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Don Salvatore Miscia e il viaggio di Fabrizio De Andrè nel cuore dell’uomo

miscia

“Dio del cielo vienimi a cercare”, edito da Ave, è il libro per capire la poetica di Fabrizio De Andrè, il cantautore degli ultimi, che è stato illustrato dall’autore, Salvatore Miscia, il 23 novembre, nel suggestivo scenario del Serra Palazzo Ghizzoni Basalli di Piacenza. L’autore ha guidato i partecipanti attraverso le profonde sfumature dell'umanità tratteggiate nelle melodie e nei versi del cantautore genovese. Salvatore Miscia è sacerdote dal 2005. Dottore in antropologia teologica, insegna ecclesiologia all’Issr di Foggia. Dal 2020 è vicario episcopale per la Pastorale dell’arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo. È inoltre assistente ecclesiastico regionale per il settore giovani di Azione cattolica e assistente regionale della Puglia per l'Università Cattolica del Sacro Cuore.
La serata, organizzata dall’Azione Cattolica di Piacenza, è stata impreziosita dalla presenza del cantante Alessandro Colpani, il quale, con la sua chitarra, ha interpretato alcuni brani iconici di De Andrè, regalando un'atmosfera avvolgente e coinvolgente.

Bocca di Rosa

L'apertura di questa esperienza è stata affidata alla celebre "Bocca di Rosa", un brano che, secondo don Miscia, rappresenta la chiave di accesso per comprendere l'anima e la poetica di De Andrè. La canzone celebra la figura di una donna che porta l'amore in un piccolo paese: un simbolo di come la passione e l’autenticità attraversano molte delle composizioni dell'artista genovese.

La città vecchia

Il viaggio musicale ha proseguito con “La città vecchia", brano in cui don Miscia ha focalizzato l'attenzione sui colori, gli odori e i personaggi che popolano l'antica Genova dipinta da De Andrè. Tra ladri, prostitute, assassini e altre figure emarginate, emerge il dualismo del giudizio umano: condannare o comprendere. De Andrè sceglie di capire e dice: “Se non sono gigli son pur sempre figli”, quindi sottolinea l’importanza di accettare ogni uomo considerandolo figlio, senza distinzioni.

Il Testamento di Tito

Un punto centrale dell'incontro è stato il brano ”Il Testamento di Tito", estratto dall'album "La Buona Novella". Qui, il tema del perdono e della misericordia emerge con forza, mentre De Andrè riconosce Cristo come il "figlio dell’uomo". I versi ispirati dai vangeli apocrifi delineano Gesù come il più grande rivoluzionario, il cui messaggio di amore e compassione abbraccia anche uno dei dei ladroni, Tito, il quale sulla croce, di fronte alla morte di Cristo, sperimenta un cambiamento interiore e riconosce l'amore incondizionato.

Per don Miscia, De Andrè è stato sempre un uomo in perenne ricerca, un viaggiatore dell'anima umana. Dal punto di vista della fede, l'artista identifica Cristo come "figlio dell’uomo", un modello umano da imitare, un Dio non distante ma vicino, riconoscibile nell'uomo stesso.

Preghiera in gennaio

La serata ha trovato la sua conclusione con la toccante lettura di don Miscia del brano "Preghiera in gennaio", (vedi video) scritto da De Andrè in occasione della morte dell'amico cantautore Luigi Tenco, sottolineando ancora una volta la profondità emotiva e spirituale intrinseca nelle composizioni del grande artista genovese.

In definitiva, l'incontro dell'Azione Cattolica di Piacenza ha offerto una panoramica affascinante e coinvolgente sulle canzoni di Fabrizio De Andrè, esplorando il suo percorso spirituale e umano, e sottolineando la sua capacità di toccare corde profonde nell'animo di chi ascolta, rendendolo un interprete immortale della complessità e della bellezza dell'essere umano.

Riccardo Tonna

Nella foto, don Salvatore Miscia e il cantane Alessandro Colpani.

Pubblicato il 24 novembre 2023

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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