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Mario Branca: percepire nella vita l’Assoluto

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Nell’evento multimediale di storytelling, dell’11 aprile, organizzato dai Servizi Multimediali della diocesi di Piacenza-Bobbio e curato dalla giornalista Barbara Tondini, lo scultore Mario Branca ha condiviso le proprie riflessioni sulla scultura e sulla vita. Nato a Milano nel 1977 e laureato all'Accademia di Belle Arti di Brera, Branca ha parlato del suo approccio alla scultura, un'arte che pratica tra Piacenza e Milano, spesso lavorando direttamente con i metalli per creare sia sculture monumentali per spazi pubblici sia opere di dimensioni minori, notevoli per la leggerezza delle linee e i cromatismi.

Imparare dalle mani

Branca ha evidenziato come le mani siano centrali nel suo lavoro e nella percezione artistica in generale, descrivendole come un ponte tra il mondo fisico e quello delle emozioni e delle sensazioni. Il dialogo con Tondini, svoltosi nel suo studio di Piacenza, si è incentrato sull'importanza della fisicità nell'arte, contrastando l'idea di una separazione netta tra mente, corpo e spirito tipica della cultura occidentale. Branca ha espresso un profondo legame con l'arte come mezzo per esplorare e comprendere la realtà, sottolineando come la scultura possa essere un potente strumento di comunicazione e conoscenza.
Ispirandosi al brano di Vangelo dell’episodio di Emmaus e all’espressione “le mani che spezzano il pane”, Branca ha sottolineato l’importanza di veder nascere un'opera attraverso le proprie mani. “Noi percepiamo - ha detto lo scultore - attraverso la fisicità, le mani raccontano… Pensando alle mani di un gran lavoratore che è stato mio papà, lui toccava e attraverso le mani, attraverso quindi questa percezione che aveva dei materiali, imparava un sacco di cose e conosceva. Per cui le mani - ha aggiunto - sentono la temperatura, possono strappare, spezzare, possono accarezzare, quindi ci sono tutta una serie di sensazioni che sono estremamente corporali e estremamente didattiche per la nostra memoria, per la nostra esperienza… Le mani possono, hanno la possibilità continuamente di imparare”.

Il momento della sosta

Riflettendo sul brano dei discepoli di Emmaus, Branca ha poi evidenziato il momento della sosta, il fermarsi, un'altra condizione imprescindibile nella vita.
“Se ci penso - ha affermato lo scultore -, una di queste soste è stata il 2020 con la pandemia, proprio il momento in cui abbiamo dovuto sostare, e c'è stata la grande possibilità, la grazia di rimetterci di fronte al percorso che stavamo facendo per riiniziarlo, ricominciarlo con una nuova spinta. Questo percorso ha aperto il mio sguardo a qualcosa di nuovo, qualcosa di bello, però sempre partendo da me.

Tutto è religione

Fare arte significa anche - per Branca - sapere legare tutto quello che succede, e questo legare è anche qualcosa che c'entra con la parola religione. Questo modo di fare arte, è il mio modo per conoscere la realtà, quindi conoscere le persone che mi stanno vicine, e che mi accompagnano in questo mio viaggio e conoscere me stesso”. Attraverso aneddoti personali e riflessioni sulla propria carriera e sulle tecniche scultoree, Branca ha messo in luce come l'arte sia un continuo apprendimento e un'introspezione, spesso influenzata dalla memoria che agisce come catalizzatore di emozioni e pensieri. Ha inoltre sottolineato come l'arte possa collegarsi a temi più ampi, come la religione e la spiritualità, senza necessariamente rappresentare immagini sacre.

Radura

Ha parlato poi del rito dell’appello con i suoi studenti dell'Accademia di Belle Arti che ha chiamato “radura”. “Ogni giorno all'inizio della lezione - ha detto lo scultore - si legge una frase, una frase che c'entra con noi, con noi creativi, che ci permetta di entrare in profondità e di cominciare a relazionarsi, a relazionarci con noi stessi e con gli altri. È come se in qualche modo si cominciasse, attraverso questi piccoli riti, a fare un percorso in un prato: allora si schiaccia l'erba, una volta, due volte, tre volte, quattro volte e si apre un sentiero. Quindi è questa possibilità di aprire un sentiero che porta da me a te, da altre persone, che ci fa riconoscere come piccolo gruppo, parte del gruppo più grande dell'umanità”.

L’immagine della primavera

Infine, Branca ha concluso lo storytelling con l’immagine del cinguettio degli uccelli, con i profumi che si sentono a primavera. “La bellezza della natura - ha rimarcato l’artista - mi fa venire in mente che esiste un assoluto percepibile, è ancora un posto dove si può fare esperienza di sé e degli altri, cioè che esiste questa casa comune. Rappresentare questa sinfonia di suoni, quindi l'acqua che scorre, gli uccelli che cantano, il vento che soffia, si parla di Dio, di un qualcosa che è ineffabile ma nel quale si è immersi, si viene investiti di questa presenza…”.

Riccardo Tonna

Nella foto, la giornalista Barbara Tondini con lo scultore Mario Branca.

Pubblicato il 12 aprile 2024

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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