La corsa al riarmo passa anche dal conto corrente

In una serata prossima alle festività natalizie, il 19 dicembre, all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in via Santa Eufemia, si è aperto uno spazio di riflessione controcorrente. L’iniziativa, dal titolo “Contro il riarmo per una finanza etica – la corsa al riarmo passa anche dal tuo conto corrente”, promossa dalla rete Europe for Peace-Piacenza e dal gruppo territoriale dei soci di Banca Etica, ha messo al centro un tema tanto attuale quanto spesso rimosso: il legame stretto tra aumento delle spese militari e finanza, pubblica e privata.
Miliardi per le spese militari
Secondo i dati Nato, l’Italia chiuderà il 2025 con una spesa militare di 45,3 miliardi di euro, il 38% in più rispetto ai 32,7 miliardi del 2024, pari all’1,5% del PIL. Ma il vero salto sarebbe portare la spesa al 5% del PIL, come richiesto in sede internazionale: un incremento stimato dagli osservatori di Milex tra 75 e 100 miliardi di euro aggiuntivi all’anno, che porterebbe l’impegno complessivo per la difesa oltre i 100 miliardi annui entro il 2035. Numeri che, come sottolineano molti economisti, imporrebbero un drastico ripensamento della finanza pubblica, con inevitabili ricadute su welfare, sanità, istruzione.
In questo scenario si inserisce anche il piano europeo “ReArm Europe”, che prevede 800 miliardi di euro per incentivare gli investimenti nella difesa. Una scelta che, secondo i promotori dell’incontro, ripropone una logica antica e pericolosa: “se vuoi la pace, prepara la guerra”. Una logica che entra in rotta di collisione con l’opinione di una larga maggioranza di cittadini europei, contraria all’aumento delle spese militari e convinta che la sicurezza autentica passi piuttosto dalla tutela dei bisogni umani fondamentali: sicurezza sociale e sanitaria, ambientale e climatica, alimentare ed economica, comunitaria e politica, in Europa e nel mondo.
La pace vista come cattivo affare
Il cuore della serata è stato l’intervento di Simone Siliani, direttore della Fondazione Finanza Etica. La sua è una storia personale intrecciata da sempre con l’impegno pacifista: dagli anni Ottanta dei movimenti per la pace, alla collaborazione con padre Ernesto Balducci, fino all’esperienza nella pubblica amministrazione e nell’organizzazione di Terra Futura, la grande mostra-convegno dedicata alle buone pratiche della sostenibilità.
Siliani ha parlato di una “transizione radicale” dell’Unione Europea verso la militarizzazione, un cambiamento che rischia di snaturare l’idea stessa di Europa, nata come progetto di pace dopo le macerie della Seconda guerra mondiale. Ha messo in discussione la retorica dell’aumento della produzione militare come risposta automatica alle crisi, ricordando come la storia e la statistica mostrino una correlazione inquietante tra grandi processi di riarmo e lo scoppio dei conflitti. Le armi, ha detto, sono merci: per sostenere il ciclo produttivo devono essere “consumate”.
Emblematico il riferimento a Leonardo S.p.A., colosso italiano degli armamenti, definito di fatto un’azienda di Stato: lo Stato è l’azionista di riferimento, il Ministero della Difesa il principale cliente, il governo l’arbitro delle esportazioni. In questo quadro, la pace diventa un cattivo affare. L’instabilità, o la sua percezione, un elemento funzionale al business.
Invito all’azione
Ma il messaggio più incisivo della serata non è stato solo di denuncia. È stato un invito all’azione. Siliani ha ricordato che l’UE, per finanziare il riarmo, è pronta a superare il tabù del deficit al 3%, caricando di nuovo debito le spalle delle future generazioni. E ha citato le parole della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha invitato a mobilitare i 10.000 miliardi di euro di risparmi privati “fermi” dei cittadini europei per investirli anche nell’industria bellica.
È qui che entra in gioco la finanza etica. Una finanza che, per statuto, esclude gli investimenti nel settore militare e che restituisce ai cittadini un potere spesso ignorato: quello di risparmiatori consapevoli. I soldi depositati in banca non restano fermi, circolano, finanziano attività. Scegliere dove tenerli significa scegliere che tipo di economia e di mondo sostenere. Accanto al ruolo di elettori e consumatori, quello dei risparmiatori è forse il più sottovalutato, anche a causa di una diffusa mancanza di alfabetizzazione finanziaria.
La serata di Piacenza si è chiusa con una consapevolezza condivisa: la corsa al riarmo non è un destino inevitabile né una decisione lontana, riservata ai palazzi del potere. Passa anche dai gesti quotidiani, dalle scelte “dal basso”, perfino da un conto corrente. E sapere che esistono alternative, concrete e praticabili, è già un primo passo per far sentire la propria voce.
Riccardo Tonna
Nella foto, l'incontro promosso dalla rete Europe for Peace-Piacenza e dal gruppo territoriale dei soci di Banca Etica.
Pubblicato il 21 dicembre 2025


