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«Quei 9 mesi a letto, guardando il crocifisso»

gianni e rosanna gambino

Il letto 12, reparto di neurologia dell’ospedale di Piacenza, per Rosanna Marenghi Gambino è stata una seconda casa per nove mesi, dall’aprile al dicembre del 2006. Solo il fine settimana, per maggior cautela, veniva trasferita in area critica, così da essere monitorata 24 ore su 24. “Mi svegliavo e trovavo il crocifisso davanti a me. Una oss lo prendeva dalla mia stanza e faceva in modo che arrivasse dov’ero. Non glielo avevo chiesto, lei lo faceva di sua iniziativa. E poi mi chiedono dove vedo il buono nella mia situazione...”.
Rosanna è in sedia a rotelle ed è tracheotomizzata da vent’anni. Convive con una patologia degenerativa neuromuscolare rimasta a lungo senza nome, che le ha progressivamente attaccato le vie respiratorie. Se ha crisi forti, non parla. È stata costretta al silenzio otto mesi e i giovani della parrocchia della Santissima Trinità che ha visto crescere le hanno regalato un tablet, “così sono sempre in contatto”. Non si fa illusioni. “Il bello - dice - deve ancora venire”. Ma non ha perso né il sorriso né l’amore per la vita. Anche se ha dovuto imparare a dipendere dagli altri. Anche se non può più scorrazzare in bici e seguire i chierichetti. Anche se per uscire di casa, tra smontaggio e rimontaggio della carrozzina, discesa in ascensore, salita in auto, ci mette un tempo interminabile. “Gianni è la mia roccia”. Sono sposati da 49 anni, hanno avuto due figli, Alessandro, “nato in cielo la vigilia dell’Epifania del 2001, a 19 anni”, ed Elisa, infermiera, che sta per renderli nonni. In occasione della Giornata del Malato, che si celebra oggi, 11 febbraio, nella festa della Madonna di Lourdes, proponiamo la sua testimonianza.

Avevo paura di tutto
Rosanna è una giovane moglie quando crisi epilettiche ricorrenti la portano in coma, a 22 anni. “Aspettavo un bimbo, non lo sapevamo neppure noi”. All’ospedale di Pavia dov’è ricoverata tutti consigliano di abortire. “Non avevo la forza di oppormi. Aprivo gli occhi la mattina ed ero terrorizzata di star male. Sono arrivata ad avere 16 crisi al giorno. Mi dovevo imbottire di farmaci”.
Per questo Rosanna, oggi, a 68 anni, non ha dubbi. “Sono rinata molte volte”, ripete. “Mi avevano detto di scordarmi di diventare mamma. Ma il Signore con me è stato molto buono. Un medico di Milano ha trovato una terapia per tenere sotto controllo la situazione. Così è nato Alessandro. Però ero così debole che potevo tenerlo in braccio solo stando a letto. E avevo ancora paura di tutto”.

1984: quel vagito alla veglia pasquale
Alla notizia della seconda gravidanza, i medici storcono il naso. Che fare? “La sera di Pasqua del 1984 con Gianni entriamo in chiesa, alla Santissima Trinità. Era in corso la veglia. Noi eravamo in fondo e non vedevamo nulla. A un certo punto, ho sentito il vagito di un bambino, il primo ad essere battezzato quella notte: mi ha aperto il cuore. Ho chiesto al Signore di aiutarmi a portare a termine la gravidanza e io avrei battezzato nostro figlio la Pasqua successiva. Adagio adagio ho perso la paura delle crisi, la paura del futuro”.
A dicembre nasce Elisa. Quando Rosanna e il marito Gianni la primavera successiva si presentano in parrocchia per chiedere il battesimo, raccontano perché desiderano viverlo proprio la notte di Pasqua. È l’inizio dell’altra rinascita, nella fede, attraverso la riscoperta del loro battesimo con il Cammino neocatecumenale.

Prove su prove
Si innamorano della liturgia, Gianni si occupa del servizio all’altare, Rosanna segue i ministranti. Macina chilometri in bicicletta, non è ferma un attimo. Nel 2001, il primogenito Alessandro muore in un incidente stradale. Non è la sola prova. Nel 2005, si riaccende la malattia. Di punto in bianco, non è più in grado nemmeno di tirar fuori i panni dalla lavatrice. Le si chiude l’occhio sinistro. L’8 settembre ha una crisi respiratoria forte e viene tracheotomizzata. Fa tre mesi di ricovero. Prende la polmonite. Il 24 febbraio 2006 nuovo intervento di tracheotomia. “I primi tempi dicevo: tra poco me la toglieranno... Ora dico: Signore, finché vuoi tu. È una grazia, senza non potrei parlare”.

“So che mi ascolta”
Ad aprile 2006, un’altra botta: Rosanna è costretta a letto, immobile. Torna in ospedale. Ci starà fino al 5 dicembre. “Medici, infermiere, oss, i volontari dell’Avo e dell’Unitalsi: sono stati i miei angeli”.
E poi le visite dei fratelli e sorelle di comunità, dei giovani della parrocchia. La coppia che appena sposata piomba in ospedale a portarle il bouquet. L’assidua presenza dell’allora cappellano dell’ospedale don Giulio Cella. Don Carlino Tagliaferri che celebra in camera il rinnovo delle promesse di matrimonio. La radiolina per sentire la messa portata dal vescovo Monari, che al mattino presto, “in incognito”, faceva un giro a trovare i malati in ospedale. Si era fatta appendere con un adesivo un crocifisso di fronte al letto. “Ho iniziato a dialogare con Dio: allora - gli dicevo - come la mettiamo? E ho scoperto l’amore. Ho scoperto che sulla croce tutto è stato pagato, tutto. Mi sento molto fortunata perché sono molto amata”.
Anche adesso, che esce di rado, Rosanna ha conservato quello sguardo. “Vedi - fa segno con il dito - in linea d’aria lì c’è la chiesa, c’è il Santissimo. Se non posso uscire, guardo di là. E so che mi ascolta”.

Barbara Sartori

Nella foto in alto, Rosanna con il marito Gianni Gambino.

Pubblicato l'11 febbraio 2025

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