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In memoria di suor Leonella. La sua testimonianza fa ancora luce

leonella

Sono passati 19 anni ma suor Leonella Sgorbati, beata dal 26 maggio 2018, continua a vivere attraverso la memoria della sua testimonianza di amore e fedeltà a Cristo. Uccisa a Mogadisco – insieme alla sua guardia del corpo che tentava di proteggerla - il 17 settembre 2006, davanti all’ospedale pediatrico dove lavorava, la suora piacentina, missionaria della Consolata, è una martire che ha dato la vita per il Vangelo. Testimone del perdono e della fiducia verso i fratelli di ogni credo, il suo sì coraggioso a Cristo detto anche e, soprattutto, nella prova, è stato ricordato nella celebrazione liturgica svoltasi ieri, 17 settembre, nella Basilica di Sant’Antonino. Alla presenza di religiosi e religiose del territorio piacentino, ha presieduto la messa il parroco don Giuseppe Basini.

Non ho paura

A ricordare l’impegno della beata Leonella nel portare il lieto annuncio ai miseri e fasciare le piaghe dei cuori spezzati ci ha pensato la lettura tratta dal profeta Isaia, mentre dal vangelo di Giovanni la necessità di morire, in terra, per produrre frutto. “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!”. Parole che suor Leonella ha fatto sue.

Chiamati al martirio

Riprendendo il discorso di papa Leone - tenuto domenica scorsa nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura - in occasione della commemorazione dei martiri testimoni della fede del 21esimo secolo, don Giuseppe Basini ha ricordato quanto, ora più che mai, in un mondo di guerre e violenze, sia importante l’esempio dei martiri, uccisi nel corpo ma vivi in eterno. Come? Attraverso l’amore donato, la vittoria del bene sul male raggiunta e la speranza nutrita senza armi.

Santi qui e non altrove

“Anche noi dobbiamo imparare a non essere armati” esclama il parroco di Sant’Antonino. Un invito, il suo, a smettere di difendersi o attaccare di continuo nella vita quotidiana e nelle relazioni interpersonali. “Siamo tutti chiamati ad essere come il chicco di grano – continua – che deve morire per lasciare spazio alla parola del Vangelo”. La stessa esortazione che la suora della congregazione della Consolata rivolgeva alle consorelle, spronandole a vivere la santità nell’esatto posto in cui il Signore le aveva messe e non altrove. “La beata Leonella ci ricorda che dobbiamo farci santi lì dove viviamo, nell’avversità della nostra condizione di vita” dice nell’omelia don Giuseppe. Accomunati dalla figliolanza a Dio e dall’attesa di un tesoro prezioso in Cielo, è possibile dunque condividere un atteggiamento missionario nella vita di tutti i giorni.

La vendetta uccide, il perdono fa rinascere

“Perdono, perdono, perdono” sono state le tre ultime parole di suor Leonella che, in una grande fotografia accanto all’altare, appare con il viso radioso di chi ha trovato la propria ragione di vita. Quale? L’amore di Cristo, nella mitezza e nell’umiltà di cuore, vera forza di un uomo. Si può morire senza invocare vendetta, questo il lascito della suora piacentina, che alla domanda se sia possibile vincere il male senza uccidere il nemico ha risposto di sì. “Perdonare e lasciarsi perdonare – prosegue don Giuseppe - significa dare a se stessi la possibilità di una nuova vita”. Una nuova vita che ha il sapore, come ci testimonia suor Leonella, dell’immortalità.

Elena Iervoglini

Nella foto, la messa in memoria di suor Leonella.

Pubblicato il 18 settembre 2025

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