L'eccidio di Strà: «È dovere di tutti promuovere la cultura della pace”
“Siamo chiamati a dare il nostro contributo perché la forza del bene possa superare quel male che oscura la nostra storia e la nostra umanità”. Così il vescovo emerito di Piacenza-Bobbio mons. Gianni Ambrosio nell’omelia della messa solenne celebrata domenica 8 ottobre nel Santuario della Beata Vergine Madre delle Genti a Strà (Alta Val Tidone), in occasione del 79esimo anniversario dell’eccidio nazifascista.
Presenti le istituzioni
La ricorrenza è stata anche l’occasione per accogliere le reliquie del beato Giuseppe Beotti. Dopo la celebrazione, nella cripta del Santuario, la sindaca di Gragnano Patrizia Calza ha offerto l’olio per la lampada votiva che arderà durante tutto l’anno ai piedi delle lapidi che recano i nomi delle vittime civili delle guerre e delle violenze dei Comuni della Provincia di Piacenza. Alla commemorazione hanno partecipato una delegazione di Anpi Alta Val Tidone, una di Anpc – col presidente provinciale Mario Spezia e l’alfiere Giuseppe Ardizzi – e alcuni amministratori locali. Rodolfo Bonvini, presidente provinciale dell’Associazione nazionale famiglie caduti e dispersi in guerra, ha donato la corona d’alloro posta ai piedi del monumento ai caduti di Strà.
Cosa avvenne quel giorno di luglio
Era il 30 luglio 1944 quando, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, nove civili (fra cui un bambino di due anni) persero la vita a seguito di un lancio di bombe a mano da parte dei nazifascisti, che si accanirono successivamente sui corpi con colpi di mitra, fucile e baionetta. Quel giorno furono inoltre incendiate alcune cascine a Strà e nelle vicinanze e altre case furono saccheggiate. Quella dei nazifascisti – italiani e tedeschi insieme – fu una rappresaglia a seguito dell’uccisione di un milite tedesco. Non è stato mai chiarito se l’autore fosse una abitante del paese oppure un partigiano. A perdere la vita furono Teresa Cavallari (42 anni), Alessandro Falsetti (2 anni), sua madre Aurora Vitali, Primino Mazzocchi (16 anni), Cesare Politi (72 anni), Clementina Riccardi (85 anni), Giuseppe Riccardi (76 anni), Luisa Riccardi (21 anni) e Maria Riccardi (27 anni).
“La pace biblica è serenità piena”
“Vogliamo fare memoria viva di tutte le persone che hanno perso la propria vita per la causa della giustizia e per il bene della pace – ha detto mons. Gianni Ambrosio –. Ricordiamo una data triste nella vita della comunità, quella dell’eccidio avvenuto qui 79 anni fa; oggi sono anche 65 anni che la comunità cristiana invoca la pace per tutti, ricordando le vittime, in particolar modo civili, della guerra, quella realtà che purtroppo fa sempre parte della nostra vita, e in diverse parti del mondo ancora si combatte. La guerra non è solo tra i popoli, ma anche nella quotidianità della nostra esistenza: nelle nostre famiglie ci sono discordie, incomprensioni, non regna quella pace che il Signore risorto ha donato ai suoi discepoli. La pace biblica non è solo assenza di contrasto, ma è serenità piena, sapere che siamo amati tutti come fratelli e sorelle. La pace costituisce il dono che tutti abbiamo di essere uniti al Signore, è la bellezza della nostra fede cristiana. La grazia che ci viene data è di essere persone nuove. Invochiamo la pace per tutta l’umanità, e soprattutto per quei luoghi in cui viene meno il concetto di essere tutti fratelli e sorelle, figli di Dio. Siamo chiamati a dare il nostro contributo perché la forza del bene possa superare quel male che oscura la nostra storia e la nostra umanità”.
“Riflettere sul presente e sul futuro”
Nel suo discorso commemorativo, la sindaca di Gragnano Trebbiense Patrizia Calza ha dedicato un pensiero a don Andrea Mutti, “che pensò alla Giornata in memoria delle vittime civili della guerra e della violenza ben 65 anni fa, mentre il Parlamento italiano l’ha istituita solo nel 2017, fissandola al primo febbraio. Un’intuizione profetica – dice Calza – perché dalla Seconda guerra mondiale in poi le vittime di guerra sono perlopiù civili, colpiti nella loro quotidianità: bambini che tornano da scuola, persone che fanno la spesa, eccetera, così come è accaduto ieri in Israele. È doveroso il ricordo delle vittime civili della nostra storia nazionale e locale, ma non è sufficiente. Una giornata come questa richiede alcune riflessioni sul presente e deve essere di monito per il futuro. Il pensiero va immediatamente all’Ucraina, ma sono 59 i conflitti che si combattono attualmente nel mondo. Quella che consegue all’invasione russa è solo l’ultima di una lunga serie di guerre: dall’Afghanistan, alla Libia, al Myanmar, alla Palestina, alla Nigeria, sono molte le popolazioni del mondo per cui il conflitto è la tragica normalità”.
“Non possiamo rassegnarci all’impotenza”
“Sembra che siamo condannati alla guerra – prosegue Calza – ma noi che siamo qui non possiamo accettare questa affermazione. Innanzitutto, bisogna lavorare per prevenirne le cause, è nostro dovere poi promuovere la cultura della pace, questa giornata ne è un esempio. Concludo con le parole dell’arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini: «Non possiamo rassegnarci alla depressione dell’impotenza perché crediamo in Dio, non possiamo rassegnarci all’indifferenza perché crediamo nella democrazia»”. Il consigliere Salvatore Scafuto (Pd), presente alla cerimonia in rappresentanza del Comune di Piacenza, sostiene che “riflettere su questo avvenimento storico dovrebbe indurci a custodire la memoria e a trasmettere i valori della pace anche alle generazioni future. Quello della guerra – osserva – è un tema purtroppo attuale, visto ciò che sta succedendo nel mondo e in Europa; tuttavia, abbiamo anche testimonianze, come quella di don Giuseppe Beotti, che ci spingono a divenire costruttori di pace”.
Francesco Petronzio
Nelle foto: in alto, nella foto di Massimo Bersani, l'accensione della lampada votiva da parte del sindaco di Gragnano Patriaza Calza nel sacrario del santuario di Strà; sopra, i sindaci locali con Rodolfo Bonvini e la delegazione Anpc.
Pubblicato il 9 ottobre 2023
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