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Pensare contemporaneo, Zuppi: «La Chiesa non è neutrale, si schiera per la pace»

zuppi mentana


 
“La Chiesa non è neutrale, è schierata dalla parte della pace. La guerra non deve finire necessariamente con le armi, ci può e ci deve essere un’azione diplomatica. Dialogo non è sinonimo di resa: già i Romani arrivarono a capire che a vincere è il diritto, non il più forte. Noi dovremmo capire che non c’è solo la forza a nostra difesa, ma una comunità internazionale che ci garantisce”. Così il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana e inviato speciale della Santa Sede per le trattative diplomatiche nella guerra russa in Ucraina, ospite al Festival del pensare contemporaneo nella serata di venerdì 22 settembre nel salone di Palazzo Gotico in overbooking. Cinquecento posti a sedere più almeno duecento persone in piedi hanno occupato l’intero spazio del salone, più altre trecento che hanno seguito l’evento da uno schermo allestito in piazzetta Mercanti. Il cardinale Zuppi ha risposto alle domande del direttore del telegiornale di La7 Enrico Mentana.

Il dialogo per porre fine alla guerra
Per il presidente della Cei “una speranza c’è, per forza. La speranza è diversa dall’ottimismo – precisa – perché richiede un costo, un impegno, uno sforzo e una capacità di saper «mettere assieme». Se vigesse la regola che a vincere sia sempre il più forte vivremmo come «bruti». Già Dante capì che non è questa la missione per cui viviamo. In Ucraina c’è una sofferenza terribile, sento pudore anche a parlarne. Proprio per questo bisogna fare di tutto per trovare la pace e allo stesso tempo garantire la legittima difesa facendo sì che il dialogo possa risolvere la situazione”. Enrico Mentana ha ricordato come “dopo la Seconda guerra mondiale siamo cresciuti in un mondo di liberi e uguali, in cui l’idea della suddivisione per razze era ormai superata. L’idea della guerra non ci apparteneva più. Tutto questo è stato messo in discussione da un conflitto scoppiato nel centro dell’Europa, il primo dal 1939. A questo si aggiungono le vicende dei migranti, che ci fanno tornare ancora più indietro nel tempo”.

“Siamo sulla stessa barca”
“È facile che le posizioni si polarizzino – afferma il card. Zuppi – ma la polarizzazione riduce la capacità di entrare nella complessità dei problemi. Il cardinale Martini disse che la vera differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti. Quelli della mia generazione hanno sempre pensato che tutti i diritti acquisiti fossero dati per scontati, e noi non dovessimo fare nulla. Ma la «manutenzione» è fondamentale. Ci sfugge il concetto che siamo sulla stessa barca: c’è qualcosa che ci unisce tutti. I nostri padri avevano una spinta verso l’unità, credevano che di morti ce ne fossero stati già abbastanza. L’Europa è nata da quell’ideale. Noi oggi godiamo del fatto che non esistono frontiere, ma facciamo fatica a pensarci «insieme». E invece ogni tanto riappare addirittura il razzismo, e dovremmo chiederci come sia possibile. Se l’Europa non riscopre la necessità di guardare alle sue radici diventa un condominio. Il razzismo non è mai sconfitto, talvolta si ripresenta sotto forma di «goliardate», ma è pericoloso quando si assumono atteggiamenti razzisti e non si riconoscono”.

“La religione non è un fatto privato, va vissuta con una visione universale”
Sollecitato dalla domanda di Mentana, che gli chiede se ci sia in Europa un deficit di religione, il cardinale Zuppi risponde che “se la laicità significa che la religione è un fatto privato allora è pericolosa. Quando il papa fa l’appello per un amore politico e ci spinge a guardare la casa che abbiamo vicino non possiamo dire che non ci riguarda, non possiamo vivere la nostra fede in privato. La fede mi spinge a stare attento all’altra persona. Nell’enciclica «Fratelli tutti» il Papa dà del Cristianesimo una grande visione universale, invitandoci a pensarci insieme. Dunque, sì, abbiamo un deficit, che può essere colmato imparando a vivere da fratelli tutti”.


I cattolici in politica
“Fra le radici dell’Europa ci sono anche quelle cristiane. I fondatori dell’Unione europea erano tutti cattolici che avevano un ideale incredibile come quello di un’unione di Stati”. Dalle parole di Zuppi, Mentana intuisce una “nostalgia” di quando i cristiani erano impegnati in politica con strutture (partiti) di marcata ispirazione cristiana. “Quando hanno fatto politica, i cattolici non hanno mai smesso di essere cattolici – replica il cardinale –, ma il problema non è l’etichetta, bensì il contenuto. Dobbiamo riprendere una politica che sia davvero all’altezza di rispondere alle domande, sfuggire alla logica bulimica del consenso, dei sondaggi e dell’opportunismo. È un problema non solo dei cattolici. Siamo cresciuti con la militanza e finiti nella fluidità, disse una persona, oggi la fluidità si riflette anche nelle scelte della politica. Abbiamo la necessità di vivere la dottrina sociale della Chiesa, che ha in sé caratteristiche quali la gratuità e l’attenzione alla persona. Di non disperdere i valori fondamentali ma riviverli, interpretarli con la stessa capacità di guardare il futuro che hanno avuto i nostri padri, segnati dalla dittatura e dalla guerra. Fare cose più di sistema, non di piccolo interesse. C’è bisogno che l’istituzione funzioni”.

FOTO 5

Nella foto, il pubblico presente a Palazzo Gotico.



Molte guerre figlie della disgregazione dell’Urss
Un problema del mondo di oggi, secondo Enrico Mentana, è il passaggio “dall’impegno sociale all’impegno social, che ha distrutto il senso della socialità”. “Ognuno pensa dal suo divano di essere interconnesso, ma la solitudine produce solo la ricerca di un pensiero uguale al proprio. Si ha paura della diversità – afferma il giornalista – che ha fatto fermentare il progresso e il rapporto tra i popoli”. La guerra, evidenzia Mentana, “è successiva alla fine di un’altra religione, laica, il comunismo. Le guerre tra Serbia e Kosovo, tra Armenia e Azerbaijan e ora fra Russia e Ucraina sono figlie della disgregazione di una sovrastruttura (l’Urss, nda) che teneva tutti sotto: quando è finita, sono riemersi tutti gli odi che c’erano prima. Questo – prosegue il direttore del tg La7 – ci fa temere che lo stato di natura sia «homo homini lupus»: dalla mia parte la mia etnia, dall’altra i diversi, li attacco per paura che facciano del male a me”.

La democrazia bisogna alimentarla
“Mai pensare che la democrazia vada da sola, bisogna alimentarla”. Dopo la frammentazione dell’Unione sovietica, nei Paesi si sviluppò un forte senso nazionalista. Ma “chi comanda – ammonisce Zuppi – non è un nome, bensì la democrazia, che è da difendere perché permette di tenere insieme le nazioni. Non dobbiamo mai pensare che vada avanti da sola, dobbiamo impegnarci”. Mentana chiede se la ricerca di una tregua possa essere una strada utile. “Dobbiamo far capire agli ucraini che, quando ci si trova in difficoltà, la soluzione non è cercare nuove offensive. Loro pensano che se i russi hanno occupato il loro Paese, non se ne andranno”.

Francesco Petronzio

Pubblicato il 23 settembre 2023

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