Comunicazione ed educazione in famiglia
“L’impegno educativo dei genitori”: è il problema messo a tema nel primo incontro del ciclo “Comunicazione ed educazione in famiglia”, domenica 3 febbraio al circolo culturale “Incontriamoci” della parrocchia di San Vittore alla Besurica.
I prossimi appuntamenti si terranno domenica 10 e 17 febbraio, e saranno tenuti, come quello appena passato, da professori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Il primo a intervenire, la scorsa domenica, è stato Pierpaolo Triani, docente di pedagogia nelle sedi di Piacenza e di Brescia.
Un compito non certo facile quello dell’impegno educativo in famiglia, ma il prof. Triani ha saputo sintetizzare con efficacia anche i passaggi più complessi: “è necessario partire da tre premesse - ha iniziato -: innanzitutto bisogna distinguere generare da educare, perché l’educazione non è solo un fatto fisico, ma un processo complesso, di tipo psicologico, pedagogico e morale. Secondo, bisogna distinguere il ruolo di genitore dall’esercizio educativo di quel ruolo: un conto è essere coppia, un conto è essere genitori, soggetti educanti. Terzo: teniamo presente che l’esercizio della responsabilità educativa varia a seconda delle epoche e dei contesti culturali. Essere genitori oggi non è né più facile, né più difficile che nel passato, ma semplicemente diverso”.
Le parole-chiave dell’educazione. Sulla base di queste premesse il Professore ha dato una visione di come deve essere l’impegno educativo nella realtà di oggi, riassumendolo in 14 parole-chiave. Questi concetti però, hanno tutti un comune denominatore: “l’amore verso la vita che cresce - ha specificato - è alla base di qualsiasi azione educativa. Se non ci fosse questo, educheremmo solo per controllare (fateci caso: i genitori iniziano ad alzare la voce quando il bambino impara a camminare, per tenerlo sotto controllo). Ma l’educazione non è solo controllo, è controllo più desiderio del bene dell’altro”.
E riportiamo allora alcuni di questi concetti-chiave che possono aiutarci a vivere meglio l’impegno educativo.
“Innanzitutto l’educazione è un CAMMINO, non solo una crescita spontanea: oggi è molto forte l’idea di lasciare i figli liberi di esprimersi, ma educare non può essere solo guardare qualcosa che cresce, ci deve essere accompagnamento e guida da parte nostra. Per camminare con gli altri poi occorre FIDUCIA, e innanzitutto fiducia in noi stessi”.
“Altra parola importante - ha continuato - è DISCIPLINA: i bambini e i ragazzi ci disciplinano nel regolare emozioni e reazioni, e ovviamente noi dobbiamo disciplinare loro, porre limiti e regole (e se un genitore non dà regole il figlio se le prende da solo). Ma perché una regola abbia senso deve essere posta in una RELAZIONE: senza una relazione, un contesto in cui inserirla, una regola può apparire inutile; se ci fate caso, gli stili educativi più deleteri sono il lassismo (fai quello che vuoi) e l’autoritarismo (fai quello che dico io): cos’hanno in comune queste posizioni? Fanno fuori la relazione e infatti le usiamo quando siamo più stanchi e non abbiamo voglia di dialogare con l’altro”.
“L’educazione poi - ha continuato - è sì un confronto, ma a volte sarebbe meglio chiamarla LOTTA (chi ha figli adolescenti lo sa bene). Come in ogni conflitto è necessario allora sapersi riprendere, camminare insieme nonostante le divisioni, e poi questa è una lotta buona, perché costringe i figli a tenere conto che i genitori ci sono sempre, che a loro piaccia o no”.
“E infine - ha concluso - è necessaria COLLABORAZIONE, perché l’impegno educativo non è un’impresa solitaria, e richiede un sacco di risorse, impegno reciproco e condivisione di valori. A proposito: la pedagogia cristiana crede che la vita sia abitata da un bisogno d’amore che plasma le persone e le guida nell’educazione, arrivando alla fine ad affidare i figli a Dio, nel più grande atto collaborativo”.
Pubblicato il 5 febbraio 2019
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