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Il Vescovo: «la tratta, un male che ricade su tutta la società»

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“Anche nelle notti piacentine tante donne rimangono nel buio della schiavitù”: con queste parole mons. Adriano Cevolotto ha evidenziato il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione, presente nel nostro territorio come in tutte le parti del mondo. La riflessione è maturata in occasione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, svoltasi l’8 febbraio in cattedrale, dove il Vescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica nella memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la monaca sudanese che da bambina ha vissuto sulla propria pelle l’esperienza traumatica di essere vittima della schiavitù e della tratta.

Un fenomeno che annienta la dignità

Il tema di quest'anno «La forza della cura. Donne, economia e tratta di persone», ha mostrato come la tratta degli esseri umani ai fini della prostituzione si trova al terzo posto per giro d'affari economico al mondo, dopo traffico d'armi e droga. Questo fenomeno annienta la dignità, l'innocenza, i sogni e il futuro di queste ragazze, sempre più giovani, che vengono schiavizzate, comprate e vendute come merce. Si tratta di tanto male che poi ricade sulla società tutta. Anche la Chiesa diocesana con la comunità piacentina “Papa Giovanni XXIII”, fondata da Don Oreste Benzi, ha vissuto l’evento per risvegliare le coscienze di tutte le persone affinché si combatta contro la tratta degli esseri umani, specialmente contro la prostituzione.

L’essere umano merce di scambio

“Lo scandalo della tratta - sintetizziamo il pensiero del Vescovo - si manifesta nel considerare l’essere umano come una merce di scambio. Anche santa Giuseppina Bakhita, una bambina di 9 anni, venduta come schiava, è diventata un oggetto da passare di mano in mano. Giunta in Italia però diventa cristiana, poi religiosa canossiana e nel 2000 è stata canonizzata”. Il suo esempio - ha richiamato mons. Cevolotto - è stato quello di una grande adesione a Gesù per cui si diceva disposta ad inginocchiarsi e a baciare le mani dei suoi persecutori.

Dio abita nell’umanità ferita

“Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra?”. È la domanda del re Salomone proclamata nel brano biblico della liturgia. “La stessa domanda ce la poniamo oggi, - ha sottolineato mons. Cevolotto - e ci chiediamo come possa Dio permettere tutto questo male? La risposta la troviamo in Cristo, nel volto sfigurato dell’”Ecce homo”. Infatti Dio abita sulla terra nelle lacrime, nel grido dell’umanità ferita e anche santa Giuseppina ha ritrovato dignità in questa sofferenza”. Il Vescovo ha poi messo in evidenza come ogni persona non deve sottrarsi alla responsabilità collettiva che deve far nascere la cultura della compassione.

Una luce per illuminare le coscienze

A fianco dell’altare una candela con alcune mani di carta con le scritte: “Mi preoccupo per te, ti vedo, prendi la mia mano, prego per te”. Parole che sono state poste come segno dell’incontro con le vittime di tratta, affinché la relazione con loro si trasformi da sfruttamento a cura, da schiavitù a liberazione. Tra le preghiere, oltre alle vittime della tratta, si sono ricordati coloro che a vario titolo favoriscono questa schiavitù perché si ravvedano e per i clienti, affinché le loro coscienze si risveglino e si convertano, chiedendo aiuto.

Al termine della celebrazione il Vescovo ha acceso la candela, simbolo di luce per illuminare: le realtà dolorose dei molti fratelli sfruttati, le ingiustizie subite, soprattutto da donne e ragazze in diversi ambienti sociali e il cammino del riconoscimento della loro dignità.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 9 febbraio 2022

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