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Il carisma di Igino Giordani

foco

Unità e pace, questi furono gli ideali di Igino Giordani, scrittore, giornalista e politico italiano di spicco negli anni del Dopoguerra, marito e padre, soprattutto cristiano.
La sua figura, nota al Movimento dei Focolari di tutto il mondo, è di forte impatto anche per chi finora non ne aveva approfondito la conoscenza.

Sabato 15 dicembre è stato dedicato a lui un incontro al Seminario vescovile di Piacenza con Alberto Lo Presti, docente di dottrina sociale della Chiesa alla Lumsa di Roma e di teoria politica all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (Firenze), direttore della rivista trimestrale “Nuova Umanità” e del Centro Studi “Igino Giordani”, massimo conoscitore della figura del fondatore, insieme a Chiara Lubich, del Movimento dei Focolari.

La non violenza come stile di vita

Igino Giordani, nato a Tivoli (Roma) nel 1894, era uomo di pace per stile e per nascita, e lo era perché credente in Cristo; dunque non una mera ideologia, la sua, ma la tendenza (meglio: la chiamata) ad aderire a Cristo incarnando Lui.
“Giordani fu chiamato alle armi nel 1915 – spiega il prof. Lo Presti – come sottotenente alla brigata Piacenza e decise subito che non avrebbe mai usato il fucile che aveva in dotazione. Il suo pacifismo non era una conseguenza dell’aver visto gli orrori della guerra, come capitava a tanti, ma dal sapere e credere che l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio. Di conseguenza, se spari ad un uomo, spari a Dio”.

In trincea Giordani rimane solo sette mesi perché viene ferito gravemente durante un’azione che gli varrà la medaglia d'argento, oltre al congedo anticipato.
“Fu mandato allo sbaraglio fuori dalla trincea da due superiori che litigavano e volevano dimostrare ognuno le proprie ragioni – racconta Lo Presti –. Scelsero il giovane sottotenente e la sua truppa per un’azione molto rischiosa durante la quale, infatti, rimasero uccisi in molti, colpiti dal nemico con raffiche immediate. Giordani venne creduto morto; solo un ufficiale medico si accorse che invece era ancora vivo, sebbene incosciente, e lo soccorse”.
I postumi della ferita si fecero sentire durante tutta la vita del coraggioso giovane militare che li accettò come un’unione alle sofferenze di Cristo.

Politica e non solo

La carriera politica di Giordani inizia nel 1946 all’Assemblea Costituente e prosegue nel 1948 quando viene eletto come deputato al Parlamento italiano.
In settembre di quell’anno conosce Chiara Lubich e, dopo un iniziale scetticismo, capisce di aver trovato ciò che da sempre cercava, ossia il modo per tradurre il suo impegno religioso come laico in qualcosa di più profondo.

Il nuovo nome che si attribuisce per manifestare la sua nuova nascita nello spirito è “Foco”, cioè fuoco, a testimoniare l’amore verso Dio e verso il prossimo che gli ardeva nel cuore.
“Come parlamentare – fa notare Lo Presti – fu antesignano nel parlare di Europa unita. Diceva che i confini diventano, ad un certo punto, come i vestiti addosso ad un bambino: stringono”.
Igino Giordani inizia a parlare di federazione europea già nel 1924 e quando, nel 1949, in Parlamento si discute del Patto Atlantico, lui ripropone la sua idea di un’Europa unita fino agli Urali, ossia fin dove è arrivato il Vangelo. “Le radici cristiane dell’Europa sono innegabili per Igino Giordani – spiega Lo Presti – e, più tardi, anche Giovanni Paolo II affermerà questo".

Uomo del dialogo

“Come direttore di diverse testate giornalistiche – prosegue il prof. Lo Presti – Giordani avvia un dialogo con il direttore del quotidiano L’Unità attraverso uno scambio di editoriali. Era profondamente convinto del ruolo della democrazia per salvare la pace e del fatto che occorresse partire da ciò su cui si era veramente d'accordo”.
“Ma non solo l’Europa unita, coesa e pacifica – conclude Lo Presti -, l’unità dev’essere con tutti i popoli della terra: questo era nelle intenzioni di Giordani. Penso che occorra partire da lui come da un trampolino per realizzare una vera unità tra i popoli”.

Cinzia Trevisan

Pubblicato il 18 dicembre 2018

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  • In Cattedrale è stato ricordato il beato Secondo Pollo

    pollo

    Lunedì 26 dicembre il vescovo mons. Adriano Cevolotto ha presieduto la messa in Cattedrale a Piacenza nella memoria del beato Secondo Pollo, cappellano militare degli alpini. Vi hanno partecipato i rappresentanti delle sezioni degli Alpini di Piacenza e provincia e i sacerdoti mons. Pierluigi Dallavalle, mons. Pietro Campominosi, cappellano militare del II Reggimento Genio Pontieri, don Stefano Garilli, cappellano dell'Associazione Nazionale degli Alpini di Piacenza, don Federico Tagliaferri ex alpino e il diacono Emidio Boledi, alpino dell'anno nel 2019.
    Durante la Seconda guerra mondale, il sacerdote parte per la zona di guerra del Montenegro (Albania), dove trova la morte il 26 dicembre dello stesso anno, colpito da fuoco nemico mentre soccorreva un soldato ferito. 
    Originaio di Vercelli, fu beatificato il 24 maggio 1998 da papa Giovanni Paolo II. 

    Nella foto, il gruppo degli Alpini presenti in Cattedrale con il vescovo mons. Adriano Cevolotto.

    Pubblicato il 27 dicembre 2022

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