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Parenti e amici dei missionari piacentini hanno dato il benvenuto a don Mosconi

foto di gruppo missionari

“Uomini di Chiesa, restituiteci Gesù Cristo!”: sono le parole del filosofo francese Roger Garaudy, citate da don Luigi Mosconi nell’incontro l'incontro dei parenti dei missionari, del 18 giugno, nel Seminario di Via Scalabrini di Piacenza, coordinato da don Giancarlo Dallospedale, direttore del Centro missionario diocesano. L’evento ha riunito i familiari dei missionari piacentini, tutti gli amici delle missioni, ed ha celebrato il ritorno in Italia di don Luigi. La chiave centrale dell’intervento di don Mosconi è stata proprio l’importanza di non vivere un cristianesimo senza Gesù.

Don Mosconi: 56 anni in Brasile

Ordinato sacerdote a Piacenza nel 1964, Luigi Mosconi è partito come fidei donum per il Brasile nel 1967. In trent'anni di presenza nelle diocesi del Nordest e del Nord ha avviato numerose Comunità ecclesiali di base (CEB), dedicandosi in seguito alla formazione degli animatori di esse. Dal 1990 si è impegnato nelle missioni popolari, che fanno delle CEB centri di irradiazione del Vangelo. Il 23 novembre 1967, don Luigi Mosconi e don Virgilio Zuffada si imbarcarono a Genova in direzione Brasile per quella che sarebbe stata una delle prime partenze di preti diocesani come missionari fidei donum. A inviarli ufficialmente era l’arcivescovo mons. Umberto Malchiodi, dopo che nel ‘64, in pieno Concilio Vaticano II, avevano preso la via dell’America Latina don Giuseppe Castelli e don Pietro Callegari.
“Prima di partire - ha affermato don Mosconi - io e don Virgilio abbiamo scritto una lettera a tutta la diocesi. C’era, in quel tempo un gran fermento missionario, ed abbiamo cercato di coinvolgere l’intera chiesa di Piacenza. Don Virgilio, dall’animo buono e gentile, ora è in cielo che ci attende. Durante il lungo viaggio, quando l’ho visto, sulla nave, piangere come un bambino, ci siamo fatti coraggio a vicenda ed abbiamo iniziato insieme una grande avventura”. Don Luigi, dopo 56 anni, è tornato a Piacenza e l’incontro in Seminario ha voluto celebrare questo momento.

L’impegno per le missioni popolari

“Il mio impegno pastorale in Brasile - ha commentato don Mosconi - era dedicato alle missioni popolari e più di 100 diocesi hanno aderito a questo servizio in cui mi sono buttato anima e corpo. Adesso lasciare il Brasile è un po’ una sofferenza, ma nessuno è insostituibile, ed ora sono qui a Piacenza, contento e aperto ad ogni evenienza. La situazione - ha aggiunto - oggi in America Latina è sottoposta a grandi sfide sociali, politiche e religiose. Secondo me è necessario sognare alla grande, ma con i piedi per terra. Ci sono delle belle prospettive e delle speranze, ma credo che la formazione di base, dal punto vista cristiano, sia fondamentale. Dopo 56 anni e dopo aver vissuto tante esperienze, - ha detto don Luigi - sono giunto alla conclusione che bisogna essere persone vere, fondate su Gesù di Nazareth che ha dato all’uomo il modo più autentico di vivere l’esistenza. Quindi solo la proposta del Regno di Dio, è certezza di speranza per tutta l’America Latina. Oggi purtroppo - ha puntualizzato Mosconi - ci sono tante fake news, anche all’interno delle stesse chiese cristiane, intorno a Gesù. Ma bisogna ritornare al centro della missione che non è fondata sulle nostre persone, ma veramente su Gesù di Nazareth”.

La presenza di Piacenza in Asia

Anche padre Francesco Rapacioli, 60 anni di Piacenza, medico e missionario del Pime, ha portato la sua testimonianza. Rapacioli è partito nel 1994 per l’India, è stato poi, dal 1997 al 2011 in Bangladesh, dopo un servizio al Pime in Italia, nel 2018 è ritornato a Dacca in Bangladesh dove risiede.
“La riforma del Pime, - ha affermato - in atto in questo periodo, si è incentrata sulla parola contrazione: siamo presenti in 19 paesi di tutti i continenti ed ora, a livello generale, ci siamo ristretti ad 8 nuove regioni e, da qualche mese, sono diventato responsabile di una di queste che include l’India e il Bangladesh.
È un servizio - ha proseguito Rapacioli - molto stimolante e interessante, mi occupo, facendo spola tra India e Bangladesh, del benessere dei missionari. Come medico mi sono anche concentrato, nei precedenti incarichi, sulle dipendenze che affliggono il continente asiatico. Ci sono dipendenze, di tutti i tipi, con qualsiasi sostanza, in città come nei villaggi, di ricchi e anche di poveri. È un fenomeno diffusissimo e devastante - ha raccontato il missionario - con tante situazioni croniche e senza vie d’uscita: persone che non riescono a lavorare o interrompono gli studi; genitori che non sono più in grado di occuparsi delle famiglie; figli che si allontanano… Un disagio enorme per i singoli e per la società”.

Apriamo porte e finestre

Padre Romano Segalini, classe 1943, nato a Rivergaro ma podenzanese di adozione, anch’egli presente al convegno, è missionario comboniano in Congo, nell’area nord-orientale, periferia dello Stato africano ricchissimo di risorse naturali e materie prime, dove a Dondi, piccola città, ha fondato il Centro di formazione pastorale e sociale Paolo VI, un luogo in cui viene offerto a molti un percorso scolastico, professionale e spirituale.
Partito per l’Africa nel 1976, Segalini ha raccontato, con un po’ di sofferenza, che la congregazione dei Comboniani, di cui fa parte, si sta ritirando dal nord-est del Congo e si sono chiuse una decina di missioni.
“Eravamo in due presbiteri - ha detto padre Romani - ed ora sono solo a guidare il centro Paolo VI. Sono tornato in Italia, in questi giorni, per fare un por di “revisione del motore” e rimettermi in salute”.
Accorato è stato l’appello di padre Segalini alla diocesi di Piacenza-Bobbio: “Creiamo un gemellaggio per favorire una continuità del mio lavoro. Apriamo porte e finestre perché i piacentini aiutino a continuare l’opera che ho iniziato a Dondi”.

Don Carlo e l’amore per la Bibbia

Don Carlo Roberti, in Italia in questi giorni in visita alla famiglia, è stata l’altra presenza significativa di questo incontro. Don Carlo è stato, per molti anni, missionario a Teresina nel Piauì del Brasile. “Abbiamo, da giovani sacerdoti, lavorato insieme a Bedonia e don Carlo è partito nel 1981, due anni dopo di me, per il Brasile”: così lo ha presentato don Dallospedale. “Attento studioso - ha proseguito - è stato, per la formazione biblica, un ottimo professore al seminario di di Sâo Luis, nello stato dello Maranhâo, ed ha svolto anche dei corsi biblici per varie comunità. Adesso da un po’ di tempo, per problemi di salute, si è ritirato e si trova alla Casa dos Padres a Boa Vista, capitale dello Stato di Roraima”. Nel meeting, in cui si è respirata la bellezza della fraternità, don Giancarlo Dallospedale ha sottolineato l'importanza di sostenere i missionari. L’evento, al Seminario di via Scalabrini, è stato quindi un richiamo allo spirito di solidarietà e di amore universale, ed ha unito i cuori in un abbraccio che attraversa i tutti i continenti.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 19 giugno 2023

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