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“Senza il Sacro Cuore, falliremo”. L’Università Cattolica torna alle sue origini

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Educare con il cuore: è la sfida raccolta da docenti di teologia e assistenti pastorali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore impegnati dall’8 all’11 settembre a Piacenza a Cremona nel seminario di studio d’inizio anno concluso con l’intervento del cardinale di Torino Roberto Repole e il magnifico rettore Elena Beccalli. A coordinare l’incontro nella sala Piana della sede di Piacenza Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio Cei per l’educazione cattolica, la scuola e l’università. Conclusioni a cura di mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo.

Le parole di papa Francesco

Punto di partenza della riflessione l’enciclica “Dilexit nos” di papa Francesco, pubblicata nell’ottobre 2024. “In questo mondo liquido - sono le parole del Pontefice argentino riprese da Ernesto Diaco - è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte”.

Tutto è scritto nel nome

Questo invito a tornare al cuore - spiega Beccalli - è iscritto nel nome della nostra Università intitolata al Sacro Cruore per volere dei suoi fondatori, e in particolare di Armida Barelli. Era sua convinzione, espressa chiaramente: “Se non l’intitoleremo al Sacro Cuore, con le nostre sole forze non ce la faremo, e falliremo”.

Non solo professionisti

Questa sua volontà per noi non è semplicemente un elemento devozionale, ma un’indicazione generativa di metodo che ci porta ad affidare le piccole e le grandi cose al Sacro Cuore. L’Università Cattolica è un segno vivente guidato dall’intelligenza cristiana nel cuore di ogni cultura. Segno vivente significa un’organizzazione viva, che si rinnova in ogni sua persona e in ogni nuovo progetto che nasce. Puntiamo sì a formare bravi professionisti, ma innanzitutto uomini e donne con il cuore, uomini e donne “di valore” e “di valori”.

Parlare di valori - ha puntualizzato Beccalli - non sempre è facile, potrebbe essere ritenuto un obiettivo ideologico. In realtà è proprio quella la nostra missione nel richiamo, per nulla nostalgico, alle nostre radici e nell’affrontare con intelligenza la questione antropologica. Sono in particolare tre - ha proseguito Beccalli - le sfide che l’Ateneo deve affrontare: l’intelligenza artificiale, la povertà e la pace.

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L’intelligenza artificiale

Siamo nel tempo dell’intelligenza artificiale - ha proseguito la sua analisi -, ma solo l’intelligenza umana ha un cuore vero ed è in grado di far dialogare tra loro le persone e le situazioni. Le nuove generazioni hanno un metodo di apprendimento diverso rispetto alle generazioni che li hanno preceduti, per questo occorre capire come le nuove tecnologie influenzano il modo di porsi oggi le domande più profonde e di afre i conti con la questione del senso della vita.

La povertà

Un’altra grande sfida è la povertà in un mondo in cui aumentano sempre più le disuguaglianze. Ben tre miliardi di persone vivono con un reddito quotidiano di soli 5 dollari e mezzo; la loro dignità è seriamente minacciata.

La pace

Nella questione della pace l’Università gioca un ruolo di primo piano perché ha nel Dna, con il rigore del suo metodo scientifico, la vocazione di fare incontrare culture e religioni diverse.

Studenti per niente passivi

Ciò che mi aiuta personalmente oggi ad aprire il cuore - ha concluso Beccalli - sono i nostri studenti, molto lontani dagli stereotipi di chi li vede passivi di fronte alla realtà; sono invece desiderosi di essere protagonisti del cambiamento.

L’intervento del cardinal Repole

Anche il cardinal Repole si è confrontato con le parole di papa Francesco a proposito del Sacro Cuore. All’uomo di oggi - ha detto - manca il cuore; sempre più frastornato di fronte al volgere delle cose, si ritrova quasi privo di un centro di unità dentro di sé. Il motivo di tutto ciò? L’aver perso di vista l’orizzonte metafisico; la conseguenza è la crisi dell’individuo che si ritrova sempre più isolato. Non mancano oggi le proposte spirituali che però spesso lasciano l’amaro in bocca perché non sono altro che un ripiegarsi dell’uomo su se stesso.

La via è piuttosto il ritrovare attraverso la preghiera un rapporto con il Dio vivente; senza questa preghiera, senza questo rapporto diretto, la Chiesa non vive più ed esaurisce la sua missione.

Leone XIV: “Portare Cristo «nelle vene» dell’umanità”

Ernesto Diaco ha rilanciato alcune delle parole rivolte da papa Leone nel suo incontro del giugno scorso con i Vescovi italiani: “In un tempo di grande frammentarietà è necessario tornare alle fondamenta della nostra fede, al kerygma. Questo è il primo grande impegno che motiva tutti gli altri: portare Cristo «nelle vene» dell’umanità rinnovando e condividendo la missione apostolica: «Ciò che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi» (1Gv 1,3). E si tratta di discernere i modi in cui far giungere a tutti la Buona Notizia, con azioni pastorali capaci di intercettare chi è più lontano e con strumenti idonei al rinnovamento della catechesi e dei linguaggi dell’annuncio”.

Non diamo per scontata la fede

La missione - ha proseguito il cardinal Repole - è l’orizzonte della Chiesa, lo era per Francesco e lo è per Leone XIV. Come occorre muoverci? Bisogna ripartire dai fondamenti. Per troppo tempo si è pensato che la missione riguardasse altri continenti, e invece riguarda noi, l’Europa, l’Italia. La fede non la si può più dare per scontata.

Il medio evo ci aveva visto giusto

Non possiamo - ha aggiunto - tacere il Vangelo, ha una forza di umanizzazione unica ed allarga la nostra razionalità. La razionalità non è solo, come molti pensano, la ratio scientifica, ma ha orizzonti ben più ampi, cosa di cui gli studiosi medievali, che spesso riteniamo erroneamente chiusi in un mondo oscuro, erano consapevoli

Il dialogo con la modernità

Forse - ha detto ancora - siamo arrivati tardi nel dialogo con la modernità e portiamo con noi un certo senso di colpa. Il compito dei teologi è di tornare a fare teologia senza fermarsi alla sociologia religiosa. Ci serve una riflessione in grado di legare i contenuti essenziali della fede - dalla Sacra Scrittura alla Tradizione - con le domande più profonde dell’oggi. Così potremo offrire un contributo di valore alla riflessione sulla questione antropologica senza scordarci il versante soteriologico, cioè l’orizzonte della salvezza. Come comunità cristiana, se metteremo al centro Cristo risorto, porteremo speranza a una società che si disgrega.

Le conclusioni di mons. Giuliodori

Le conclusioni sono state affidate a mons. Giuliodori. Il legame con il Sacro Cuore - ha detto tra l’altro - non è semplicemente un’etichetta né un vago sentimentalismo, ma è la strada che permette di estrarre dal tesoro, come dice il Vangelo, cose nuove e cose antiche. Lo stile dei docenti dell’Università Cattolica è proprio questo: metterci il cuore, metterci nelle questioni tutto se stessi.

Davide Maloberti

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Nelle foto, dall'alto: i relatori dell'incontro conclusivo del seminario di studio per docenti di teologia e assistenti pastorali: da sinistra, Ernesto Diaco, il magnifico rettore Elena Beccalli e il cardinale Roberto Repole; i presenti nella sala Piana dell'Università Cattolica di Piacenza; la cappella della sede piacentina dell'Ateneo con - sulla sinistra - le reliquie di Armida Barelli, con padre Gemelli fondatrice dell'Università Cattolica (a lei in particolare si deve il legame con il Sacro Cuore).

Pubblicato l'11 settenbre 2025

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