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«Oltre il confine»: un cineforum in Cattolica per capire i migranti

Cineforum Oltre il confine

 

«Ho voluto guardare dietro lo stato di emergenza che accompagna le migrazioni, non bisogna scordare che alle spalle di quel dramma si celano le biografie delle persone». Lui, il regista Alessandro Valenti, ha voluto parlare di quelle biografie con “Oltre il confine”, film del 2022 che racconta la storia di due bambini di nome Bekisisa e Eno, che dopo aver assistito alla morte della loro madre decidono di esaudire l’ultimo desiderio materno: tornare in Italia per raggiungere lo zio a Roma, dopo essere stati una prima volta rispediti a casa dal nostro Paese in quanto immigrati irregolari.

Il film, un viaggio fra due diversi mondi, Africa e Italia, è stato proiettato in Università Cattolica come primo appuntamento del cineforum organizzato dalla facoltà di Economia e Giurisprudenza. «Una modalità il cineforum - dice il professore Francesco Centonze, che ha moderato il dibattito - che si aggiunge ai tradizionali sistemi di insegnamento frontali della facoltà, sfruttando il linguaggio cinematografico, capace di avviare una riflessione su messaggi culturali stimolando la creatività e la sensibilità, anche dei più giovani».

Introdotta da Anna Maria Fellegara, preside della facoltà di Economia e Giurisprudenza, e dal direttore di sede Angelo Manfredini, l’attività di cineforum ha visto presenti il regista del film, Alessandro Valenti, e l’attrice protagonista Ndeye Fatou Mbaye.

Nell’indagare quale sia il messaggio più importante veicolato dalla pellicola cinematografica, Valenti ha spiegato come il tema dell’immigrazione sia spesso «affrontato come un problema sociale e un’emergenza, dimenticandosi che dietro al problema sociale ci sono le persone, con il loro vissuto, i loro desideri e sogni». Il regista ha inoltre evidenziato «un’altra forma di razzismo, forse ancora peggiore, particolarmente diffusa nel nostro Paese, che consiste nel pensare che sia sufficiente dare qualcosa da mangiare e un tetto sotto cui dormire a coloro che arrivano in Italia, senza chiedersi quali siano le loro emozioni e che cosa stiano vivendo». Anche per questo, in “Oltre il Confine”, Valenti ha provato a entrare «nel mondo emozionale di una bambina di dodici anni», aspetto questo che appare nel montaggio, dove ampio spazio è lasciato alla dimensione onirica e psicologica.

La giornalista Liliana Faccioli Pintozzi, responsabile esteri di Sky presente al dibattito, ha osservato che risulta particolarmente «difficile dire di che cosa parli il film, definendolo incentrato sulla crescita adolescenziale e con il tema dell’immigrazione che in alcuni tratti resta sullo sfondo». Inoltre, ha rilevato come «in tutto il film siano completamente assenti lo Stato, le forze dell’ordine e anche le tante Ong presenti sul nostro territorio. È un film calato nel nostro presente, ma al contempo completamente astratto e onirico». Agganciandosi all’intervento della giornalista, il regista ha precisato di «aver vissuto un periodo in Africa e di aver notato che il rapporto con la natura non è in quel continente di mera contemplazione, ma in qualche modo le persone si affidano alla stessa natura». Per tale ragione ha cercato «di raccontare come i bambini si organizzino e si salvino da soli, affidandosi appunto ad essa».

Al cineforum ha presenziato anche l’assessore alle politiche giovanili Francesco Brianzi, che ha osservato come a livello comunale si sia «chiamati a dover gestire persone, spesso minori stranieri non accompagnati, in maniera abbastanza urgente e con molte difficoltà, anche perché forse è mancata a livello più alto una politica migratoria seria». Brianzi ha precisato inoltre che a Piacenza è stato varato il progetto “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?”, il cui titolo è stato ripreso dal libro di don Lorenzo Milani e che «ha lo scopo di avviare percorsi di accompagnamento alla lingua e anche alla cultura delle nostre istituzioni. Chi arriva in Italia deve sapere, ad esempio, che la carta di identità viene rilasciata dal Comune».

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Nella foto, i relatori intervenuti al cineforum “Oltre il confine”.

Pubblicato il 3 gennaio 2024

Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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