Faggin a Palazzo Gotico: intelligenza artificiale «utilissima» e «pericolosa»
“L’intelligenza artificiale non capisce niente, è una struttura che riconosce cose che ha imparato grazie a noi”. È molto chiaro Federico Faggin, fisico e inventore noto come il “papà” del microchip e del touchscreen, quando afferma che “l’intelligenza artificiale non supererà mai quella naturale”. È uno strumento “utilissimo”, dice, e allo stesso tempo “pericoloso”. Dipende dall’uso che se ne fa.
Faggin ha parlato davanti a una folta platea di studenti delle scuole superiori piacentine – circa 350 – venerdì 24 maggio a Palazzo Gotico, invitato dall’Associazione insegnanti di fisica (Aif) di Piacenza all’incontro “Intelligenza artificiale – timore o entusiasmo?” organizzato in collaborazione con il Comune di Piacenza.
Faggin, dopo le esperienze in Italia e California, arrivò sulla soglia dell’intelligenza artificiale negli anni Ottanta, studiando le reti neurali, “un’idealizzazione di come funzionano le reti neurali del cervello poi ridotta ad algoritmo”.
Ma la vera rivoluzione c’è stata negli ultimi cinque anni. “La versione 3.5 di ChatGpt – ha detto – aveva 1.750 miliardi di parametri, adesso si pensa di passare a 20mila miliardi per aggiungere altra conoscenza”. Nell’ultimo lustro, i passi da gigante sono stati possibili grazie a “processori superveloci, che ci permettono di avere sistemi generativi: significa che il computer mette insieme i testi, parola dopo parola, secondo le probabilità generate dal sistema di parametri. Per impararne il funzionamento bisogna saperla più lunga dell'intelligenza artificiale - ha proseguito -, farle domande continue e capire quello che dice sapendo che il computer non capisce niente”.
Introdotto da Carlo Colombini, docente e segretario dell’Aif, dopo i saluti dell’assessore comunale alla cultura Christian Fiazza, Federico Faggin si è presentato ripercorrendo le fasi più importanti della sua carriera. Nato a Vicenza nel 1941, a undici anni realizzò il primo aeromodello. “A quell’epoca – racconta – non mi capacitavo di come un giocattolo potesse volare. Lì mi innamorai della fisica. Negli anni ‘50, con l’arrivo in società dei primi computer, capii che il mondo stava cambiando: frequentavo le scuole medie e leggevo di questi «mostri». Quel mondo suscitò in me un interesse tale che mi portò, dopo il titolo di perito radiotecnico, alla Olivetti a Borgo Lombardo. A quei tempi la Olivetti era avanzata come la Ibm americana. Poi studiai fisica e mi laureai in quattro anni col massimo dei voti. Partii per gli Stati Uniti, lavorando prima alla Sgs, poi alla Fairchild, per poi fondare la Zilog (nel 1974 a San Jose in California, nda), che realizzò il microprocessore Z80. Fondai poi un’altra società (la Exxon, nda), e poi la Synaptics, che inventò il touchpad e il touchscreen. Ma la mia idea era di realizzare un computer che imparasse da solo, capii già allora che il futuro era l’intelligenza artificiale”. La differenza sostanziale tra l'intelligenza naturale e quella artificiale, ha spiegato il fisico, sta in capacità che l'IA non avrà mai. "Non potrà mai superare la capacità di comprendere, perché l’intelligenza artificiale non capisce niente e non capirà mai niente. Noi siamo diversi perché abbiamo coscienza e libero arbitrio, conosciamo attraverso sensazioni e sentimenti che proviamo dentro ognuno di noi. Ho vissuto un’esperienza di premorte in cui ero contemporaneamente dentro di me e fuori di me, lì ho capito che l’idea fondamentale che abbiamo, che siamo separati dal mondo, è un’idea sbagliata. Siamo interconnessi, siamo una parte - intera - del tutto”.
Francesco Petronzio
Nelle foto, il fisico Federico Faggin e gli studenti a Palazzo Gotico.
Pubblicato il 28 maggio 2024
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