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Giovani senza stimoli? Li raccontiamo inerti, ma tanti costruiscono futuro

relatori

“Sonnambuli affetti da ipertrofia emotiva, un popolo inerte, inebetito”. Uscito a dicembre, l'ultimo rapporto Censis definisce in questo modo i giovani di oggi, raccontandoli “apatici” e senza desideri. La riflessione dell'associazione Liberi è partita da questo quadro poco confortante per provare a cambiare prospettiva. Lo ha fatto nell'incontro “Giovani in campo per il bene comune”, tenutosi lo scorso 15 febbraio all’Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
“Si può avere uno sguardo diverso? È possibile non rassegnarsi? Proiettarsi nel futuro in modo nuovo per poterlo costruire?” Queste domande propositive, formulate dal coordinatore Massimo Trespidi, hanno costituito il focus attorno a cui si sono sviluppate le diverse narrazioni degli esperti presenti alla serata. Giovani di cui la società non parla, ma che con le loro passioni e il lavoro quotidiano al servizio degli atri possono dare le risposte più attendibili.


Le responsabilità provengono da più parti

Paola Gemmi e Alessandra Tibollo sono due pedagogiste alla cooperativa Kairos, ma nascono come educatrici. Unite da solida amicizia e passione comune per il lavoro nel sociale, nel 2006 riescono a fondare una cooperativa nell'ambito della tutela minori, cresciuta nel tempo tra entusiasmi, impegno e difficoltà.
“Oggi siamo 56 operatori specializzati – raccontano intervenendo per prime – e ci occupiamo in particolare di servizi residenziali per minori fragili. “All'inizio non è stato facile ottenere fiducia e credibilità per il nostro progetto. Eravamo fresche di studi, ci volevano molte risorse economiche: la nostra era una scommessa ambiziosa, ma molto rischiosa. Per fortuna però abbiamo trovato molte persone che ci hanno sostenute e hanno rischiato con noi Mi sento di dire che noi eravamo il contrario dello spaccato descritto: ci animava un desiderio profondo”.
Credo però che alla base del quadro negativo tracciato dal Censis ci sia anche la frequente mancanza di supporto e ascolto da parte degli adulti verso i ragazzi. Senza voler negare l'esistenza di un atteggiamento poco partecipativo da parte di alcuni giovani, le responsabilità sono sempre da più parti e non possono essere attribuite in una sola direzione”.

La testimonianza di Davide Delbò

Poi la parola è passata a Davide Delbò, educatore di Strada che organizza attività ludiche con i ragazzi più piccoli e momenti di riflessione con i più grandi negli oratori di Gossolengo e San Nicolò. La storia di Davide è quella di chi ha scoperto la propria inclinazione ad aiutare gli altri grazie ad un incontro speciale. La sua prima grande passione, fin da quando era alle medie, è stata l'informatica.
“Alla tesina di maturità ho portato un videogioco costruito da me e un mio compagno – ricorda – e già dalla quarta superiore mi sono preparato per il superamento del test di ingresso al Politecnico di Milano. Convinto della mia scelta, mi sono iscritto ad Ingegneria informatica. Con l'inizio dell'Università però ho anche cominciato qualche lavoretto per avere un po' di indipendenza economica: come allenatore sportivo e in oratorio insieme agli Educatori di Strada. Proprio l'esperienza con gli Educatori di strada ha gradualmente cambiato la mia vita e le mie prospettive: in Università facevo fatica, avevo perso un po' della motivazione iniziale, soprattutto durante il periodo del Covid. Sull'altro fronte invece gestire personalmente l'attività in oratorio con i ragazzi a fianco di persone che mi davano formazione e supporto costante mi rendeva felice. Sentivo che aiutare i giovani più fragili a superare le difficoltà e realizzare aspirazioni m appagava. Ho capito che quella era la mia vera passione e volevo diventasse anche una professione. Mi sono aperto forse per la prima volta senza veli ai miei genitori, che mi hanno ascoltato e capito senza giudizi”.
“Oggi, dopo quasi cinque anni al Politecnico di Milano, frequento Scienze dell'Educazione alla Cattolica – conclude Davide - e continuo a lavorare come Educatore di Strada”.

 L'intervento di Carlotta Pancera

Sempre nell'ambito sociale Carlotta Pancera ha invece raccontato la sua esperienza come educatrice di infanzia di Unicoop. Fin da bambina voleva assomigliare al nonno, maestro elementare a Bettola. Il suo percorso universitario a Parma in Scienze dell'educazione l'ha però portata presto ad interessarsi ai primi mesi di vita dei bambini. Dopo un primo tirocinio universitario in un nido Unicoop e tanti incarichi nei nidi di Piacenza e provincia ha imparato un elemento chiave della relazione educativa.
“Noi educatrici siamo semplici osservatrici – ha spiegato – al centro c'è sempre il bambino con i suoi bisogni. È un lavoro impegnativo e ricco di soddisfazioni, ci vogliono passione, cuore e competenza per dare tempi diversi a bambini diversi tra loro. Io vado a lavorare tutti i giorni sorridendo, i piccoli mi riempiono di stimoli ed è anche grazie a loro se ho scelto questo lavoro”. Il sogno nel cassetto di Carlotta? Riuscire un giorno a progettare e coordinare un nido.


Manuel Galli, il ruolo dello sportivo

A inquadrare il versante sportivo è intervenuto Manuel Galli, da undici anni allenatore nella Bakery. La palla in mano l'ha avuta fin da bambino. Non è diventato campione di basket, ma ha deciso comunque di comunicare a bambini e ragazzi la sua passione per la pallacanestro, aiutandoli a crescere in questo sport.
“La Bakery nasce proprio a questo scopo – racconta - , con il tempo ho scoperto che allenare i più piccoli è l'aspetto che mi gratifica di più. Nell'ultimo periodo lavoriamo anche insieme a ragazzi con problemi d'autismo. L'integrazione di chi ha qualche difficoltà attraverso lo sport è un obiettivo molto sentito e sviluppato a Piacenza: poter contribuire in questa direzione mi rende orgoglioso”.

L'impegno politico di Michele Schiavi

Michele Schiavi è un giovane consigliere comunale di Caorso e all'incontro ha rappresentato la voce dell'impegno politico. La sua passione per la politica è nata alle superiori. Quando poi alla maturità non si è sentito preso sul serio dal presidente di Commissione per aver espresso il suo sogno di 'fare il politico' ha deciso una volta di più di iscriversi a “Scienze Politiche”, per apprendere nozioni da spendere attivamente sul campo. “I giovani impegnati in politica sono tanti – ha detto – e anche molto attivi. L'impressione è pero che per i politici più adulti costituiscano spesso medaglie da apporsi al petto. E tengo a sottolineare un altro elemento: noi che abbiamo parlato stasera non siamo fotogrammi isolati di una generazione, casi unici da mostrare: fuori si può vedere il quadro per intero”.

Le conclusione di Mauro Monti

“Le diverse narrazioni di stasera sono tutte accomunate dalla passione dei protagonisti – ha osservato Mauro Monti in conclusione – e ci dicono che uno sguardo propositivo verso il presente e il futuro è possibile, eccome. Come questi ragazzi avremmo potuto sentirne molti altri. Le loro storie rivelano tanto sul ruolo della scuola: l'orientamento serve relativamente, nella vita si cambia strada e si modificano scelte. Ma l'importanza della scuola resta nel fornire ai ragazzi competenze alte, variegate e trasversali, che li aiutino a rapportarsi ai diversi contesti e a raggiungere un obiettivo personale appagante”.
“La voce dei giovani racconta molto anche del mondo adulto – continua -. Da una parte ci sono adulti che non danno fiducia, spazio, né credito. Dall'altra parte ci sono adulti capaci di ascoltare e aiutare i ragazzi”.
Non a caso il prossimo incontro dell'associazione Liberi annunciato da Trespidi e previsto a marzo metterà in dialogo diverse generazioni.

Micaela Ghisoni

Nella foto, i relatori all'incontro dedicato ai giovani svoltosi all'Auditorium della Fondazione.

Pubblicato il 26 febbraio 2024

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