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Al via a Piacenza i lavori per la basilica di San Francesco

basilica san francesco

Il 23 aprile ha preso il via il cantiere di restauro di una parte della basilica di San Francesco a Piacenza sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza.
L’intervento ha origine da una segnalazione della Curia di Piacenza al Segretariato Regionale del Ministero peri beni e le attività culturali e per il turismo a causa di un peggioramento delle condizioni dei dipinti nelle cappelle radiali dell’abside dovute ad infiltrazioni di acqua piovana. A seguito del sopralluogo dei tecnici del Segretariato si è ritenuto necessario avviare un intervento di somma urgenza per il quale è stato richiesto al superiore Ministero un finanziamento totale pari a 350mila Euro.
I lavori consistono nel rifacimento completo delle coperture delle cappelle absidali e nel consolidamento dei paramenti murari di quest’ultime.
A seguire, la parrocchia, grazie al sostegno dell’8 per mille, e con lo sperato aiuto della comunità, potrà procedere con un secondo lotto a completamento del consolidamento strutturale, delle coperture e del restauro delle strutture lignee interne. Ancora una volta una proficua e costruttiva collaborazione tra istituzioni pubbliche e private si rileva determinante nel trovare soluzioni a beneficio della conservazione del patrimonio culturale, importante testimone per la storia di una comunità e che rilancia interessanti prospettive per la valorizzazione presente e futura dell’intera città.

Nel Duecento veniva costruita la basilica di San Francesco

interno della basilica

La storia dell’antica basilica piacentina è piuttosto nota, dal cantiere tardo duecentesco, alla presenza, nel XV secolo, dello scultore lombardo Guiniforte Solari, ingegnere del duca di Milano, autore del portale tardogotico che si apre al centro della facciata, agli interventi della fase neogotica con Gianantonio Perreau alla fine dell’Ottocento.
Uno dei più recenti studi è la monografia promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano (1998) nel 720° di fondazione a cura di don Giuseppe Boiardi, con contributi, fra gli altri, di Carlo Bertelli, Paola Ceschi Lavagetto, Elio Garzillo, Antonella Gigli, Franca Iole Pietrafitta, Marcello Spigaroli. Da questi e da altri contributi si evince che la tipologia impiegata per la duecentesca chiesa non riflette quelle usate in ambito francescano, la chiesa a fienile o la chiesa suddivisa in tre navate con transetto e cappelle a terminazione rettilinea.
La peculiarità della chiesa piacentina consiste proprio nella disposizione planimetrica che ripropone, seppure in forme ridotte, un coro con deambulatorio e cappelle radiali. Si tratta di uno schema ad ambulacro presente solo nella basilica di San Francesco a Bologna (dal 1236), nella basilica del Santo a Padova, e nel San Lorenzo di Napoli (dal 1235). L’impianto della chiesa piacentina appare tuttavia una libera riproposizione del precedente modello felsineo, in cui lo schema dato dal coro allungato e circondato da deambulatorio e cappelle radiali in numero dispari, è ridotto qui a una sorta di ibridazione.
Le cappelle in San Francesco sono quattro e si impostano su assi leggermente divergenti da quelli delle navate. Tale impostazione è stata verosimilmente dettata dall’impossibilità di espandere la pianta dell’edificio. La chiesa sorge infatti su terreni ove si trovavano edifici preesistenti, e l’area riservata all’edificio sacro era perpendicolare all’asse viario prospiciente la Cattedrale, strada Dritta (attuale via XX Settembre). Il disegno del sito non avrebbe permesso né la costruzione di un transetto emergente in pianta, né la costruzione di cappelle radiali. Il progettista riuscì invece a introdurre una serie di accorgimenti ottici allusivi a una espansione centrifuga impossibile da realizzare.
La chiesa, divisa in tre navate da pilastri cilindrici, ha volte a crociera costolonate su pianta quadrata nella nave centrale, su pianta rettangolare, oblunghe in senso longitudinale, quelle delle navate laterali. L’unità modulare del quadrato organizza la superficie e si estende agli alzati: ai moduli corrispondono ben individuate porzioni dell’edificio in rapporto dimensionale tra loro e il ripetersi dei rapporti individua una regola di carattere proporzionale. Il criterio di composizione accomuna tutti gli edifici degli Ordini Mendicanti, ed è presente a Piacenza in S. Giovanni e in S. Lorenzo.
Nel deambulatorio sono presenti pilastri cilindrici e pilastri ottagonali. Nell’analisi degli elementi costruttivi, la chiesa piacentina non esibisce forti similarità con l’edificio bolognese, che tuttavia costituisce il modello ideale, assunto a ruolo per quanto riguarda la pianta e la strutturazione della zona absidale.
L’articolazione della parete interna, al di sopra dei pilastri, in tre fasce, rimanda alla tripartizione della navata centrale impiegata nelle chiese gotiche francesi, ma il sistema adottato a Piacenza non è assolutamente paragonabile a quello delle cattedrali gotiche perché la parete non perde la consistenza muraria e il suo spessore è ribadito dagli sguanci delle monofore. Ciò nonostante questo labile richiamo alla cultura architettonica gotica francese è indice di una precisa volontà da parte dell’Ordine o ricercato dal ceto mercantile piacentino in rapporto con le fiere della Champagne. Gli archi rampanti derivano direttamente dal cantiere francescano bolognese, sebbene a Piacenza siano documentati archi rampanti a quarto di cerchio nella cattedrale, già alla fine del Duecento.
Per quanto concerne la responsabilità progettuale di S. Francesco, allo stato attuale degli studi non si conosce il nome del progettista, e non è dato sapere se fosse una figura interna all’Ordine. È stato ipotizzato che all’interno dell’edificio non abbiano lavorato le medesime maestranze avvicendatesi dall’inizio alla fine come nel cantiere bolognese di S. Francesco.
La maestranza medievale possiede infatti precise competenze e conoscenze tecnologiche che le permettono di progettare e costruire possenti strutture e di coprire ampi spazi voltati, oltre a possedere un patrimonio lessicale che è significativa firma di autoaffermazione della maestranza stessa. L’analisi di alcuni dettagli costruttivi ha consentito di penetrare la cultura della maestranza attiva a Piacenza che nella progettazione degli spazi mostra due orientamenti: da una parte la conoscenza del metodo progettuale “ad quadratum”, e la conoscenza dei sistemi matematico proporzionali adottati nei cantieri degli ordini mendicanti, come hanno dimostrato importanti studi, dall’altro, l’adozione di prassi costruttive già sperimentate in ambito cistercense. I rapporti intercorsi tra edifici cistercensi e francescani tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo sono del resto ormai assodati.
Sulla base della più recente bibliografia, e sulla scorta di una cospicua e importante bibliografia riferibile anche a studiosi stranieri, sovente trascurati in sede locale da chi si è occupato del complesso in esame, è possibile argomentare sul ruolo e sull’importanza del complesso francescano nel sistema urbano del tempo. La costruzione della chiesa e del convento crearono un rivolgimento dell’equilibrio urbanistico cittadino. Nel 1281 si apre nei pressi dell’edificio francescano la piazza sulla quale si costruirà il Palazzo pubblico, sede della societas e delle magistrature comunali. Si trattava del nuovo centro politico ed economico, equidistante dalle preesistenti piazze del duomo e del Borgo. La localizzazione della chiesa, in rapporto all’intervento complessivo, è di grande importanza. I frati di S. Francesco occupano quindi una posizione privilegiata rispetto agli spazi pubblici ed anche in relazione agli altri insediamenti conventuali, rispettivamente tra i Domenicani a ovest, e gli Agostiniani a est. Solo nel Trecento si aggiungeranno, a nord, i Carmelitani. Se si osserva una planimetria della città, l’ubicazione delle chiese degli ordini Mendicanti è individuabile lungo una linea precisa che colloca al centro la chiesa di San Francesco. Si assiste cioè ad una accentuazione in senso centripeto della “forma urbis”, relazionata alle nuove emergenze architettoniche, le chiese dei Mendicanti e il Palazzo, e sulla loro dislocazione. Studi condotti su città del centro e del nord Italia, hanno sottolineato la logica distributiva di questi insediamenti: i conventi si collocano in momenti diversi, ma seguono tracciati dalla geometria certa. Quasi sempre il centro della figura coincide con un edificio istituzionalmente significativo, la Cattedrale, ma più frequentemente il palazzo della Ragione. Nel caso piacentino, le sedi dei tre ordini principali sono allineate lungo una linea tangente il Palazzo pubblico e orientata ovest-est, al centro della quale sta la chiesa di S. Francesco.
Decorata e arricchita di preziosi stucchi, dipinti e affreschi nel corso del Cinquecento e del Seicento, la chiesa piacentina è una delle più straordinarie testimonianze di architettura gotica dell’Emilia occidentale che conserva al proprio interno una ricchissima antologia plastica e pittorica dei secoli XVI, XVII e XVII, portato del concorso di artisti milanesi, genovesi, cremonesi e piacentini.

Pubblicato il 24 aprile 2020


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