«Chiamati due volte». La memoria dei martiri d’Algeria al Meeting di Rimini
Al Meeting di Rimini, tra gli eventi più significativi di quest’anno, citata anche da papa Leone nel suo messaggio di saluto, trova spazio la mostra “Chiamati due volte”, un percorso di memoria e testimonianza promosso dalla Fondazione OASIS e dalla Libreria Editrice Vaticana. Curata da Alessandro Banfi, Michele Brignone, Martino Diez, Lorenzo Fazzini, Claudio Fontana e Chiara Pellegrino, l’esposizione restituisce con intensità e profondità la vicenda di religiose e religiosi che, trent’anni fa, hanno condiviso fino al martirio la sorte del popolo algerino.
La fedeltà di una duplice chiamata
Il titolo della mostra richiama l’esperienza vissuta tra il 1994 e il 1996, negli anni bui del cosiddetto “decennio nero” del terrorismo islamista in Algeria. In quel periodo furono uccisi diciannove tra monaci, monache e sacerdoti, insieme al vescovo di Orano, monsignor Pierre Claverie.
Essi furono “chiamati due volte”: la prima alla sequela di Cristo, attraverso la propria vocazione religiosa; la seconda a una fedeltà altrettanto radicale al popolo algerino, anch’esso vittima della violenza e dell’odio. Un legame che il postulatore della loro causa di beatificazione, padre Thomas Georgeon, ha descritto così: “hanno fatto corpo con il popolo algerino”.
Una testimonianza che parla ancora
La vicenda di questi martiri è entrata nell’immaginario collettivo soprattutto grazie al film “Uomini di Dio” (2010), dedicato ai monaci di Tibhirine. Ma la mostra di Rimini va oltre: attraverso materiali inediti, scritti, video e documenti originali, racconta non solo il sacrificio ma anche la ricchezza del dialogo umano e spirituale che questi religiosi hanno saputo intessere con le comunità musulmane. Una storia che non appartiene al passato, ma che continua a illuminare il presente come segno di riconciliazione e di pace.
Un lavoro di ricerca condiviso
L’esposizione è sostenuta da un prestigioso comitato scientifico, che include figure di rilievo come il cardinale Angelo Scola, arcivescovo emerito di Milano; il cardinale Jean-Paul Vesco, arcivescovo di Algeri; il vescovo Diego Sarrió, già preside del PISAI di Roma; oltre a studiosi, giornalisti e testimoni diretti, tra cui Marie-Dominique Minassian, responsabile del progetto “Gli scritti di Tibhirine”, e Anna Pozzi, giornalista di Mondo e Missione. Alla realizzazione ha contribuito anche Giuseppe Frangi, arricchendo ulteriormente la narrazione con il suo sguardo critico e artistico.
Un segno per il presente
In un tempo segnato da conflitti e divisioni, la mostra “Chiamati due volte” invita a guardare alla testimonianza dei martiri d’Algeria come a un patrimonio di memoria e di speranza. La loro vita, spezzata dalla violenza ma radicata nell’amore, continua a interpellare credenti e non credenti sulla possibilità concreta di una fraternità che supera i muri della paura.
R.T.
Pubblicato il 23 agosto 2025