Il gesuita Riggio a Cives: «Senza partecipazione e conflitto sano, la democrazia va in crisi»

“Una democrazia è apprezzabile solo quando è al servizio della persona: l’attenzione al singolo è stata una guida anche per i cattolici che hanno fatto parte dell’Assemblea costituente”. Sul legame tra Chiesa e democrazia si è fondato l’intervento del gesuita Giuseppe Riggio, direttore della rivista Aggiornamenti sociali, ospite del corso di formazione Cives “Democrazia vs Autocrazia” nella serata di venerdì 21 novembre nella sede piacentina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
L’attenzione al singolo
Il “personalismo” come condizione per una “buona” democrazia appare evidente nel messaggio di papa Pio XII in occasione del Natale del 1944, in piena Seconda guerra mondiale. “La forma democratica di governo apparisce a molti come un postulato naturale imposto dalla stessa ragione. Quando però si reclama «più democrazia e migliore democrazia» una tale esigenza non può avere altro significato che di mettere il cittadino sempre più in condizione di avere la propria opinione personale, e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune”, affermò il pontefice. “Questa insistenza sul cittadino – ha spiegato Riggio – è perché nel pensiero cattolico l’attenzione alla persona è un principio cardine. In questo modo, Pio XII ha sottolineato che una democrazia non è apprezzabile sempre, ma solo quando è al servizio della persona. È una critica ai regimi totalitari, dove il singolo sparisce e l’unico spazio è occupato dallo Stato e dalla sua ideologia”.
Chiesa e democrazia
Prima dell’inizio dell’incontro, i corsisti sono stati invitati a rispondere alla domanda “La Chiesa è garante della democrazia?”. È stato ricordato l’impegno dei cattolici per costruire la democrazia durante e dopo la Seconda guerra mondiale, l’apporto alla Resistenza e alla stesura della Costituzione italiana. “Non sempre la Chiesa ha sposato la democrazia”, ha affermato il gesuita. Una svolta si è avuta con la costituzione pastorale Gaudium et spes, documento chiave del Concilio Vaticano II, promulgata nel 1965 da papa Paolo VI. “Bisogna leggere il contesto per poter incarnare lo sguardo, ha sottolineato Riggio, è apparso chiaro che i regimi improntati al rispetto delle regole democratiche erano quelli più adatti a realizzare quello che sta più a cuore nella visione della Chiesa come bene dell’individuo”.
Dalla democrazia del passato allo Stato sociale
Nell’enciclica Centesimus Annus del 1991, Giovanni Paolo II sosteneva che “un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l'educazione e la formazione ai veri ideali, sia della «soggettività» della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità”. Riggio ha evidenziato il valore del “patrimonio condiviso” e della “cura”. “Questo patrimonio non può mai essere dato per scontato”, ha detto. La democrazia che conosciamo oggi, come è stato ricordato, non è uguale a com’era nel passato. “Solo nel Novecento ha assorbito i diritti civili, al welfare, a tutto ciò che permette una vita insieme. Uno Stato sociale”.
Democrazia in crisi
Priorità fondamentale, secondo la visione cristiana, è la partecipazione. “La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governanti, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno”, affermava papa Wojtyła nella Centesimus Annus. “Oggi la democrazia è in crisi – ha osservato Riggio – soprattutto perché abbiamo pensato fosse arrivata alla sua realizzazione ultima e non fosse più necessario prendercene cura. Invece la democrazia ha bisogno di avere una costante manutenzione, di essere rinvigorita. Abbiamo perso fiducia nell’efficacia della nostra partecipazione e non crediamo più che le decisioni della politica possano giovare alla nostra vita. Forse i politici hanno smesso di creare le condizioni affinché ci sia una vera partecipazione, ma probabilmente anche noi non le stiamo cercando. Ma partecipare è un elemento fondamentale, la nostra azione può cambiare le agende dei governanti”.
Giustizia sociale come obiettivo
La partecipazione politica deve mirare alla “giustizia sociale”. Nel discorso tenuto ad Atene il 4 dicembre 2021, papa Francesco riprese le parole di Alcide De Gasperi in un discorso del 1949 a Milano. “Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale”, disse l’allora presidente del Consiglio dei ministri. Per far funzionare una democrazia, ha detto il gesuita, non deve mancare un conflitto sano. “Con un’accezione positiva – ha precisato – per cui se non andiamo d’accordo parliamo per cercare una soluzione. Bisogna fare una distinzione tra conflitto e guerra: il primo non vuole cancellare chi la pensa diversamente, la seconda vuole eliminarlo o renderlo schiavo. Una società non conflittuale è una società già morta”. Dunque, recuperare il dialogo per dirimere i conflitti e superare gli ostacoli, passare “dal parteggiare al partecipare”, per usare le parole di papa Francesco, dal «fare il tifo» al dialogare”.
Francesco Petronzio
Pubblicato il 22 novembre 2025
Nella foto, il gesuita Giuseppe Riggio nel suo intervento a Cives.


