Messa a suffragio di don Borea
È il 9 febbraio 1945, mancano poco più di due mesi alla fine della guerra. Dalle carceri di Piacenza un giovane sacerdote viene prelevato e condotto nel recinto del cimitero urbano. Il plotone di esecuzione della Repubblica sociale punta il mitra contro di lui, che stringe al petto il crocifisso e cade martire, benedicendo i suoi carnefici. Accade tutto in fretta, nel silenzio. La condanna a morte era scritta da tempo e a niente è servito il lavoro concitato di chi fino all'ultimo ha tentato di sventare il peggio. Chi predicava il vangelo e la pacificazione è stato ucciso, come sul Golgota, da soldati imbestialiti.
Quel sacerdote si chiama don Giuseppe Borea e non ha ancora compiuto trentacinque anni. In realtà ne dimostra molti meno. Ha un viso da bambino, l’aria timida e una grande bontà d’animo. Don Giuseppe è parroco di Obolo, frazione in Comune di Gropparello, da oltre un anno è anche cappellano della Divisione partigiana Valdarda. La sua storia personale si intreccia con i fatti della Resistenza in Italia al regime nazifascista e con le tante storie di uomini che proprio lui confessa, conforta, assiste nell'ora della prova.
Sabato 9 febbraio alle ore 9 nella chiesa di Santa Maria del Suffragio (cappella del cimitero di Piacenza) si terrà, a cura delle Associazioni partigiane e del comitato spontaneo che si è costituito per ricordarne la figura, la commemorazione dell'assassinio di don Giuseppe Borea.
Al termine verrà posta, a cura di ANPI e ANPC, una corona di alloro sulla tomba di don Giuseppe nella cappella funeraria del Pio Ritiro Cerati.
Pubblicato il 30 gennaio 2019
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