Industriali alle prese con la burocrazia, l’assessore regionale Colla: Lavoriamo per semplificare l’iter alle imprese virtuose
“Rendeteci le cose facili, perché lì fuori sta diventando sempre più complesso”. È la richiesta di Vincenzo Cerciello, vicepresidente di Confapi Industria Piacenza, agli amministratori pubblici nel corso della ventesima assemblea dell’associazione di categoria delle piccole e medie imprese che si è svolta all’Università Cattolica di Piacenza l’11 giugno scorso. L’ostacolo è la burocrazia. “Per crescere, per essere leader, dobbiamo lavorare di squadra – dice Cerciello – non si gioca solo sul campo di Piacenza, ma su un campo internazionale. Siamo in Champions League, dobbiamo prepararci ad affrontare le sfide al meglio”. Davanti a sé, Cerciello aveva gli assessori regionali allo sviluppo economico di Emilia Romagna, Vincenzo Colla, e Lombardia, Guido Guidesi. “Negli Stati Uniti è molto più semplice – osserva Cerciello – per qualsiasi cosa ci sono uffici preposti in cui si ottengono risposte; in Italia, invece, ogni cosa richiede tantissimo tempo. Per fare investimenti, spesso, ci vogliono tanti anni affinché i progetti vengano approvati”. La soluzione proposta da Vincenzo Colla è una “lista” di imprenditori e imprese che, forti della loro reputazione, possano avviare progetti con un iter più snello.
Sburocratizzare: iter semplificato a imprenditori “virtuosi”
“Gli imprenditori hanno ragione quando dicono che c’è un problema di burocrazia – ha detto Colla – agli investimenti serve velocità per stare al passo, la tecnologia ha velocità incredibile, o ci sei dentro o c’è qualcun altro che ti scansa”. Colla elenca due grandi fattori. “In Regione – ha rivelato – stiamo discutendo sul creare liste di merito degli imprenditori con una certa storia e reputazione che, se si presentano con un progetto, non facciano più trenta passaggi prima di avere una risposta; l’amministrazione può dare loro fiducia senza bloccare gli investimenti all’inizio, può farli partire prima perché hanno una reputazione e non vogliono rovinarsela”. Il secondo fattore riguarda la stabilità delle norme. “Bisogna modificare il terreno della giustizia industriale – ha detto Colla – ad esempio, il Testo unico sugli appalti è stato modificato tantissime volte, quando uno ha imparato a fare un appalto, dopo diverse modifiche non sa più farlo. Abbiamo un problema molto grande nella stabilità delle norme”.
Transizione ecologica e digitale “con pragmatismo”
L’assemblea dell’11 giugno è stata aperta dal presidente di Confapi Industria Piacenza Giacomo Ponginibbi, che – dopo aver ricordato il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli, tragicamente scomparso lo scorso 23 maggio – ha invitato a trattare i grandi temi della transizione ecologica e digitale con pragmatismo. “Noi imprenditori – ha affermato Ponginibbi – siamo abituati a guardare sempre avanti e non crogiolarci dei risultati ottenuti. È del presente e del futuro che voglio parlare. Anche perché anche oggi ci troviamo, come ormai da tempo, in una situazione caratterizzata da tensioni internazionali che impattano nella vita quotidiana delle aziende: i conflitti in Ucraina e Medio Oriente che stanno comportando l’aumento dei costi e la difficoltà negli approvvigionamenti delle materie prime, proprio per la situazione nel Mar Rosso. Se si pensa poi all’incertezza dovuta alle elezioni nelle più grandi democrazie del mondo: Stati Uniti, Europa e India e alle politiche monetarie di contenimento inflazionistico con le conseguenze che tutti conosciamo sul costo del denaro. Siamo, inoltre, davanti a grandi cambiamenti: la transizione ecologica, che speriamo venga attuata con pragmatismo: se intendiamo perseguire un obiettivo di sicurezza economica all’interno di un percorso di decarbonizzazione occorre uscire dall’approccio ideologico e premere affinché si ristrutturi nel profondo il green deal e renderlo realmente sostenibile. Così come quella digitale: l’avvento dell’intelligenza artificiale è ormai realtà già nelle aziende e noi, grazie anche alla nostra categoria Unimatica, siamo già in prima linea da mesi. La nostra forza infatti è il pragmatismo, l’ascolto degli imprenditori e la voglia di rappresentarli senza filtri”.
Le autorità presenti
Prima dell’inizio dell’assemblea, hanno preso la parola il prefetto di Piacenza Paolo Ponta, la sindaca di Piacenza Katia Tarasconi e la presidente della Provincia di Piacenza Monica Patelli. “Quello della provincia di Piacenza è un tessuto ricco e fecondo di iniziative – ha detto il prefetto Ponta – fatto di aziende che sanno affrontare le sfide del presente e del futuro, in un contesto che fa di tutto per mettere i bastoni fra le ruote. Auspico un’imprenditoria che tragga spunto dalla tradizione per portare ai giovani cultura d’impresa e nuove leve di lavoro”. La sindaca Tarasconi ha sottolineato come “l’ossatura del nostro paese, così come quella della nostra città, è fatta di piccole e medie imprese, e quindi di voi – ha detto rivolgendosi agli oltre quattrocento imprenditori presenti – ci conosciamo tutti e ci sentiamo spesso. La pubblica amministrazione può creare migliori condizioni affinché voi possiate crescere e affinché il nostro territorio, grazie a voi, cresca”. Confapi, ha osservato la presidente della Provincia Monica Patelli, è “una realtà solida che non fa mancare il sostegno alle imprese associate”. “Abbiamo davanti sfide nuove e difficili, e in un contesto globale difficile anche le amministrazioni devono fare la loro parte. La Provincia c’è e si mette a disposizione del territorio, abbiamo approvato il Piano territoriale di area vasta (Ptav), un importante strumento di coordinamento per scelte urbanistiche strutturali che incidono a lungo termine sul territorio. Ma è il capitale relazionale che favorisce sviluppo e viceversa: lavorando insieme possiamo ottenere risultati a vantaggio dei cittadini e del territorio”.
Sostenibilità demografica
Il discorso della sostenibilità, ha sottolineato Vincenzo Colla, comprende anche la demografia. “Sostenibilità ambientale e sociale devono andare di pari passo, ma c’è anche un’altra sostenibilità, quella demografica, che non è un fatto né di destra né di sinistra ma la cifra del nostro futuro. Se riparte il Pil, come spero, e se parte Industria 5.0 e riparte il mercato, ormai abbiamo un sistema di imprese che non incrocia domanda e offerta e manca a livelli alti, intermedi e bassi e rischia di non prendere le commesse. Abbiamo fatto una legge in questa Regione per attrarre e trattenere i talenti, chi avrà le teste farà la differenza. Non si fa la meccanica senza teste, che vengono prima del manufatto. Chi avrà la qualità delle teste farà la traiettoria. Questa legge, votata all’unanimità in assemblea legislativa, è stata presentata con una ricerca dell’Istituto Cattaneo sul lavoro da cui emergeva che nel 2023 in Emilia-Romagna abbiamo avuto 3mila e 500 ragazzi e ragazze che sono andati di là dalla frontiera, i laureati. Il più grande investimento pubblico lo consegniamo di là e fa concorrenza a noi. Lì il paese deve mettere un focus prioritario. Come ha retto l’Emilia Romagna – ma l’ha fatto anche la Lombardia – sulla demografia? Abbiamo una demografia più alta rispetto ad altre regioni per tre motivi: le università che attraggono a livello internazionale, le imprese con reputazione che hanno saputo trattenere e far arrivare e 8mila ragazzi che dal Sud Italia hanno deciso di fermarsi in Emilia Romagna, a cui si aggiungono altre 7mila e 500 persone che da tutte le parti del mondo sono entrate nel processo produttivo della nostra regione. Siccome la natalità non è un colpo di frusta, per il manifatturiero chi sarà in grado di avere progetti di integrazione. In Albania, paesi come Germania, Francia e Austria stanno costruendo scuole tecniche per formare i lavoratori a cui proporre un posto di lavoro in Europa. Lì l’integrazione inizia ad avere uno spessore progettuale che non vedo nel nostro paese. Non è sufficiente la digitalizzazione e la tecnologia senza testa, braccia e corpo intermedio”.
Camisa: “Il sano pragmatismo piacentino a Roma, Industria 5.0 merito di Confapi”
Non poteva mancare all’assemblea dei piccoli e medi industriali il presidente nazionale di Confapi Industria, il piacentino Cristian Camisa, che ha sottolineato come il suo impegno nazionale non lo abbia “allontanato” da Piacenza. “Sono andato a Roma ma resto sempre con voi – ha detto –, ho cercato di portare il sano pragmatismo piacentino a Roma, una delle sfide che stiamo portando avanti è far capire sempre di più al governo che il nostro è un mondo fondamentale e che le leggi vanno fatte a misura di piccole e medie imprese”. Camisa ha evidenziato poi l’impegno profuso negli ultimi anni dall’associazione di categoria e i risultati ottenuti a livello nazionale ed europeo. Per primo, il lavoro di Confapi per arrivare al decreto Industria 5.0. “A Palazzo Chigi, nella prima riunione della cabina di regia – ha detto il presidente di Confapi – feci presente al ministro Raffaele Fitto che nei programmi, oltre al Pnrr e a Transizione 5.0, non c’era nulla per la piccola e media industria, ma solo per il pubblico e per la grande e grandissima industria. La nostra proposta fu di mutuare il modello di Industria 4.0, dicemmo al ministro che per noi il modello vincente era il credito d’imposta, semplice, intuitivo, già conosciuto e soprattutto funzionava. Il ministro Fitto è stato molto bravo, è andato in Europa e ha ricontrattato gli interventi: il risultato è stato Repower Eu, con 6,3 miliardi di euro all’anno per due anni. Sappiate che se questi interventi oggi ci sono sicuramente è merito del governo ma soprattutto di Confapi, che è stata l’unica associazione a fare questa proposta concreta”. La difficoltà per le imprese, a Piacenza come in Italia, resta quella del reclutamento. “Viviamo un inverno demografico – ha osservato Camisa – oggi il nostro centro studi ha stimato più di un milione di persone che saremmo disponibili ad assumere ma che non riusciamo a trovare. Nell’ultima indagine congiunturale, oltre il 60% delle nostre imprese non trovano personale: avremmo la possibilità di crescere maggiormente ma non lo possiamo fare”.
Il Piano Mattei
Camisa ha poi spiegato il progetto avviato da Confapi insieme agli industriali tedeschi per formare nuovi lavoratori nei paesi africani. “All’interno della cabina di regia del Piano Mattei – ha detto – abbiamo proposto un sistema di immigrazione completamente differente da quello che oggi vediamo, con necessità che partano dalle nostre piccole e medie industrie e che arrivino direttamente in Africa con una sessione di formazione sulle specifiche esigenze delle nostre imprese. Una seconda sessione di formazione è prevista all’interno delle nostre associazioni per mettere a disposizione poi delle nostre industrie. Per dare concretezza a questa idea abbiamo firmato, la scorsa settimana, nell’assemblea nazionale, con la piccola e media industria tedesca un accordo di collaborazione attraverso il quale innanzitutto avremo una collaborazione a 360 gradi per abbattere i confini geografici per uno sviluppo del sistema industriale, ma soprattutto sul tema africano: loro (i tedeschi, ndr) sono già presenti in nove paesi con influenza su venticinque, con quest’accordo già a partire da questo mese anche Confapi Industria potrà cominciare a lavorare su questi paesi, formare il personale e metterlo a disposizione delle nostre aziende. Sicuramente non è la risoluzione del problema ma, come sempre, in maniera pragmatica, cerchiamo di dare una soluzione a una domanda pressante del nostro sistema industriale”. Una strada che Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia e imprenditorialità alla Sda Bocconi School of Management, definisce giusta “perché il capitale umano è la chiave della trasformazione”. “Le Pmi devono essere portate su una piattaforma di produttività che colmi questo ritardo ormai ventennale che abbiamo, bisogna fare formazione permanente”, sostiene il docente, che punta tutto sulla formazione. “Mandate i vostri collaboratori a studiare sempre, per tutta la vita, viste le rivoluzioni tecnologiche che abbiamo, altrimenti il declino produttività è irrecuperabile”.
Non c’è manifattura senza servizi, e i salari “vanno aumentati”
“Il mondo sta uscendo dalla crisi – ha osservato Carnevale Maffè – anche il Pil dell’Europa, che fa fatica, è leggermente al rialzo quest’anno con una produttività e un’occupazione in crescita. E questo è paradossalmente un problema, abbiamo l’occupazione in crescita ma il capitale umano insufficiente. Torno all’idea di integrazione come patto fondamentale di cittadinanza: l’Europa è tornata nel 2024 per la prima volta dopo il buco del 2021-23 ad essere esportatore netto. La nostra esportazione non va male, rispetto alla crescita che ha fatto la Cina e a quella sistematica di Europa e Stati Uniti, noi siamo messi in ripresa con l’Italia che ha fatto meglio degli altri paesi d’Europa in questi quattro anni dopo il Covid, anche per gli investimenti, grazie a Industria 4.0 che ha sicuramente aiutato. Ho ricevuto pochi minuti fa la bozza di Industria 5.0: questa quota di investimenti ha aumentato la produttività del sistema paese e delle Pmi come nessun’altra cosa in vent’anni. L’appello che faccio è molto chiaro: sfruttate il decreto Industria 5.0 perché è sicuramente un indirizzo di fondamentale importanza. Nel 2023 l’Italia non è andata benissimo, siamo leggermente cresciuti ma abbiamo fatto peggio di Francia e Spagna, meglio della Germania che ha più problemi di noi. L’export italiano, secondo i dati Istat di stamattina, non sta andando benissimo nel primo trimestre di quest’anno e paradossalmente al Sud sta andando meglio del Centro-Nord. Questo mi fa riflettere: in Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, motore dell’esportazione italiana, nel primo trimestre 2024, si registra un -3, -4 e -5%. Non è una buona notizia, ma in questo quadro la provincia di Piacenza è record italiano. Complimenti a voi che tenete alto l’onore dell’export italiano. C’è un tema fondamentale che riguarda il personale: l’industria in questi trent’anni ha perso mezzo milione di addetti, pur avendo aumentato la produttività più dei servizi, che hanno preso tre milioni e mezzo di addetti ma sono ancora inchiodati al palo: significa che non c’è abbastanza tecnologia, informatica e supporto della burocrazia. Il gap di produttività dal 1992 al 2022: l’Italia ha perso produttività rispetto ai grandi competitor mondiali e lo ha fatto soprattutto nei servizi; quindi, per quanto la cultura manifatturiera sia importante, ricordiamoci che non c’è manifattura senza i servizi, tra cui la pubblica amministrazione. E questa scarsa produttività si riflette in scarsi salari: possiamo fare tutti i decreti del mondo, ma i miei studenti se devono guadagnare 1200 euro al mese non vengono a lavorare. E per aumentare i salari non servono i decreti della politica, serve la capacità delle imprese di aumentare produttività e funzionalità”. Piacenza, secondo Carnevale Maffè, ha ottime potenzialità per l’internazionalizzazione. “Piacenza è il porto di Palos da cui partire – ha detto l’economista facendo un paragone con l’avventura di Cristoforo Colombo verso le Americhe – serve chiedere qualche fondo a Isabella d’Aragona e poi partire alla scoperta di nuovi mercati”.
Francesco Petronzio
Nella foto, Vincenzo Colla durante il suo intervento.
Pubblicato il 14 giugno 2024
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