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L’ex Milan Filippo Galli in Cattolica: «Nel calcio la tecnica è uno strumento, non il fine ultimo»

milangalli

“Ciò che tiene insieme tutti coloro che lavorano in un settore giovanile è la produttività, che si può raggiungere col risultato sportivo, la formazione e la sostenibilità. Per me la formazione del giovane calciatore è fondamentale e deve avvenire con metodo, umanizzazione, formazione, apprendimento”. Ne è convinto Filippo Galli, ex difensore del plurititolato Milan negli anni d’oro di Sacchi e Capello e titolare del blog “La complessità del calcio”, intervenuto giovedì 9 novembre all’Università Cattolica di Piacenza in un incontro sul calcio come fenomeno sociale tra metodo, formazione e apprendimento promosso dall’ateneo insieme alla delegazione Figc di Piacenza e alla società sportiva Spes Borgotrebbia.

L’incontro

Circa trecento i presenti, fra cui una nutrita componente di bambini che giocano nel settore giovanile della Spes Borgotrebbia, e poi allenatori e altri “addetti ai lavori”, tifosi milanisti e appassionati di calcio. Presenti i vertici del calcio piacentino: il delegato Figc Angelo Gardella, il suo predecessore Luigi Pelò e il presidente degli arbitri Domenico Gresia. Anche il presidente provinciale del Csi Stefano Magnaschi ha assistito alla relazione di Filippo Galli. A rappresentare l’amministrazione comunale di Piacenza l’assessore allo sport Mario Dadati. Il giornalista di Telelibertà Michele Rancati ha condotto l’incontro.

Il metodo è una strada, non regole chiuse

Nel 2012 Filippo Galli era responsabile del settore giovanile del Milan. “La società entrò in crisi e la proprietà decise di investire di più sui giovani calciatori. Allora, chiesi al nostro amministratore delegato (Adriano Galliani, nda) di poter andare a visionare le squadre «competitor» del Milan, ossia quelle che giocavano in Champions, che in organico avevano molti giocatori del settore giovanile per capire il loro metodo. Le società erano il Barcellona, l’Ajax, l’Anderlecht e il Benfica. Al ritorno, avevamo idee più chiare su come allenare i nostri giovani al fine di costruire calciatori da prima squadra. Scrivemmo una sorta di libro insieme con Allegri e Tassotti (allenatore e viceallenatore, nda) con le istruzioni che avevamo appreso e lo portammo all’amministratore delegato. Avevamo scritto un «modello Milan», che doveva essere una strada, una cornice di pensiero comune, non una serie di regole chiuse. È importante che gli allenatori ci credano, non possiamo uniformare il pensiero ma fare in modo che tutti partecipino attivamente a un’idea comune per riempirla di valore”.

La tecnica è un mezzo, non un fine

L’umanizzazione è necessaria “in un mondo calcistico sempre più lontano dall’essere umano”, ha detto l’ex centrale. “Nel calcio c’è una componente imprevedibile: l’avversario. Per cui, non ha senso allenare la tecnica come se fosse un fine. La tecnica è un mezzo in funzione del gioco e si impara solo affrontando l’avversario e gestendo la sua imprevedibilità. L’allenatore non insegna, mette i bambini nella condizione di apprendere”.

Ognuno deve fare la sua parte

Il calcio di oggi, soprattutto ad alti livelli, somiglia più a un business che a uno sport. È ancora possibile parlare di etica? “Ciascuno di noi – afferma Galli – deve fare qualcosa per quel pezzettino di cui è responsabile. Noi cerchiamo di dare valore e sensibilizzare la nostra piccola parte, se ognuno facesse così forse riusciremmo a contaminare in maniera positiva tutto l’ambiente del calcio”.

Francesco Petronzio

Nella foto, da sinistra Filippo Galli e Michele Rancati.

Pubblicato il 10 novembre 2023

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