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Cacopardo: «Vito Neri, libertà di giudizio e grande ironia È stato il fratello che non ho mai avuto»

  Antonino Coppolino e Domenico Cacopardo hanno ricordato Vito Neri a 10 anni dalla scomparsa

 
«Per me è stato quel fratello che non ho avuto anagraficamente. Gli ero molto legato e ci sentivamo tutti i giorni. Aveva grandi doti, due su tutte: libertà di giudizio e ironia». Così Domenico Cacopardo ricordando il cugino Vito Neri a dieci anni dalla scomparsa, in occasione della presentazione del diciannovesimo romanzo dell’ex magistrato del Consiglio di Stato, ora firma di punta del quotidiano economico Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
“Pas de Sicile - Ritorno a Candora”, questo il titolo del volume per i tipi della Ianieri Edizioni (Collana Le Dalie Nere), illustrato in dialogo con Antonino Coppolino in una Sala Panini del PalabancaEventi gremita. Un’iniziativa di Associazione culturale Luigi Einaudi e Banca di Piacenza, Istituto ringraziato dal dott. Cacopardo e lodato per aver avuto la forza di rimanere banca di territorio: «A Parma, dove vivo - ha detto - una banca locale non c’è più».


L’avv. Coppolino, in sede di presentazione, ha ricordato come l’autore sia stato editorialista anche del quotidiano La Cronaca di Piacenza diretto da Emanuele Galba, il quale nel 2017 aveva curato una pubblicazione dedicata proprio a Vito Neri (Edizioni Banca di Piacenza) che è stata distribuita a tutti gli intervenuti insieme al libro di Cacopardo. «Ci manca molto - ha osservato il presidente di Confedilizia Piacenza e dei Liberali Piacentini - così come ci manca Corrado Sforza Fogliani. Erano grandi amici e insieme hanno fatto cose importanti per la loro città, che amavano incondizionatamente. Nel sottotitolo del libro di Galba c’è una frase molto vera: “Giornalista, scrittore, intellettuale, consulente d’azienda, politico e amministratore: ritratto attraverso i suoi scritti da uomo libero che ha dato a Piacenza più di quanto ha ricevuto”. Bisognerebbe tenerne conto, perché Vito meriterebbe un giusto riconoscimento».


E nel romanzo dello scrittore per metà siciliano (da parte di padre) e per metà piacentino (la mamma, una Provini, era originaria di Monticelli d’Ongina) la figura di Neri aleggia, quando in alcuni passaggi si parla della Valtrebbia. «Vivevo con la mia famiglia in Sicilia e nel 1946 (avevo 10 anni) riaprirono le comunicazioni ferroviarie dopo la guerra. La prima cosa che abbiamo fatto fu quella di raggiugere Piacenza per far visita ai parenti. Così incontrai Vito e legammo subito. Era di sette anni più grande, ma mi trattava alla pari: mi ha dato tante idee e aveva la capacità di aprirmi la mente. In estate, nonostante fossi poco distante da Taormina famoso luogo di vacanza, appena potevo venivo a Piacenza per stare con lui. Aveva una casa a Rivergaro e ricordo i bagni in una grande ansa del Trebbia dove c’erano le donne che facevano il bucato. Poi si andava anche alla Nino e alla Vittorino. La sera lo raggiugevo alla Libertà e dopo si usciva a cena (ricordo una volta che incontrammo il giornalista vigevanese Tommaso Besozzi, quello che scoprì la verità sulla morte del bandito Giuliano). Bei momenti quelle estati trascorse qui, di felicità assoluta».

L’autore si è detto quindi «contento» di essere a Piacenza a presentare un libro che gli sta dando soddisfazioni «in coincidenza con il decennale della scomparsa di mio cugino e di un vostro amico, un’occasione per me emotivamente importante». Con “Basta Sicilia” nel titolo, lo scrittore ci racconta che dopo 18 romanzi ambientati nell’isola ha deciso di cambiare, collocando la storia in terra emiliana. La vicenda narra di Domenico Palardo, magistrato in pensione incaricato dal Comune (immaginario) di Candora, di coordinare il volume celebrativo dei 100 anni della costituzione del Comune stesso e scrivere il saggio di apertura dedicato al personaggio che ha creato lo sviluppo del paese con le aziende da lui fondate. Ma la storia di Siro Sieroni, il personaggio, cela qualche segreto che le figlie cercano di rendere impenetrabile. Indagando e scavando in paese, interpellando il figlio nato da una relazione del Sieroni, Palardo viene a conoscenza dei segreti accuratamente sepolti nella famiglia di questa personalità. Minacce, danneggiamenti e un delitto sono la cornice di questa indagine nata per elogiare la memoria di Siro Sieroni.

«Il libro racconta fatti veri - ha precisato il dott. Cacopardo - riferiti a un grande filantropo che aveva finanziato diverse ricerche universitarie. Tutti i discendenti hanno eretto un muro di omertà perché si voleva proteggere un segreto: la fortuna del personaggio in questione era iniziata con aziende che erano del suocero, ebreo, e di cui si era impossessato denunciando il suocero stesso ai nazifascisti e facendolo arrestare. È una storia di ordinaria malavita italiana - ha concluso l’autore - che fa emergere una caratteristica dell’uomo in quanto tale: la voracità».
E il prossimo romanzo? «Sarà il ventesimo e praticamente la stesura è conclusa - rivela il dott. Cacopardo -. Racconta la vita di un siciliano che fa il medico di base in Emilia e il finale si svolge a Monticelli. Uscirà a ottobre/novembre». L’invito a presentarlo al PalabancaEventi naturalmente vien da sé.

Nella foto, Antonio Coppolino e Domenico Cacopardo hanno ricordato Vito Neri a dieci anni dalla scomparsa.

Pubblicato il 17 marzo 2024

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