Il Vescovo alla festa di Sant'Antonino: con i giovani prepariamo il futuro
Piacenza ha celebrato il 4 luglio la festa di Sant’Antonino, patrono della città e della diocesi. Migliaia di piacentini hanno affollato le strade del centro, animate da una fiera colorata e vivace. Con circa 265 bancarelle, di cui 33 dedite ai prodotti alimentari, la tradizionale Fiera si è snodata lungo il Pubblico Passeggio e le vie limitrofe (viale Palmerio, piazzale Genova, via Alberici, corso Vittorio Emanuele). Un vero spettacolo per i sensi, tra artigianato, street food e curiosità.
Alle ore 11 il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto, nella basilica di Sant’Antonino, la messa nella solennità del Patrono. Nel corso della celebrazione, davanti alle autorità civili e militari, è stato consegnato alla Congregazione della Missione il Premio Antonino d’Oro a 400 anni dalla sua fondazione ad opera di San Vincenzo de’ Paoli. A ritirarlo dalle mani del Vescovo il superiore del Collegio Alberoni, il vincenziano padre Nicola Albanesi, e padre Giuseppe Perini, dal 1984 penitenziere della basilica. Una targa come segno di ringraziamento è stata consegnata a Danilo Anelli, presiedente della Famiglia Piasinteina, che da 40 anni sponsorizza il Premio.
Il Patrono segno di unità
Abbiamo di fronte a noi una sfida: costruire la comunità sia sul piano ecclesiale che civile. È questo, secondo il vescovo Adriano Cevolotto, il messaggio lanciato a noi oggi dal Patrono Sant’Antonino a oltre 1700 anni dalla sua morte.
Avere un Santo come Patrono - ha detto nell’omelia - è avere “un punto di incontro, un’esigenza di unità che supera le inevitabili differenze che ogni tessuto umano e civile vive al suo interno. Al di là delle singole appartenenze, che c’è un’istanza superiore che ci permette di superare ogni particolarismo”.
Antonino, un laico, un soldato, oggi sarebbe definito un servitore dello Stato; apparteneva a una legione scelta, a un Corpo speciale. La sua forza è stata la disubbidienza nel rifiutarsi di uccidere i credenti in Cristo per la loro appartenenza religiosa. Per lui c’era qualcosa di inviolabile da salvaguardare, qualcosa che valeva più della propria vita.
Diventare cittadini consapevoli
Mons. Cevolotto ha poi fatto riferimento ai recenti referendum in cui un quesito trattava il tema della legge della cittadinanza. Al di là dell’esito referendario - ha detto -, la cittadinanza richiama il riconoscimento dato alle persone dei diritti civili, amministrativi, politici, uniti ai doveri che derivano dall’appartenenza ad una nazione. La cittadinanza si lega al sentirsi parte di uno Stato, attorno a un fondamento comune (la Costituzione) e nel rispetto delle leggi.
Vale la pensa di chiedersi - ha aggiunto mons. Cevolotto - come ci muoviamo per far sentire parte della comunità chi arriva tra noi e come trasmettiamo il valore del rispetto delle leggi, la responsabilità verso i diritti e i doveri che tutti abbiamo con lo Stato, con la città, con il territorio. Tutto ciò riguarda anche i giovani, che acquisiscono la cittadinanza dalla nascita: come stanno crescendo nel senso di appartenenza, nella coscienza del valore civico e dei diritti - a partire dal diritto di voto - che hanno e che possono e devono esercitare? Non basta avere un passaporto per sentirsi davvero parte di una comunità.
Con le altre religioni al lavoro tra i giovani
Mons. Cevolotto ha espresso il proprio grazie verso i rappresentanti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni che sono intervenuti alla celebrazione. Siamo corresponsabili - sintetizziamo il suo pensiero - della crescita dei giovani, ai quali, di fronte alle diverse espressioni di disagio che manifestano, “dobbiamo far intravvedere un futuro, una promessa per la loro vita, un futuro professionale, un’affermazione sociale che permetta un riscatto dalla condizione di marginalità nella quale si possono trovare. Impegniamoci tutti ad alimentare sane ambizioni, offrendo loro delle opportunità”.
Disinnescare l’ostilità con il dialogo
Il Vescovo ha poi del significato della consegna dell’Antonino d’Oro alla Congregazione di San Vincenzo de’ Paoli. La via tracciata da questo Santo - ha precisato mons. Cevolotto - indica che il cuore di tutto è la carità, l’amore appassionato e mai tiepido che ci fa sentire parte dell’altro. È questa anche la prospettiva indicata di recente ai Vescovi italiani da papa Leone XIV: “Ogni comunità - sono le parole del Pontefice - diventi una «casa della pace», dove s’impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono”.
“Dare diritto di cittadinanza a chi si affaccia (chiunque egli sia) - ha concluso il Vescovo - è testimoniare la bellezza di una città che custodisce il bene per tutti e così fa sentire adeguati o inadeguati i comportamenti a partire da quanto costruisce i legami di reciproca appartenenza”.
Al termine della messa, nel ritirare il Premio, padre Albanesi ha ricordato numerosi sacerdoti vincenziani, piacentini e non, che nell’ultimo secolo hanno dato un contributo fondamentale all’esperienza formativa del Collegio Alberoni, avviato nel 1751 dall’omonimo cardinale.
All'esterno della basilica erano presenti i banchi della “Lavanda della solidarietà” grazie alla quale si poteva sostenere la missione del saveriano padre Luigino Vitella in Burundi.
L’edizione 2025 della Festa di Sant’Antonino ha così dimostrato la vitalità e il senso di comunità di Piacenza. La messa solenne, con la consegna dell’Antonino d’Oro, ha rafforzato il legame tra la dimensione religiosa, civica e culturale della città. Riconoscere l’opera dei Vincenziani del Collegio Alberoni ha voluto dunque sottolineare l’importanza dell’impegno religioso e formativo radicato nella città da secoli.

Pubblicato il 4 luglio 2025