Festa della Madonna Assunta a Bobbio. Messa con il Vescovo
Bobbio celebra la festa dell'Assunta. La Concattedrale è al centro delle celebrazioni religiose in programma il 15 agosto. La presenza del vescovo mons. Adriano Cevolotto alla messa delle ore 18 segna il culmine della gloria di Maria Santissima.
La celebrazione eucaristica rientra nel cammino “Signore prendi di me” in preparazione alla beatificazione di don Giuseppe Beotti in programma il 30 settembre in Cattedrale a Piacenza.
Alrtre messe saranno celebrate sempre il 15 alle ore 9 nel santuario della Madonna dell'aiuto; alle ore 10 nell'abbazia di san Colombano e alle ore 11.15 in Concattedrale.
Il poema pittorico dell'Assunzione
Il primo novembre 1950 Pio XII con la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus proclamava solennemente il dogma dell’assunzione di Maria. Queste le parole centrali: «...definiamo essere dogma da Dio rivelato che l’Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla Gloria celeste in anima e corpo». Questa definizione è riproposta in latino a lettere cubitali lungo il coro della Concattedrale, quasi a fondamento dello splendido affresco di Francesco Porro che proprio sopra il coro inizia il percorso pittorico della glorificazione della Vergine Maria.
Il mistero dell’Assunzione riguarda anzitutto Maria, ma riguarda tutti, è il destino comune, l’anticipo del nostro futuro. Il prefazio della solennità così recita: «Segno di sicura speranza e consolazione, Maria risplende come primizia e immagine della Chiesa chiamata alla Gloria». Maria ci ha preceduti, come vera sorella è andata avanti; ma anche il nostro cammino è orientato, nella speranza, alla gloria. L’assunzione è la festa di Maria e dell’umanità. Nell’assunzione di Maria l’umanità intera è messa in condizione di scorgere il proprio destino.
Di seguito il commento di don Giuseppe Lusignani al poema pittorico della Concattedrale di Bobbio.
Dalla Terra al Cielo
Il fondale: un sepolcro vuoto, volti che cercano in basso, nella terra, quello che già appartiene al cielo. Quella stessa umanità, con i piedi, le ginocchia di quegli apostoli, tante volte afflitta e delusa, il cui volto irrimediabilmente ha i tratti della morte, guarda ancora una volta un sepolcro. Ed ancora una volta è stato aperto. Quell’umanità che ha partorito, dato alla luce “il sole” che poteva salvare le stelle, è ora a condividerne il destino, dono inatteso e, solo per questo, dono. Il corpo, la solidità della materia che dice il nostro legame alla terra, sale ora al cielo: un cielo non più nemico, un cielo non più giudice, un cielo non più cupo. Maria sale, mentre gli apostoli meravigliati guar dano chi a terra, chi al cielo. Ecco il mirabile accadere della novità inaugurata in quelle parole che tornano ad essere pro nunciate, quel “pace a voi” che riconcilia l’umanità e la divinità in colui che salva, nel Cristo che porta Dio all’umanità e, a un tempo, l’umanità a Dio. Questo è il luogo della terra. Lungo il perimetro absidale corrono i misteriosi eventi della vita della Vergine: la sua natività, il suo sposalizio, la visitazione (con quel sussulto di assenze che attestano una presenza, un imminente nuovo inizio), la presentazione al tempio. Raccolti in ovali dai toni blu e grigi, tenui citazioni di una vita, si legano, insieme al mirabile accadere dell’Assunzione, a noi, alla nostra umanità, alla nostra terra, rimandando, inespressamente, eppure evocativamente, al mistero della salvifica incarnazione, morte e risurrezione del Dio rivelato dal Redentore. Ed ora il cielo. Un rincorrersi di eventi in un’architettura che slancia il tozzo rinchiudersi delle basse volte dell’antica fabbrica della Cattedrale: archi e volte aperti, sfondati, panneggi svolazzanti come le ali di festosi putti che reggono il grave corpo di Maria, i cui occhi ancora una volta si colmano di gioiosa commozione per l’accadere di un mistero mai chiuso, pienamente soddisfatto, ma sempre da percorrere.
Nella Gloria
Nella successiva calotta Maria incontra, in un turbinio di nuvole e luce, la Trinità. Il Figlio, il suo Figlio: in lei concepito, tremante fidarsi di un sogno che diviene, che è realtà della vita che freme nel grembo; da lei nato e dinnanzi a lei adorato, schiudersi di una vita che, come sempre in ogni madre, è gioia e preoccu- pazione a un tempo (che ne sarà di questa vita in me originata? Domanda lapidaria e lancinante ad ogni nascita). Dinnanzi a lei morto, dolore invin- cibile per una madre che sopravvive alla vita da lei nata, dischiusa; per lei risorto, per tutta l’umanitàa portare Dio nel luogo di massima distanza da tutto e da tutti, la morte, perché la nostra umanità non sia sola, perché pos- sano essere asciugate le lacrime, perché torni la pace.
Il suo Figlio: dinanzi a lei, in una bellezza raggiante, eppure non acerba. Non la bellezza diun’inesperta adolescenza, ma di un maturo attraver- samento della vita e della morte: i segni della pas- sione su quel corpo chiaro, materia e luce insieme, storia e redenzione abbrac- ciate. Eccolo dinnanzi a lei, il Figlio. Con lui il Padre, antico vegliardo dallo sguardo compassio- nevole, ad accogliere colei che a nome di un’umanità capace di sperare, disse sì al suo disegno di salvezza, disegno che non chiude la libertà, ma dona senso alla libertà, in un atto creativo e redentore talmente gra- tuito, da avere il sapore dell’assurdo e del neces- sario a un tempo. Infine la colomba dello Spirito Santo: l’amorevole rela- zionarsi di Padre e Figlio.
Dal racconto alla memoria
Quell’incontro antico tante volte rappresentato nella storia dell’arte, della teologia, della devozione, ora si ripete: è l’incontro tra Maria e quel Dio che è amore, quel movimento che segna l’accadere di qualcosa, il divenire di qualcosa in Dio stesso. L’incarnazione del Figlio ad opera dello Spirito Santo avrà il tono profondo e commosso di quell’ “alzati” tante volte pronunciato nel Vangelo e rivolto all’umanità impastata nella polvere del peccato e della morte.
Ecco di nuovo quell’incontro che è gioia, pace, conciliazione, abbraccio del cielo con la terra, della divinità con l’umanità, della vita desiderante e della vita donata.
Ancora un pezzo di cielo. È il cielo nel transetto: nuvole, angeli, fiori... e un personaggio nuovo. La terra degli uomini viene presentata al cielo della Trinità. Una spirale con un vescovo (molto probabilmente uno dei committenti, che tende ad identificarsi con San Carlo, grande pastore della chiesa milanese, con il quale condivideva l’origine e la formazione lombarda), la Vergine, il Figlio, la Colomba dello Spirito Santo e il Padre. Tale spirale ascendente ricorda, per impostazione, la pala di quasi un secolo più antica, conservata sopra l’altare della chiesa di San Carlo al Corso a Roma. Opera del pittore Carlo Maratta per la chiesa romana della comunità lombarda, è probabilmente uno dei riferimenti a cui il Porro, lombardo, guarda nell’impostare il chiudersi del suo ciclo.
Il cammino della Vergine verso il cielo così non rimane senza conseguenze per l’umanità: essa ancora guarda alla terra che viene assunta con lei in cielo. Ecco dunque il perché del suo abito: all’inizio rosa, tende a schiarirsi fino a divenire bianco nell’incontro con la Trinità, per tornare rosa nel suo intercedere per la terra presso un cielo innamorato di questa stessa terra.
Infine la parete di sinistra del presbiterio. Un grande medaglione dice ancora la terra: la Vergine Madre con il suo Figlio Bambino. Non un merito, ma un dono. Inatteso, insperato, e, a un tempo, annunciato, promesso. Con lui l’ultimo di coloro che ne hanno desiderato, annunciato l’arrivo: San Giovanni Battista ancora bimbo, San Giovannino. Presenze preziose in questa terra disperatamente capace di speranza: la serenità preoccupata di una madre, la spensieratezza di un figlioletto, il mistero destinale di una libertà che abbraccia la vita e la morte per essere vita una volta per tutte.
Ecco la grande macchina scenografica in cui accade la celebrazione dell’Eucaristia, in cui solo l’agire, solo la fede in atto rende sperimentabile e comprensibile la Parola di Salvezza annunciata.
Il desiderio di vedere di più in un mirabolante inseguirsi di colori forse dovrebbe lasciare spazio alle sensazioni e alle emozioni che, toccando il cuore con una bellezza affascinante, schiudono gli affetti e la mente alla novità già conosciuta, eppure sempre consolante, di un cielo che, aprendosi abbraccia la terra.
Scenografia profondamente legata all’accadere e al vivere, oggi rivive e ci fa rivivere, nello splendore della vitalità ritrovata, del tempo che non vince una storia di salvezza, ma vi scorge il dono del senso del proprio accadere. Ecco il ciclo dell’Assunta di Francesco Porro nella Concattedrale di Bobbio.
Pubblicato il 14 agosto 2023
Ascolta l'audio