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Dallo studio dei satelliti alla povertà francescana

16 francesca agresti nel giorno della professione2

Domenica 25 aprile è la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: il messaggio di papa Francesco è dedicato a San Giuseppe, il sogno della vocazione: una figura straordinaria, al tempo stesso «tanto vicina alla condizione umana di ciascuno di noi».
Degna di nota è la storia della vocazione di Francesca Agresti, originaria di Faenza, che lo scorso 19 marzo, festa di San Giuseppe, ad Assisi ha emesso la prima professione solenne entrando nell'ordine delle Francescane Missionarie di Gesù Bambino.

Francesca raccontaci un po’ della tua vita…

Sono cresciuta in una famiglia normale ma curiosa… Curiosa per un suo tratto caratteristico che fin da piccola la mia famiglia ha fatto crescere in me: un nonno ingegnere e una nonna laureata in matematica mi hanno suscitato la ricerca del senso profondo delle cose, il poter apprezzare il mondo in cui viviamo anche attraverso l’ordine scientifico in cui siamo immersi, indagabile e in parte conoscibile. Altro elemento curioso della mia famiglia è il lavoro del mio papà, che come allenatore di pallacanestro ha sempre stimolato in me il desiderio di superarmi nelle sfide e un’indole “giocherellona”, due elementi che hanno sempre trovato pieno sfogo nel percorso scout di cui ho fatto parte fin da piccola e che ha posto in me radici profonde rispetto al desiderio di una vita piena, avventurosa, felice, amata e amante.

Poi è arrivato il trasferimento a Milano 

Negli anni ho inseguito la realizzazione di questa pienezza di vita nello studio: ho sempre pensato che avrei dato una risposta all’inquietudine profonda che ciascuno di noi si porta dentro rispetto al senso della vita, intraprendendo gli studi scientifici, cercando di spiegare e controllare sempre più il mondo che mi circonda. Per questo ho intrapreso gli studi in ingegneria matematica a Milano, dopo i quali ho trovato la possibilità appassionante di lavorare presso un’azienda leader in Italia nella progettazione e integrazione dei satelliti per lo spazio. Avevo l’illusione che tutto questo mi avrebbe sempre più avvicinato al cielo, quando invece il mistero dell’esistenza continuava a sfuggirmi creando uno spazio vuoto sempre maggiore che non veniva colmato da niente: né dalla laurea, né dall’autonomia raggiunta vivendo da sola a Milano circondata da un bel gruppo di amici, né dal buono stipendio che da subito ebbi.

Dallo studio dei satelliti alla spiritualità francescana,  come è accaduto?

Avevo la testa nello spazio, ma lo spazio vuoto dentro di me poteva essere riempito solo nell’incontro della mia umanità con il Signore: quest’incontro è scattato per me nel 2013 quando partecipai alla “Marcia Francescana”, un pellegrinaggio per giovani verso Assisi organizzato da frati e suore francescani, dove a piedi si raggiunge la Porziuncola nel giorno della festa del Perdono, il 2 agosto. E’ in questo giorno e in questo luogo che San Francesco d’Assisi nel 1216 chiese e ottenne che tutti coloro che avrebbero visitato questa chiesa, potessero vivere la misericordia del Padre nel perdono dei peccati. Per tutta la vita avevo cercato di controllare e spiegare quello che mi circondava, ma in questi giorni di cammino ho fatto esperienza per la prima volta, che quel vuoto che sentivo dentro non poteva essere né colmato, né controllato, né spiegato, se non con l’incontro con la promessa d’amore e di vita che il Signore da sempre aveva su di me e desidera per ciascuno di noi.
Anche la mia vita, come quella di tanti, dall’adolescenza in poi era venuta in contatto con ferite e delusioni che mi avevano portato a diffidare di tutti, a rifiutare relazioni vere ed intime in favore di una facciata dura e selettiva che non mi permetteva più di lasciarmi amare in modo profondo. Durante la marcia francescana ho lasciato entrare il Signore nella mia vita proprio consegnando la mia storia a qualcuno, una suora francescana missionaria di Gesù Bambino, raccontandomi e fidandomi che ci potesse essere un modo di lasciarsi amare in profondità che non era meno affidabile del mio mondo scientifico.

Mollare tutto e donarsi al Signore il passo non è poi così scontato…

Il mio cuore ha cominciato a cambiare quando, con gradualità, ho cominciato a guardare alla mia storia non con i miei occhi ma con quelli di Dio, sentendo rivolta a me la Parola della parabola del padre misericordioso: «Figlio tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» (Luca 15,32). Fondamentale è stata la frequentazione della Parola di Dio, in cui trovavo proprio lo sguardo che da sempre il Signore mi rivolgeva. Mi sono fidata non più solo delle mie certezze matematiche, ma prima di tutto che c’era un amore del Signore per la mia umanità che mi chiedeva di lasciarmi amare così, con le mie ferite, con i miei sbagli, con le mie fragilità. E’ cominciato un cammino di accompagnamento in questa famiglia religiosa, le suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, e sentivo crescere in me un’attrazione per questo Gesù, Figlio di un Padre buono, affidabile, che chiede di lasciarsi amare nella propria fragilità, piccolezza. Insieme cresceva in modo insistente un desiderio di fare della mia vita un dono d’amore della stessa forma che ricevevo da queste sorelle che con pazienza, libertà, promozione e amore avevano a cuore la mia vita. Ho sentito sempre più che la vita semplice e fraterna di questa famiglia religiosa, francescana, toccava dentro di me quel modo semplice e curioso che da sempre avevo ricevuto anche in famiglia, nel mio gruppo scout, nello studio del creato che tanto mi aveva fatto cercare il Creatore.

Ed è arrivato il giorno del tuo sì per sempre…

Dopo alcuni anni di discernimento, nel 2017, ho lasciato il mio lavoro per cominciare il cammino prima di postulato e poi di noviziato. Cammino che mi ha portato il 19 marzo scorso, nella solennità di San Giuseppe, ad emettere la prima professione dei voti religiosi di povertà, castità, obbedienza. E’ stato prezioso per me celebrare la professione proprio nel giorno di San Giuseppe, lui che sulla propria pelle ha sperimentato come in una storia che poteva sembrare sbagliata, inconcepibile, non spiegabile, ha dato fiducia al Signore trasformando un problema in un’opportunità, accogliendo il Figlio di Dio e amando in modo libero, “Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti e fa spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità. La vita che ci mostra Giuseppe non è una via che spiega, ma una via che accoglie” (Papa Francesco, Patris Corde).

Ai tanti giovani che si interrogano sul loro futuro, cosa diresti?

Il mio augurio per tutti coloro che con coraggio e curiosità cercano il senso profondo della propria vita è di poter accogliere una vita secondo lo sguardo del Signore, che desidera amare ciascuno nella propria umanità, lì dove ci si trova, nell’inspiegabile, con le proprie inquietudini e ferite, secondo la misura dei nostri sogni e desideri, per renderci dono gli uni per gli altri.

Luigi Lamma

Pubblicato il 23 aprile 2021

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