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Volti, storie, memorie per trasformare i confini in frontiere d’incontro

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Nei giorni scorsi si è concretizzato, per un gruppo di aderenti adulti dell’Azione Cattolica della Comunità Pastorale 1 della città e di altre associazioni parrocchiali, l’appello del Vangelo di Luca “Prendi il largo”, icona biblica del cammino associativo annuale. Per i partecipanti al viaggio formativo a Trieste e Gorizia-Nova Gorica “il largo” si è avverato nei territori di confine tra l’Italia e la Slovenia; luoghi simbolo delle tragedie di ieri e di oggi passati dal dramma della prima e seconda guerra mondiale ai migranti della rotta balcanica; dalla violenza ai percorsi di riconciliazione delle città riconosciute Capitali della cultura europea 2025.  Il tema dei “muri”, visibili e invisibili, ha caratterizzato le riflessioni del cammino formativo annuale sostando sugli ostacoli che spesso erigiamo come difesa e paura verso l’altro e sugli atteggiamenti di intolleranza e razzismo in noi, nella convivenza civile, tra nazioni.


La prima tappa

Il viaggio nel territorio meridionale del Friuli Venezia Giulia ha portato il gruppo a fare tappa a Trieste dove in Piazza della Libertà, di fronte alla stazione ferroviaria ribattezzata “Piazza del mondo”, è avvenuto un caloroso e commovente incontro multietnico con i migranti provenienti dalla rotta balcanica che si ritrovano per ricevere conforto e con i volontari dell’associazione “Linea d’ombra” che instancabilmente, giorno dopo giorno, sono presenti a portare aiuti materiali e un po’ di amicizia. Attraverso le loro parole, facilitate dal traduttore dei cellulari, giovani uomini (era presente un solo nucleo familiare con un bambino piccolo) del Pakistan e dell’Afghanistan ci hanno raccontato il loro viaggio a piedi intrapreso anni o mesi addietro, il loro vivere precario di oggi e le loro speranze, Veronica, volontaria di “Linea d'ombra”, ci ha aiutato a capire un po' di più il percorso migratorio che collega la Turchia all’Europa attraverso i Balcani; un percorso tra i più pericolosi al mondo caratterizzato da gelo, attraversamenti in luoghi impervi, violenze, respingimenti e abusi. Rotte di un’umanità in cerca di libertà, di dignità e di una vita migliore che lascia il cuore in Paesi devastati dalle guerre, da carestie e povertà strutturali, chiusi in politiche oppressive e persecutorie verso etnie e religioni.
Incontrare il loro volti ci ha reso questa realtà più vicina e abbiamo riconosciuto che non è differente da quella che vediamo anche nella nostra città davanti alla Questura, alla sede della Croce Rossa, sulle panchine delle aree verdi. Ci siamo detti, di fronte alla complessità dei problemi e al sentirci impotenti, che non possiamo rimanere indifferenti; se vogliamo che questa esperienza lasci traccia siamo stimolati ad una maggiore informazione, a richiedere più umanità nelle scelte sociali e politiche, a fare opinione raccontando i desideri veri di tanti profughi (una casa, un lavoro, sostentamenti per la propria famiglia), a portare nella preghiera della comunità cristiana i drammi del mondo.

La seconda tappa: Gorizia

La seconda tappa del nostro viaggio formativo ci ha portato a Gorizia; questa città con la Prima guerra mondiale diventa italiana e perde improvvisamente quelle caratteristiche interetniche e interlinguistiche che la contraddistinguevano. Dopo il 1947 la Cortina di ferro (metafora che descriveva la linea di confine che separava l'Europa occidentale dalla parte orientale, influenzata dall'Unione Sovietica), taglia letteralmente a metà una parte della città che passa alla Jugoslavia ed una parte che rimane all’Italia. Violenze atroci, repressioni, spodestamento di terre, famiglie divise, imprese commerciali interrotte hanno segnato la vita di tante persone. In quegli anni è nata la città di Nova Gorica. Solo nel 2007, dopo sessant’anni, l’ingresso della Slovenia nell’area Schengen consente alla Piazza della Transalpina di ritornare ad essere simbolo del dialogo e del superamento di odio e di rancori. Abbiamo camminato lungo le linee di confine, ci siamo fermati presso i segni concreti che delimitavano i territori e abbiamo potuto intuire il dramma di quegli anni.
Siamo stati accompagnati dagli amici della Presidenza diocesana dell’Azione Cattolica goriziana che ci hanno raccontato esperienze di riconciliazione e fratellanza, i vissuti delle loro famiglie e delle occasioni d’incontro che vivranno in questo anno speciale. Ci ha sorpreso, camminando con la guida, scoprire come questa piccola città è resa ricca dalla sua storia di intrecci culturali e dalla presenza di diverse religioni. Passo dopo passo abbiamo colto sempre più la differenza tra confine e frontiera; il primo determina un concetto politico spesso legato alla sicurezza e alla difesa; il secondo segna aspetti naturali e culturali da attraversare e da porre in dialogo.

Frontiere e fratelli

Due sono le parole che hanno accompagnato il nostro viaggio: frontiere e fratelli; le abbiamo meditate pregando con le poesie di Giuseppe Ungaretti narratore del dramma della guerra sul Carso; le sue parole risuonano più che mai nei conflitti di oggi. Con i volontari dell’Associazione Isonzo abbiamo ripercorso la storia di questo territorio segnato dalla Prima Guerra mondiale e custode della memoria di tanti morti. “
Nel nostro cuore nessuna croce manca”: queste parole di Ungaretti non solo le abbiamo pensate sostando velocemente davanti al sacrario di Oslavia ma vorremmo dirle anche di fronte a tutti i morti delle guerre in atto in tanti Paesi del mondo.
Due giorni intensi e ricchi di emozioni con soste anche a Grado e Aquileia; un viaggio che non ci ha visto essere dei semplici turisti ma che ha mosso il desiderio di un più di umanità anche verso quelle realtà di muri che nelle nostre condivisioni non abbiamo voluto dimenticare come quella del carcere.

Chiara Sacchi
e Piero Scottini

Nella foto, il gruppo piacentino in Piazza Libertà a Trieste.

Pubblicato il 9 giugno 2025

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