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L’avventura di Simone Pasquali: in bici in Slovenia cercando Dio nei luoghi della Grande Guerra

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 “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto?

Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto Cielo e Terra”.

Salmo 121,1-2

Per chi, come me, ha fatto della bici non solo uno sport ma un mezzo di pellegrinaggio, ogni pedalata è una preghiera. Dopo tanti cammini quest’anno l’anima mi ha chiamato verso le terre incontaminate della Slovenia, un viaggio in bikepacking immerso nella natura più selvaggia: boschi fitti e montagne maestose, dove il silenzio si fa voce e la tranquillità avvicina a Dio.

Nove tappe, un totale di circa 490 chilometri e quasi 9mila 730 metri di dislivello complessivo. Ogni giorno, poco più di 50 chilometri in media, macinati non solo con le gambe, ma con il cuore e lo spirito. Come sempre non si è mai trattato di stabilire record, ma anzi di rallentare, di sincronizzarsi con il respiro della natura. L’aria pura, il profumo del muschio, il fruscio delle foglie sotto le gomme: ogni elemento era un invito alla contemplazione, una melodia divina che risuonava nel cuore.

Il bikepacking, con la sua essenzialità, amplifica la percezione. Ogni salita, ogni discesa, è stata un’opportunità per riflettere, per ascoltare quel silenzio che spesso la nostra vita frenetica ci nega.

 In quel vuoto apparente, ho trovato una pienezza sorprendente, una connessione più profonda con la mia fede. L’assenza di distrazioni esterne ha permesso alla mia mente e al mio cuore di aprirsi, di accogliere pensieri e intuizioni che altrimenti sarebbero rimasti inespressi. Lì, tra boschi di faggio, strade sterrate e lo scorrere di fiumi il dialogo con Dio non è stato un’eccezione, ma una costante.

Il percorso mi ha portato attraverso luoghi di grande significato:

Gorizia, città di confine, mi ha ricordato la fragilità della pace e l’importanza del dialogo. 

Lubiana, la capitale, con la sua vivacità e bellezza, ha offerto un contrasto affascinante alla solitudine dei sentieri, ricordandomi la ricchezza delle relazioni umane. 

Ma è stato a Caporetto (Kobarid) che il viaggio ha toccato le corde più profonde. Visitare quei luoghi, intrisi di storia e sofferenza, mi ha spinto a meditare sul valore della Vita, sul sacrificio e sulla necessità di perdonare e costruire ponti, mai muri.

Tornare a casa, dopo questa immersione totale, non è stato semplicemente riporre la bici. È stato riportare con me una parte di quel silenzio, una rinnovata gratitudine e la consapevolezza che, anche nella quotidianità, possiamo cercare e trovare gli spazi per ascoltare quella voce interiore che ci avvicina a Dio Padre.

Questo viaggio non è stata solo un’avventura fisica, ma un vero e proprio pellegrinaggio dell’anima, un’ulteriore conferma di come anche la fatica del corpo possa elevare lo Spirito, portandoci, nel mio caso pedalata dopo pedalata, alla vera essenza della Fede.

Prima tappa: dalle Memorie del Carso al cuore della Slovenia (Fogliano Redipuglia - Vipava)

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La prima tappa a San Martino del Carso.

Il primo colpo di pedale di questo pellegrinaggio sloveno è risuonato da Fogliano Redipuglia, un luogo che già di per sé invita alla riflessione. Partire dal Sacrario Militare, simbolo imponente della Grande Guerra, ha impresso un significato profondo al mio inizio. Ogni metro percorso mi ricordava il valore della pace, un tema che avrebbe accompagnato l’intero viaggio.

La strada mi ha poi condotto verso San Martino del Carso, un nome intriso di storia e memoria. Pedalare su quelle terre aspre, scenario di indicibili sofferenze, ha amplificato il senso di gratitudine per la tranquillità e la bellezza che oggi le caratterizzano. È stata una transizione tangibile dalla memoria storica alla vitalità del presente.

Attraversare Gorizia, città un tempo divisa e ora simbolo di unione, è stato un momento particolarmente toccante. Il confine, un tempo barriera invalicabile, si è presentato come un semplice passaggio, un invito al dialogo e alla fratellanza tra popoli. Ho sentito forte il messaggio di speranza che scaturisce dalla capacità di superare le divisioni.

Lasciando l’Italia, il paesaggio ha iniziato a svelare la sua nuova identità slovena. La salita è diventata costante, le gambe hanno cominciato a sentire i 1300 metri di dislivello accumulati su 74 chilometri. Ogni strappo in salita era un passo in più verso l’immersione nella natura, un graduale distacco dal mondo conosciuto per abbracciare l’ignoto e la quiete. La giornata si è conclusa a Vipava, porta d’accesso a una regione vinicola, ma per me, in quel momento, semplicemente un meritato riposo prima di addentrarmi ancora di più nel cuore verde della Slovenia.

Seconda tappa: nelle Profondità della terra e oltre (Vipava - Brezje Vasi, passando per Postumia)

La seconda tappa mi ha visto lasciare la valle di Vipava per dirigermi verso il cuore carsico della Slovenia. I 48 chilometri di pedalata, con altri mille metri di dislivello, non sono stati solo un test fisico, ma un vero e proprio viaggio nell’anima del territorio. Le salite, a volte ripide, mi hanno spinto a una costante ricerca di equilibrio, una metafora della vita stessa, dove ogni sforzo apre a nuove prospettive.

Il momento clou di questa giornata è stata la visita alle Grotte di Postumia. Scendere nelle profondità della terra, in quel regno sotterraneo scolpito dall’acqua in milioni di anni, è stata un’esperienza di pura meraviglia e umiltà. Il silenzio assordante delle grotte, rotto solo dal gocciolio dell’acqua, mi ha ricordato la grandezza della creazione divina e la nostra piccolezza di fronte all’eternità. È stato un momento di riflessione profonda sulla bellezza nascosta e sulla pazienza della natura. L’oscurità e la maestosità di quelle formazioni rocciose hanno offerto una prospettiva inusuale sulla luce, sia quella fisica che quella spirituale, che cerchiamo nel nostro cammino.

Riprendere la bici dopo l’immersione in quel mondo sotterraneo è stato come riemergere con una nuova consapevolezza. L’aria aperta, il verde vibrante della superficie, sembravano ancora più vividi e preziosi. La pedalata finale verso Brezje Vasi, un piccolo centro che mi ha accolto per la notte, è stata pervasa da un senso di pace e di gratitudine per le meraviglie che questa terra sa offrire. Ogni chilometro percorso era un invito a custodire la bellezza del Creato e a riconoscere la presenza del Divino in ogni sua manifestazione.

Terza tappa: verso la capitale, con la leggerezza dell’anima (Brezje vasi - Lubiana)

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In viaggio verso Križna Gora nella terza tappa.

La terza tappa di questo viaggio, da Brezje Vasi a Lubiana è stata un’esperienza di transizione dolce e significativa. Dopo le profonde immersioni carsiche del giorno precedente, i 66 chilometri e i 700 metri di dislivello di questa giornata si sono presentati quasi come un alleggerimento che ha permesso alla mente di aprirsi ulteriormente alla contemplazione.

Ho percorso viali alberati e sentieri che costeggiavano placidi corsi d’acqua, osservando il paesaggio mutare lentamente da quello selvaggio e montano a uno più dolce, anticipazione dell’avvicinarsi alla città. Ogni pedalata mi portava più vicino non solo alla capitale, ma anche a un senso di serenità crescente. Il terreno meno impegnativo ha liberato spazio per pensieri più fluidi, per riflettere sulle meraviglie già incontrate e su quelle ancora da scoprire.

L’arrivo a Lubiana è stato un momento speciale. La capitale slovena si è rivelata una città accogliente, a misura d’uomo, con la sua architettura affascinante e i suoi ponti che uniscono, anziché dividere. Vivere la vivacità del centro, passeggiare tra le sue strade piene di vita dopo giorni di quasi totale isolamento nella natura, ha offerto un contrasto affascinante. Mi ha ricordato come la bellezza e la presenza di Dio si possano trovare non solo nella maestosità del creato, ma anche nelle opere dell’uomo, nella comunione e nella creatività che animano le città.

La giornata è stata un invito a trovare l’equilibrio tra la solitudine rigenerante della natura e la ricchezza delle relazioni umane, tra il silenzio interiore e il “rumore” positivo della civiltà. Lubiana, con la sua atmosfera serena, ha saputo accogliermi, offrendo un momento di meritato riposo prima di riprendere il cammino che mi avrebbe riportato verso i sentieri meno battuti.

Quarta tappa: dalla capitale alle altezze spirituali (Lubiana - Križna Gora)

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La quarta tappa a Lubiana.

Abbandonare l’abbraccio accogliente di Lubiana è stato come lasciare un amico per ritrovare la solitudine meditativa dei sentieri. La quarta tappa mi ha riportato rapidamente nel cuore della natura slovena, con i suoi 42 chilometri e un impegno notevole di 1200 metri di dislivello. È stata una giornata che ha messo alla prova le gambe, ma ha nutrito ancor di più lo spirito.

Prima di affrontare le salite che mi avrebbero condotto verso le cime, il percorso mi ha regalato il fascino storico di Škofja Loka. Questo borgo medievale, uno dei meglio conservati della Slovenia, con il suo castello e le sue vie antiche, mi ha fatto sentire come in un viaggio a ritroso nel tempo. Una sosta qui è stata un proemio della ricchezza della storia umana e della capacità di preservare la bellezza attraverso i secoli, un ponte tra il passato e la mia pedalata presente.

Lasciata Škofja Loka, la strada ha iniziato a farsi decisamente più impegnativa. Ogni metro di ascesa era un passo verso l’isolamento, ma anche verso una maggiore chiarezza interiore. Le fitte foreste che mi circondavano creavano un santuario di silenzio, rotto solo dal mio respiro e dal rumore delle pedalate. È stato in queste salite che ho sentito la fatica trasformarsi in pura contemplazione. Ogni goccia di sudore era un’offerta, ogni panorama che si apriva sotto di me, man mano che guadagnavo quota, era un dono inaspettato.

L’arrivo a Križna Gora (Monte della Croce) non è stato solo il raggiungimento di una meta fisica, ma quasi spirituale. La vista mozzafiato dalle alture, il silenzio quasi sacro che pervadeva l’aria, hanno reso la fatica un dettaglio insignificante. Qui, in cima a questo “monte della croce”, la vicinanza al cielo e la vastità del paesaggio hanno rafforzato la sensazione di essere un piccolo punto nell’immensità del creato di Dio, un’esperienza umiliante e al contempo esaltante. La giornata si è conclusa con una pace profonda, la consapevolezza di aver scalato non solo una montagna, ma anche un piccolo pezzo di me stesso.

Quinta tappa: dalle cime nascoste al gioiello alpino (Križna Gora - Lago di Bled)

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Verso il lago di Bled nella quinta tappa.

Lasciare le alture silenziose di Križna Gora ha significato affrontare una nuova sfida, ma anche un’attesa crescente per la bellezza che mi attendeva. La quinta tappa, di 43 chilometri e altri mille metri di dislivello, è stata un susseguirsi di panorami mozzafiato e di introspezione, culminata nell’arrivo a una delle icone della Slovenia.

Le prime ore sono state caratterizzate da un’intensa pedalata in discesa, che mi ha permesso di “respirare” dopo le fatiche del giorno precedente, seguita poi da un’altra impegnativa ascesa. Attraversavo borghi remoti, dove il tempo sembrava essersi fermato, e sentieri immersi in foreste quasi primordiali. In questi momenti di solitudine, il dialogo con me stesso e con il Creato si faceva più intimo. Ogni curva della strada rivelava una nuova prospettiva, ogni vetta conquistata una nuova consapevolezza. Era un continuo alternarsi di sforzo fisico e nutrimento spirituale, un promemoria di come la resilienza e la perseveranza portino sempre a panorami inaspettati, sia esteriori che interiori.

E poi, all’improvviso, dopo l’ultima salita, è apparso. Il lago di Bled. La vista di quell’isola con la sua chiesetta incastonata in uno specchio d’acqua turchese, circondato da montagne maestose e sovrastato da un castello sulla roccia, è stata un’esperienza quasi mistica. Sembrava un dipinto, un luogo dove la natura e l’ingegno umano si incontrano in perfetta armonia. Dopo tanti chilometri di fatica e solitudine, giungere a questa meraviglia è stato un premio, un momento di pura gratitudine e stupore. 

Il tramonto sul lago, con i suoi colori cangianti, ha sigillato la giornata. In quel luogo di rara bellezza, ho sentito forte la presenza del divino, non più solo nel silenzio dei boschi, ma anche nella perfezione e nell’armonia di un paesaggio così iconico. Bled non è stata solo una meta fisica, ma un simbolo di pace e bellezza che l’anima riconosce e a cui aspira.

Sesta tappa: verso le altezze e il rifugio dell’anima (Bled - Mihov dom na Vršiču)

Lasciare la cartolina perfetta del lago di Bled è stato un po’ come salutare un sogno ad occhi aperti, ma la sesta tappa prometteva una nuova immersione nella maestosità della natura slovena. I 49 chilometri e i quasi mille metri di dislivello accumulati mi avrebbero portato in un ambiente alpino più severo, ma altrettanto spirituale.

Ho iniziato a pedalare addentrandomi in valli sempre più strette, dove le montagne iniziavano a farsi sentire con la loro presenza imponente. Le foreste di conifere si infittivano, l’aria si faceva più frizzante e il silenzio, già compagno di viaggio, diventava quasi tangibile. Ogni salita era un esercizio di perseveranza, un richiamo a superare la fatica non solo con le gambe, ma con la forza della volontà. In questi momenti di sforzo solitario, la mente si libera dal superfluo e si concentra sull’essenziale, trovando una connessione più profonda con se stessa e con l’ambiente circostante.

Il percorso mi ha condotto gradualmente verso quote più elevate, fino a raggiungere il Mihov dom na Vršiču, un rifugio situato a circa mille metri di altitudine. Arrivare lì, dopo una giornata di pedalate intense e continue ascese, è stato un vero e proprio approdo. Il rifugio, immerso nel cuore delle Alpi Giulie, offriva non solo riparo e ristoro, ma una vista mozzafiato che ricompensava ogni singola goccia di sudore.

La sera trascorsa in quel rifugio è stata un’esperienza di pace e contemplazione. Lontano dal caos, circondato solo dalla grandezza delle montagne, ho potuto riflettere sul significato del cammino, sulle sfide superate e sulla bellezza incontaminata che mi circondava. È stato un momento per sentirsi parte di qualcosa di più grande, per assaporare la semplicità della vita alpina e per rinnovare il senso di gratitudine verso il Creatore. Il Mihov dom non era solo un punto sulla mappa, ma un simbolo di rifugio per lo spirito, un luogo dove la fatica si trasforma in bellezza e la solitudine in profonda comunione.

Settima tappa: sulle rive dell’Isonzo, tra storia e natura (Mihov dom – Bovec)

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Il fiume Isonzo nella settima tappa.

Lasciando il rifugio Mihov dom e le sue maestose vette, la settima tappa ha segnato un passaggio significativo: l’incontro con il fiume Isonzo. Un percorso di 41 chilometri con 780 metri di dislivello, dove ogni pedalata lungo le sue rive è stata un’immersione in una bellezza naturale strabiliante e in una storia profonda.

Il fiume, con le sue acque color smeraldo, è stato il vero protagonista di questa giornata. Ho seguito il suo corso, ammirando le sue gole spettacolari e le cascate cristalline che si gettavano con forza. La bellezza quasi irreale del paesaggio, con l’acqua che scolpisce la roccia, è un promemoria costante della potenza e della meraviglia del Creato. Il suono del fiume, a volte un placido mormorio, a volte un ruggito impetuoso, ha accompagnato la mia pedalata, diventando una colonna sonora naturale per la mia meditazione. In quei momenti, l’anima si apre e si lascia trasportare dalla corrente, trovando una pace che solo la natura incontaminata sa offrire.

Ma l’Isonzo non è solo bellezza; è anche un fiume intriso di storia, tristemente noto per le battaglie della Grande Guerra. Pedalare lungo le sue valli significava attraversare luoghi dove la memoria è ancora viva, dove la natura ha ricoperto le ferite, ma non le ha cancellate. È stata un’occasione per riflettere sul sacrificio, sulla resilienza e sull’importanza della pace.

La tappa si è conclusa a Bovec, un vivace centro alpino incastonato tra le montagne, noto per gli sport all’aria aperta. Dopo una giornata di emozioni così intense, tra la magnificenza della natura e il peso della storia, Bovec mi ha offerto un meritato riposo, permettendomi di elaborare le impressioni e le sensazioni di questo tratto indimenticabile del mio cammino. È stata una giornata che ha nutrito lo sguardo e il cuore, lasciandomi con una gratitudine profonda per la bellezza e le lezioni che l’Isonzo sa regalare.

Ottava tappa: sulle cime della memoria, verso Caporetto (Bovec - Caporetto)

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Il Museo della prima guerra mondiale a Kopadir (Caporetto) nell'ottava tappa.

L’ottava tappa è stata senza dubbio una delle più impegnative e significative del mio viaggio, non solo per la sfida fisica, ma per il suo profondo impatto emotivo. Da Bovec a Caporetto (Kobarid), ho pedalato per 53 chilometri e accumulato ben 1250 metri di dislivello, un percorso che mi ha portato attraverso paesaggi di struggente bellezza e luoghi intrisi di una storia che non può e non deve essere dimenticata.

Lasciate le valli del Soča (Isonzo), la strada ha iniziato a salire in modo deciso. Ho affrontato passi montani che mettevano alla prova la resistenza, ma che al tempo stesso offrivano panorami mozzafiato. Ogni tornante conquistato, ogni cima raggiunta, era un invito a fermarsi, a respirare l’aria limpida e a lasciarsi avvolgere da un silenzio quasi sacro. In queste altitudini, la natura parla con una voce più chiara, e la fatica fisica si trasforma in una sorta di purificazione, aprendo la mente e il cuore alla contemplazione.

L’avvicinamento a Caporetto (Kobarid) ha marcato un cambiamento nell’atmosfera del viaggio. Dalla serenità contemplativa delle montagne, sono passato a confrontarmi con la cruda realtà della storia. Caporetto è un nome che risuona di echi drammatici, un simbolo di una delle pagine più dolorose della Prima Guerra Mondiale. Visitare il suo celebre Museo della Grande Guerra e percorrere i sentieri che un tempo erano trincee e campi di battaglia è stata un’esperienza commovente. Ho sentito il peso della memoria, l’eco di milioni di vite spezzate e di un’umanità che si è confrontata con la sua parte più oscura.

Pedalare in questi luoghi ha amplificato il mio senso di responsabilità verso la pace. È stato un promemoria potente di quanto sia fragile la concordia e di quanto sia prezioso il dono della vita. La fatica della salita e il freddo vento in cima ai passi alpini sembravano un piccolo tributo al sacrificio di chi ha combattuto su queste stesse montagne. Questa tappa non è stata solo chilometri macinati, ma un vero e proprio pellegrinaggio nella memoria, un invito a riflettere sulla pace come conquista quotidiana e a elevare una preghiera per chi ha dato la vita in nome di ideali o in difesa della propria terra.

Nona tappa: il ritorno, tra vigne e rinnovata gratitudine (Caporetto - Fogliano Redipuglia)

L’ultima tappa di questo intenso viaggio, da Caporetto a Fogliano Redipuglia, è stata un percorso di ricongiungimento e gratitudine. Dopo l’impatto emotivo delle memorie di guerra, la strada mi ha condotto attraverso un paesaggio che, pur non presentando i dislivelli dei giorni precedenti, ha offerto una bellezza serena e una profonda riflessione sul ritorno.

Lasciando Caporetto, il percorso si è gradualmente addolcito, guidandomi verso la piana e le prime colline ricoperte di vigneti. Ho attraversato Gradisca d’Isonzo, una cittadina storica che, con la sua eleganza e la sua pacata bellezza, ha rappresentato un ponte ideale tra la Slovenia e il rientro in Italia. È stato un momento per assaporare il passaggio, per connettersi con le radici culturali e geografiche che mi richiamavano a casa.

Pedalare lungo i vigneti della zona è stato come attraversare un giardino curato, simbolo di lavoro, pazienza e abbondanza. Ogni filare di vite, ogni acino d’uva che iniziava a maturare sotto il sole, mi ha ricordato la generosità della terra e la benedizione del raccolto. Questa parte del viaggio è stata pervasa da un senso di pace e leggerezza, un contrasto significativo con le fatiche e le intense riflessioni dei giorni precedenti. È stato un momento per raccogliere i frutti spirituali del cammino, sentendo la stanchezza fisica dissolversi nella gioia del ritorno.

L’arrivo a Fogliano Redipuglia, punto di partenza e ora di arrivo, ha chiuso un cerchio. Ritrovare il Sacrario, che all’inizio era un monito, è diventato ora un simbolo di pace conquistata e custodita, un ringraziamento per il viaggio compiuto e per le lezioni apprese. 

Questo pellegrinaggio in bikepacking attraverso la Slovenia non è stato solo un’avventura sulle due ruote, ma un’immersione profonda nella natura, nella storia e, soprattutto, nella propria spiritualità. Ogni chilometro, ogni salita, ogni momento di silenzio mi ha avvicinato non solo a paesaggi mozzafiato, ma a una comprensione più profonda di me stesso e della presenza di Dio in ogni respiro del mondo.

Simone Pasquali

docente di religione all’Istituto comprensivo di Podenzano

Nella foto in alto, l’insegnante piacentino Simone Pasquali all’arrivo della sesta tappa a Mihov Dom na Vriscu.

Pubblicato il 5 agosto 2025

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