia che mi ricordavano come erano fatti quei luoghi. Il canto del gallo, il suono del traghetto, il mare e tanto altro. Ho capito l’importanza dell’ascolto”.
Paolo Rumiz quale originario di Trieste, non poté non raccontare in un reportage, tramutatosi poi in film, il viaggio compiuto alla ricerca dei Caduti della Grande Guerra, ripercorrendo quindi le lunghe trincee protagoniste di quel conflitto mondiale. “I lunghi km percorsi – conclude Rumiz – e i momenti che ho vissuto, mi hanno dato la capacità di capire che non è importante commemorare quanto piuttosto evocare, cioè richiamare in vita chi non lo è più. Nei cimiteri della Galizia ho capito proprio questo. Luoghi in cui sono stati sepolti vinti e vincitori insieme. Ed è proprio l’evocazione, specie nella forma della memoria orale visti i numerosi racconti sui caduti in guerra che ho udito, che evita di ricadere di un terzo conflitto mondiale”.

Federica Anelli

Pubblicato il 2 ottobre 2018

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