Don Eliseo, il primo sacerdote della diocesi a laurearsi in sociologia
Il ricordo di Paolo Dosi, già sindaco di Piacenza.
Credo sia stato il primo sacerdote della diocesi a laurearsi in sociologia a Roma. Un’esperienza che lo pose nelle condizioni di cercare di capire meglio quanto stava cambiando il mondo in ambito sociologico, e di coniugarlo con un mondo che si stava rapidamente trasformando. Il tutto alla luce della Parola di Dio. Alla fine degli anni ‘60 presentò “Segni dei tempi” un’indagine che tentava la lettura sociologica del tempo allora presente. Un tempo in sempre più rapida trasformazione.
In un libro il ritratto di mons. Manfredini
Nel 1982 curò l’uscita di “Chiesa e territorio in Emilia Romagna”, inaugurando, per l’Editrice Berti, i Quaderni del territorio. Il testo raccoglieva, oltre che interventi dell’episcopato emiliano, interventi di Wilma Preti, Costantino Cipolla, Pierluigi Castagnetti e Giorgio Campanini. L’anno successivo, nella stessa collana, e in occasione del trasferimento del vescovo Enrico Manfredini dalla diocesi di Piacenza a quella di Bologna, curò la raccolta “In obbedienza servire ancora” , testi e interventi di un vescovo che, in tredici anni, accompagnò una Chiesa in profonda trasformazione. Don Eliseo scrisse un’ampia introduzione che oggi appare molto significativa alla luce delle profonde trasformazioni nel frattempo intervenute. La raccolta di interventi di mons. Manfredini, oltre ad essere estremamente ampia (oltre 360 pagine), restituisce la dimensione di un pastore preoccupato di coniugare contenuti biblico-spirituali alla necessaria attenzione verso i cambiamenti che in quegli anni caratterizzavano un territorio particolare, di confine, in tempi in cui la secolarizzazione sembrava imporsi rapidamente.
1985, arriva “Spezzoni di idee”
Nel 1985, per “I quaderni dell’eremo” sempre per l’Editrice Berti, esce “Spezzoni di idee”, appunti per scoprire con Luciana il prezzo e il valore della fedeltà. Il libro è la ricostruzione, attraverso un’antologia di scritti e meditazioni, di un’esistenza solare, profonda e significativa, quella di Luciana Bergonzi, da poco mancata dopo un’esemplare esistenza di condivisione e attenzione verso gli altri.
Il libro più rappresentativo, “Donare adesso”
Ma prima ancora, nel 1984, il testo forse più rappresentativo, “Donare adesso, appunti per cambiare dal di dentro” una serie di riflessioni legate a temi quali il dono, il volontariato, l’attenzione verso l’altro e scandite sulla lettura parallela della Lettera di San Giacomo nel Nuovo Testamento. Il libro fu, in quegli anni, il testo di riferimento di un percorso di volontariato particolarmente significativo per la ricchezza dei valori espressi, che portò numerosi giovani verso scelte di vita impegnative rivolte all’attenzione e al servizio verso l’altro. Infine la pubblicazione di “Chiesa, Città, Parola” del 2010, pubblicato per ringraziare don Eliseo, attraverso una raccolta dei suoi scritti, della sua infaticabile attività di sacerdote, educatore, amico saggio, assistente spirituale...
Naturalmente questi testi furono il lascito scritto di un’esperienza di vita scandita attraverso un’intensa vita pastorale, con numerosi incarichi di responsabilità, e un’esperienza educativa trentennale condotta, in qualità di insegnante presso le scuole superiori piacentine.
Un compagno di vita
Don Eliseo è stato, per tanti (un tempo giovani), un compagno di vita, una guida in mezzo alle evidenti contraddizioni che il mondo poneva. Le contraddizioni e le sollecitazioni che arrivavano da un tempo in rapido cambiamento, ci ponevano in una condizione di scelta: come proseguire la nostra vita, quali scelte fare? Evidentemente non era possibile una risposta univoca, soprattutto rispetto alle scelte che ognuno di noi consapevolmente riteneva di fare. Ma risultava preziosa la possibilità di confrontarci, di riflettere, di confrontare temi o stili di vita diversi tra loro che comportavano comunque, delle scelte, dei distinguo, delle assunzioni di responsabilità.
Le riflessioni che venivano condivise in classe, in gruppo, nei rapporti interpersonali non erano imposte, ma lasciate alla libera responsabilità dei singoli. In base alle differenti riflessioni maturate e alle scelte che ognuno, liberamente, riteneva di fare o di evitare. Una sorta di scuola del libero pensiero a cui veniva offerta una possibilità di orientamento, che poteva essere accolta o modificata nel rispetto della libertà e della maturità di ognuno.
Uno stile tipico dell’Azione Cattolica. Per me tutto si traduceva nella sintesi elaborata da Pascal, filosofo credente, che scommetteva sull’esistenza di Dio: la scommessa risultava “conveniente” per la persona umana. E su questa considerazione si giocava l’impostazione della propria esistenza.
Il ’68, anni di ricerca confusa
Ho conosciuto don Eliseo quando, a 14 anni, sono entrato alle scuole superiori. Era il mio insegnante di religione, parola questa che aveva un significato ambiguo in anni di grande contestazione (era il 1968). Erano anni di ricerca confusa, di contestazioni generazionali, di tentativi da parte di molti di imporre pensieri univoci. Ma avevo la sensazione di avere di fronte un insegnante che, come tutti gli altri che ho avuto la fortuna di incontrare in quegli anni, non cercava di fregarti per importi una visione, un pensiero, ma che tentava onestamente di pòrti di fronte ai problemi e cercava di sviluppare in te un pensiero autonomo, frutto di un approfondimento e di una riflessione autonoma.
Erano quelli anni di grande trasformazione, in cui le verità andavano conquistate maturando una convinzione maggiore rispetto al pensiero “ineluttabile” che sembrava aver caratterizzato le generazioni precedenti.
Don Eliseo incarnava una proposta forte
Don Eliseo incarnava una proposta forte, che ti poneva di fronte a scelte precise e non suscettibili di rinvio. Eravamo ancora relativamente giovani, ma eravamo chiamati a fornire risposte sulle nostre vite che non potevano essere rinviate. Le numerose riflessioni che ci venivano proposte spaziavano dal piano personale a quello sociale, pubblico e religioso. E in ogni caso ti ponevano di fronte alla necessità di fare delle scelte.
La silenziosa bellezza di Resy
In quegli anni abbiamo scoperto la silenziosa bellezza dei monti e le avventure estive vissute tra le montagne valdostane di Resy e della val d’Ayas, la scoperta dei contenuti di lunghe conversazioni sui temi caldi che caratterizzavano quel tempo, i primi amori e le amicizie che non ti facevano prendere sonno, i sogni coltivati e l’attesa di poter cambiare il mondo. Ci si muoveva su un terreno ancora confuso, in attesa di diventare più chiaro con il passare del tempo. Gli studi, la laurea e la scelta di un lavoro che potesse realizzare, almeno in parte, i sogni coltivati fino ad allora.
Fu così che, quando arrivò la proposta di aprire una libreria che desse continuità alla piccola (e storica) libreria San Paolo non esitai a lasciare il lavoro presso una grossa azienda di autotrasporti per propormi nell’avventura. Nacque così la libreria Berti, che quasi subito divenne anche piccola casa editrice, con una distribuzione estesa in breve tempo a livello nazionale. E le sollecitazioni di don Eliseo acquistarono, attraverso quello strumento, una veste concreta nel tentativo di creare espressioni di dialogo tra cultura cattolica e laica.
In tutto questo don Eliseo rimaneva un punto fermo di riferimento, discreto, rispettoso, non invadente e inclusivo, per valorizzare tutto quanto di positivo veniva proposto. Uno stile da Azione Cattolica. Uno stile da prete autentico.
Paolo Dosi
Suggerirei infine di richiamare il testo, scritto da lui, riportato nella quarta di copertina della raccolta uscita nel 1980:
“Sono stato un povero strumento e mi sono giustificato dicendo che mi sono meravigliato che questo strumento abbia funzionato, qualche volta, ma certamente è perché il mistero di Dio, la sua santa grazia, la Parola...ci hanno dato di stupirci della nostra vita, della nostra esperienza, del nostro cammino. Noi non abbiamo mai “abbassato le montagne”, noi abbiamo cercato insieme, abbiamo pregato insieme, abbiamo faticato insieme, non ci siamo mai rassegnati alla volgarità, all’appiattirsi sulla vita che passa e basta. Ci siamo incoraggiati persino nello studio, nella ricerca, nella fatica...Abbiamo “spinto fino in fondo l’acceleratore”. Se ne eravamo capaci abbiamo espresso, ciascuno con i doni che il signore gli ha dato, la nostra propria velocità, vocazione, realizzazione.”
Pubblicato il 29 aprile 2021
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