Il debutto della Rete di Trieste a Piacenza: «Uno spazio di dialogo contro l’individualismo»
La Rete di Trieste è arrivata anche a Piacenza. Battesimo a Palazzo Mercanti – alla presenza del vescovo mons. Adriano Cevolotto - per il network di amministratori locali che si riconoscono nei valori della Dottrina sociale della Chiesa. Il coordinatore piacentino, Luigi Capra, e quello regionale, Gian Marco De Biase (consigliere comunale nella città di Bologna) hanno dato il via all’attività locale, con due testimonial: Patrizia Calza (sindaco di Gragnano e consigliere provinciale) e Massimo Trespidi (consigliere comunale in città ed ex presidente della Provincia). Una legata al centrosinistra, l’altro al centrodestra: un modo per testimoniare che la Rete vuole essere trasversale agli schieramenti. All’esordio è da annoverare anche il consigliere cittadino Salvatore Scafuto tra i primi ad aderire, mentre si sono interessati alla presentazione anche Marco Paganelli (sindaco di Farini), la presidente del Consiglio comunale Paola Gazzolo e il consigliere Andrea Fossati.
Lo stesso Capra ha evidenziato più volte il fatto che “la rete nasce dal contributo di schieramenti e partiti diversi. È essenziale la trasversalità per riprendere la cultura dell’incontro, che genera natura”.
Mons. Cevolotto: iniziativa interessante che parte dal basso
“Iniziativa interessante – è la sintesi del discorso di mons. Cevolotto - e che parte dal basso. Non è stata la Cei a farla partire, ma ha raccolto molte adesioni a tutti i livelli. Fa piacere che ci sia interesse anche a Piacenza per questa iniziativa. Mi è venuto in mente, pensando alla Rete, il cammino sinodale rivolto agli amministratori locali: avevano aderito in tanti. In quell’occasione si erano lasciati fuori gli schieramenti, per concentrarsi sulle questioni. Lo schieramento impedisce una riflessione. Credo che su questa linea possiamo leggere con favore questa iniziativa”.
“È una rete per comunicare - l’ha descritta il bolognese De Biase - come quella di internet. Senza avere la pretesa di accalappiare voti da una parte all’altra. L’idea parte dal basso, da una decina di persone. Nel giro di un anno siamo quasi mille amministratori locali. Alla prima chiamata non ci credevo, pensavo che fosse la solita invenzione per fare da stampella alle coalizioni politiche. Ci siamo trovati con una rete di amministratori di varie forze politiche che condividono una base comune, la Dottrina sociale della Chiesa. Si vuole rompere la polarizzazione della politica, nella quale non ci si confronta tra le parti. Non c’è la volontà di costruire un nuovo partito, non è la nuova Democrazia Cristiana. È per portare una ventata di novità nel modo di fare politica. La Rete presenterà ordini del giorni in tutte le realtà locali: comuni, province, regioni. Ci siamo radicati sul territorio”.
“La rete di Trieste - ha preso la parola Massimo Magnaschi, responsabile della pastorale sociale e lavoro della Diocesi - che arriva a Piacenza è una buona notizia, una realtà da sostenere. C’è un primo nucleo di persone disponibili, ma la proposta rimane aperta, sperando in un seguito più largo possibile, dalla montagna alla città. La rete è un network che vuole creare delle connessioni, uno spazio di dialogo nel quale muoversi anche da posizioni diverse. Sarà utile per ricostruire la partecipazione”. “Dai territori - riporta sempre Magnaschi - è emersa un’urgenza di costruire legami forti nella comunità. C’è un grosso rischio di ritiro sociale e disimpegno. Se gli amministratori locali si girano e non vedono nessuno, è difficile costruire qualcosa. Si nota molto il singolarismo”.
I due Testimonial
“Ho deciso di aderire - ha spiegato Trespidi - perché è necessario, nel panorama politico di oggi, avere uno spazio di confronto tra persone di storie politiche diverse. In una politica tecnocratica e spesso dominata dalla finanza, prevale l’individualismo. La gente è richiusa in sé stessa, quando la dimensione comunitaria dovrebbe essere quella di sviluppo della persona umana. Richiamandoci alla grande tradizione della Dottrina sociale della chiesa, è tempo di uscire dalla palude. Si fatica a pensare insieme e tra i giovani c’è un sentimento di solitudine che si esprime in forme diverse. Questa può essere una risposta, dobbiamo tornare a sentirci protagonisti. Purtroppo si parla troppo nello stesso recinto, nella bolla, nella propria cerchia, ma non fuori. Inoltre ritengo la Rete un’occasione di formazione per le buone pratiche amministrative”.
Anche Patrizia Calza ha aderito convintamente. “Ho letto della Rete su «Avvenire» e mi sono informata e messa in contatto. Facendo politica da molti anni non ne posso più di veder affrontare le questioni senza approfondire, giudicando in base alla forza politica che propone qualcosa. Anche chi è distante da noi va ascoltato. Il confronto non c’è più oggi, si fatica a trovarlo anche all’interno di una stessa forza politica. E da anni i cattolici sono silenti, purtroppo. Molti ci vorrebbero chiusi nelle sacrestie, ma non ci siamo mai stati, né durante la Resistenza, né durante l’Assemblea Costituente, né dopo. Abbiamo una storia alle spalle da non dimenticare”.
Il dibattito
“La Cei - ha espresso il giovane sindaco Paganelli - ha lanciato un appello di recente per le aree interne, le periferie dei nostri territori. Il 31% dell’Italia è abitato da meno di un decimo della popolazione e la realtà ecclesiastica è una delle poche rimaste. Bisogna ripartire dalla valorizzazione di queste zone, di chi è rimasto”.
“Sono salito a bordo del treno anche io, perché vedo che le sue fermate e destinazioni sono precise. La Rete non è un contenitore, ma un laboratorio. La centralità della persona, la solidarietà, la sussidiarietà, il lavoro, sono temi concreti che stanno a cuore ai cattolici impegnati. Questo modo di fare è un antidoto all’individualismo”, ha osservato Salvatore Scafuto.
“È una rete che si fa carico responsabilmente - ha detto Paola Gazzolo - anche della bassa affluenza. Tanti non vanno più a votare, questa è una urgenza assoluta. Inoltre bisogna governare la modernità di oggi, il rapporto con i giovani, le interazioni con loro”.
Riccardo Biella, ex consigliere comunale, oggi impegnato nell’associazionismo, ha citato Papa Francesco: “è meglio dare vita a processi di rigenerazione dinamica, che occupare spazi”. “Nel 1943 il manifesto di Camaldoli pose le basi per la successiva Costituzione. L’associazione per Camaldoli è nata per consegnare alle generazioni future i valori costruiti intorno al primato della persona”.
A dare la scossa per la formazione della Rete, era stato, in estate, Silvio Bisotti, ex assessore comunale. Con una lettera a "Il Nuovo Giornale” aveva invitato a dare un segnale. “Mi spiaceva che Piacenza non avesse ancora dato segnali forti dopo la settimana sociale, ora prendo atto che la nostra realtà c’è. L’auspicio è che questo metodo, giusto, non si tramuti davvero in un contenuto politico. Non dobbiamo essere percepiti come tale dai cittadini, né criticare l’attività dei partiti attuali”.
Enrico Corti ha espresso un paio di suggerimenti: “tutti i temi sono interessanti, ne individuerei due-tre fondamentali. E non mi fisserei troppo sul passato, a Camaldoli i protagonisti furono ventenni che immaginarono i vent’anni successivi. Io sono un pensionato e qua ce ne sono molti altri, non possiamo essere noi a progettare il futuro”.
Anche Bruno Cassinari ha detto la sua sulla Rete. “La polarizzazione è insopportabile, è una logica selvaggia. Chi fa parte della Rete, se riesce ad attenuare questo clima all’interno del proprio partito, ha già fatto molto. Ci aggiungo l’impegno a presentare atti comuni”.
Nella foto, l'incontro in Comune alla presenza del vescovo mons. Cevolotto.
Pubblicato il 26 settembre 2025