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Il professor Pileri in Fondazione: «Il suolo non è un utile di profitto, il suo valore è esistenziale»

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Ogni secondo in Italia consumiamo oltre due metri quadrati di suolo fertile e dai 14 ai 20 ettari al giorno. E a Piacenza? Il record negativo segnato dalla nostra città pesa: 103 ettari annui di suolo consumato, un terzo rispetto all'intera Emilia Romagna; con i piacentini al primo posto per consumo pro- capite (694 mq). Con questi dati di ISPRA 2021 la presidente di Legambiente Piacenza Laura Chiappa e il collega Giuseppe Castelnuovo hanno dato avvio il 17 ottobre alla serata in Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano su “L'ntelligenza del suolo”: protagonisti dell'incontro voluto da Legambiente Circolo “Emilio Politi”, Paolo Pileri, professor ordinario di pianificazione territoriale del Politecnico di Milano e l'assessora all'urbanistica del comune di Piacenza Adriana Fantini.

Numeri fin troppo chiari quelli messi in luce, che basterebbero da soli a evidenziare quanto quello del consumo di suolo sia un problema da affrontare con urgenza, ponendo un freno deciso e netto all'espansione di cemento. Non sembra però questa la direzione prossima intrapresa dal Piacentino, almeno a giudicare dai dati del Ptav: il Piano di area vasta che a breve verrà adottato dalla Provincia e rimarrà in vigore per i prossimi 10-15 anni. A preoccupare di più è il discusso criterio della perequazione: la possibilità per i comuni piacentini più piccoli e meno produttivi (presumibilmente montani e collinari) di cedere a pagamento il proprio 3% di suolo ancora edificabile da qui al 2050 ai comuni di pianura per favorirne lo sviluppo.
“3.820.000 mq di terreno spendibili nel Piacentino fino al 2050 (a tanto ammonta il 3% di suolo che si potrà consumare) sono pochi sembrano sostenere Provincia e amministrazioni comunali” - ha sottolineato Giuseppe Castelnuovo -. Il ricorso alla perequazione è quindi un modo per mantenere formalmente il vincolo al 3%, concentrandolo però tutto nelle aree già fortemente inquinate ed edificate di Pianura: non è difficile allora immaginare come in queste zone la percentuale di consumo di suolo possa salire considerevolmente”.
Un escamotage che non può certo trovare d'accordo noi di Legambiente – continua –, tanto più che ai 3.820000 mq di suolo rientranti nel 3% dobbiamo aggiungere ben 3,7 milioni di mq di aree dismesse, per un totale di circa 7,5 milioni di metri quadrati di suolo disponibili. Innumerevoli oltretutto le eccezioni previste alla regola: opere pubbliche, ampliamento degli insediamenti produttivi esistenti, insediamenti produttivi di interesse strategico regionale, fabbricati per imprese agricole, procedimenti derogatori per comuni carenti di aree per nuovi insediamenti. Tutti criteri non conteggiati entro il limite del 3%”.

Si può ancora fare tutto

“Insomma, tranne le case si può ancora fare tutto – ha ironizzato il professor Pileri prendendo la parola. “L'intelligenza del suolo è il titolo del suo libro (Altreconomia, 2022), non a caso sul tavolo dei relatori sono sistemati un barattolo trasparente pieno di terra e un cucchiaio. La posizione dell'esperto, uno dei massimi in Italia sul consumo di suolo, si dissocia in modo netto dalle scelte urbanistico - amministrative piacentine ed emiliano - romagnole, o sarebbe meglio dire dall'indifferenza politica generale - . Questo gran parlare di perequazione, scambio tra Comuni dietro compenso, 3% evidenzia in modo drammatico la nostra abitudine di considerare il suolo per il suo valore d'uso, solo in base a cosa costruiamo sulla sua superficie o a ciò che otteniamo scavandolo: in sostanza vediamo la terra come un utile da cui trarre profitto”.
La perequazione? Non è altro che uno scambio vantaggioso per qualcuno a danno  di altri – continua - , mentre l'economia cerca di capire come distribuire le opportunità, la legge urbanistica emiliano- romagnola le concentra: un principio iniquo”.
Non è convinto il professore, anche di fronte alla replica dell'assessora Fantini: “la perequazione è solo un'opzione - dice lei - di cui tra l'altro il Comune di Piacenza non ha al momento bisogno di usufruire. Potrebbe però essere una buona opportunità per i Comuni molto piccoli, dipende da come la si realizza”.

Occorre in primis salvare il suolo

“Nessuno invece - incalza Pileri - si preoccupa di preservare”  l'immenso valore esistenziale del suolo. Questi 30 cm di terreno che vedete qui davanti rappresentano un perfetto ecosistema vitale abitato da 9 miliardi di microrganismi che collaborano tra loro. Intelligenti e laboriosi forniscono il 90% del cibo che noi mangiamo e  assorbono dalle due alle tre volte la quantità di anidride carbonica presente in atmosfera”.
“Capite cosa vuole dire? Se vogliamo dare un freno al cambiamento climatico, dobbiamo prima di tutto  salvare il suolo: ma ogni volta che viene cementificato si perde per sempre. 30 cm di suolo impiegano infatti 6000 anni per rigenerarsi. Tutto questo non lo vedo mai scritto però nei piani urbanistici cittadini e regionali. Forse manca la conoscenza o probabilmente c'è la scelta politica di non affrontare certe problematiche”.
“Ci si preoccupata tanto, troppo, dell'impiego di aree abbandonate – ha poi sottolineato il professore -. Per me sono aree liberate: non solo dal cemento, ma anche dalle colture intensive e tossiche di mais di cui è invasa la pianura Padana”.

La situazione a Piacenza

Diversi a Piacenza gli insediamenti produttivi e logistici che preoccupano gli ambientalisti per consumo di suolo - ha spiegato ancora Castelnuovo portando numerosi esempi - : sia quelli possibili in aree abbandonate (come l'ex Camuzzi) in caso di attuazione di accordi operativi precedenti non attuati validi fino a dicembre 2023, sia i grandi ampliamenti previsti, spesso figli delle deroghe al 3% di suolo consumabile evidenziate. È il caso della New Cold e della Ca. Re. Co. di Forenzuola, o di tutta l'area Monticelli – Caorso. Rimane poi l'allarme sul “bollone” piacentino, area di 2 milioni di metri quadrati tra Roncaglia e Borghetto; nonostante la giunta comunale abbia dichiarato l'indisponibilità dell'area alla logistica e Fantini ribadisca questa decisione. Legambiente vorrebbe però che il “bollone” fosse cancellato dal Ptav per evitare brutte sorprese future.
"Ancora di più davanti a queste situazioni mi chiedo: ha senso mantenere in vita il vincolo del 3%? Servono davvero altre terre da edificare a fronte di 3, 7milioni di mq di arre dismesse disponibili? Si tratta solo di diritti edificatori concessi 15 anni fa, che oggi andrebbero aboliti. Non lo si fa evidentemente per compromesso politico e promesse ai proprietari. Ma oggi non è più tempo di compromessi. Siamo tutti consapevoli delle difficoltà giuridiche esistenti, ma bisogna affrontarle: decidere se stare dalla parte del suolo oppure no”.

È tempo di agire

Poi l'ultimo intervento dell'assessora all'urbanistica Fantini, che porta la posizione del Comune - Sarebbe bello progettare meglio le cose – ha detto -, vivere con un colpo di spugna in una città migliore, ma non abbiamo la bacchetta magica. L'amministrazione opera in un periodo transitorio e la città è un organismo complesso, tante le esigenze da tenere insieme. Al primo posto tra le nostre sfide c'è l'ambiente: diffusione di cultura ambientale e rigenerazione urbana, con lo scopo di non consumare più suolo urbanizzato rispetto all’attuale, sono le due direttrici fondamentali entro cui ci muoveremo, convinti che tutto passi in primo luogo dalla conoscenza”.
La serata si è conclusa con uno scambio di vedute fin troppo acceso tra Pileri e Fantini, che non cambia la sostanza: occorre un urgente cambio di passo culturale e comportamentale, oltre e prima ancora che legislativo, capace di coinvolgere istituzioni e cittadini. Ce lo ricorda anche papa Francesco nella Laudato Sì: “L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme” a fronte della “debolezza politica internazionale”. È ora di agire.

Micaela Ghisoni


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Nelle foto, l'incontro all'Auditorium della Fondazione con il professor Paolo Pileri.

Pubblicato il 25 ottobre 2023

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