La libertà religiosa in un convegno di Alleanza Cattolica
Sabato 27 settembre si è tenuta al PalabancaEventi di via Mazzini una giornata di lavori promossa da Alleanza Cattolica dal titolo “La libertà religiosa: storia e problemi di un principio della dottrina sociale della Chiesa”. Il convegno si è aperto con i saluti istituzionali e la presentazione dell’autorità da parte del moderatore Lorenzo Cantoni. Era presente il consigliere comunale dottor Sandro Spezia, il quale ha sottolineato un punto di convergenza tra la dichiarazione Dignitatis Humanae - documento del Concilio Ecumenico Vaticano II - e l’articolo diciannove della nostra costituzione. È seguito un messaggio del vescovo Adriano Cevolotto, che ha poi presieduto la messa conclusiva del convegno, tenutasi nel pomeriggio in Duomo. “È maturata la consapevolezza della Chiesa – ha asserito il Vescovo - che la sua attività diplomatica non può e non deve limitarsi alla tutela, pur determinante, della libertà religiosa dei cattolici e in generale di tutti gli individui”. Infatti, “uno dei frutti del cammino della Chiesa, il Concilio Vaticano II, si è espresso con puntualità in merito nella dichiarazione Dignitatis Humanae, promulgata il 7 dicembre 1965, riconoscendo il diritto universale di ogni essere umano di poter esprimere la libertà sociale e civile in materia di religione”.
Ricordando Giovanni Catoni
Lorenzo Cantoni, professore ordinario all’Università della Svizzera Italiana, ha ricordato come la vita del padre Giovanni, fondatore di Alleanza Cattolica, nonché scrittore, traduttore e apologeta, sia stata attraversata da un fil rouge, ovvero “una forte istanza di riflessione sulla giustizia, secondo il principio di «a ognuno il suo»”. Chiaro il rimando, dunque, al ventesimo capitolo del Vangelo di Luca e ai passi paralleli del Vangelo di Marco e del Vangelo di Matteo: “rendete dunque quello che è di Cesare a Cesare e quello che è di Dio a Dio”. La giustizia per Giovanni Cantoni è indissolubilmente legata alla parresia, cioè al diritto e al contempo dovere morale di affermare la verità, come già ricordato da Papa Francesco, e al tema dell’umiltà.
La corretta interpretazione della Dignitatis Humanae
Nei contributi successivi è tornato come leit motiv il tema della corretta interpretazione della Dignitatis Humanae. A questo proposito, è intervenuto anche Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, il quale ha offerto un excursus storico, nel quale ha tracciato il percorso di Giovanni Cantoni nel panorama cattolico del secolo scorso. Infatti, “il vero motivo della rottura tra Chiesa e sistema tradizionalista fu il tema della libertà religiosa”. Se fino alla seconda metà del XVI secolo, “il cristianesimo è la religione della libertà per eccellenza, fondandosi su quel se vis, «se vuoi»”, la pace di Augusta del 1555 determina la fine della libertà religiosa con il principio «cuius regio eius religio» («di chi è la regione, di lui la religione») e la nascita degli stati confessionali. Di conseguenza, “il laicismo ottocentesco è la risposta sbagliata al problema di uno Stato che usa la Chiesa”, e in reazione a esso nascono i primi movimenti cattolici. Sarà Benedetto XVI in un discorso alla curia romana pronunciato nel 2005 a offrire la corretta lettura del Concilio e a parlare di “un nuovo progetto di ri-evangelizzazione”. Cantoni, animato dal suo sensus ecclesiae, comprende che il documento conciliale sostenga che “la Chiesa non possa non affermare che Cristo sia l’unico Salvatore e che la libertà religiosa sia una forma di immunità dallo Stato”.
Un diritto per tutti
La professoressa Claudia Navarini, docente ordinaria di Filosofia Morale presso l’Università Europea di Roma, ha ripreso il filo del discorso, adducendo tre motivi filosofici che giustifichino la tutela della libertà religiosa, da non intendere come “equivalenza tra tutte le religioni e appiattimento di ogni specificità”. Afferma Navarini che “l’uomo compie atti spirituali come la creazione di concetti ed è perciò trascendente”: dunque, “per natura, l’uomo coglie Dio o forse, come diceva Sant’Agostino, è Dio ad aver introdotto nell’uomo quest’inquietudine che lo porta a cercarLo”. In secondo luogo, “l’uomo compie scelte autodeterminate e tra queste vi è la scelta di un credo”, proprio in nome di quella ormai nota libertà religiosa. Infine, Navarini pone l’accento sulla necessità di rispettare chi predilige un altro percorso spirituale: questo rispetto è giustificato dal riconoscere “una sacralità che è dovuta a qualsiasi ricerca della verità” e dal comprendere che “evangelizzazione non è imposizione”.
La professoressa Geraldina Boni, docente ordinaria di Diritto Canonico, Diritto Ecclesiastico e Storia del Diritto Canonico presso l’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, ha invece messo in luce come un’errata comprensione della Dignitatis Humanae sia concessa alla luce di una commistione tra morale e diritto. Per la prospettiva secolarizzata – ha ribadito Boni – la coscienza è opinione, mentre per la Chiesa, come ribadiva nel 1986 San Giovanni Paolo II nell’enciclica Dominum et Vivificantem, è “obbedienza nella norma oggettiva”. Come indica il sottotitolo del documento, la libertà religiosa è quindi un diritto inalienabile non dato dallo Stato e di tutti, anche di coloro che non agognano alla verità: infatti, sebbene “nella dichiarazione si persiste ad affermare in modo chiaro che sul piano morale sussiste l’obbligo per ogni uomo di cercare di seguire la verità”, “essa, però, - come si precisa nel Proemio – non si impone che per la forza della verità stessa”. In conclusione, come scriveva Giovanni Cantoni, “se la libertà venisse tutta dalla fede, con quale libertà l’uomo crederebbe?”.
Marianna Porcari
Nelle foto, i relatori nei loro interventi.
Pubblicato il 29 settembre 2025
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