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Piotto a Cives: «I giornali facciano informazione di qualità anche online»

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“È vero, tutti abbiamo un cellulare in mano. Ma non credo che fareste fare le foto del vostro matrimonio a vostro cugino perché ha un cellulare con la fotocamera”. I giornalisti servono ancora, sebbene oggi chiunque si senta in diritto di “informare” con gli svariati mezzi a propria disposizione. “Per ottenere il tesserino dell’Ordine dei Giornalisti sono richiesti dei passaggi in cui si impara un’impostazione mentale nel lavoro, che aiuta ad essere più equilibrati nel nostro mestiere. Credo che il tesserino renda la persona che sta informando tendenzialmente più responsabile rispetto a una persona che non ce l’ha”. La giornalista Chiara Piotto, volto e voce di Sky Tg24, per cui è inviata da Parigi e conduce la rassegna stampa mattutina e il programma “Connessi”, è stata ospite del corso di formazione “Cives – È la stampa, bellezza” nella serata del 14 febbraio all’Università Cattolica nell’incontro coinciso con la prolusione del “Percorso di Mondialità Consapevole - Una bussola nella nebbia”.

Zuckerberg e Elon Musk

“Chiunque abbia un cellulare può partecipare al dibattito – annota Piotto – e questo secondo me è un grande valore. Ma andrebbe guardato per ciò che è, mentre l’informazione deve arrivare da canali più affidabili”. Il discorso si è poi spostato sulla questione dei moderatori di Meta, la società presieduta da Mark Zuckerberg che ingloba Facebook, Instagram e WhatsApp. “Il lato positivo di questo passo (quello di ridurre le moderazioni su temi etici, nda) di Zuckerberg, al fianco di Trump, è aver dimostrato che in realtà quello che noi vediamo sulle piattaforme di Meta non è mai stato privo di filtri, ma forse andavano in una direzione più moralmente accettata dal nostro modo di vedere e raccontare le cose”, ha detto Chiara Piotto. “Elon Musk, invece, dal mio punto di vista è un po’ più trasparente di Zuckerberg: è sempre stato coerente nella sua visione dei social, dichiarata già quando ha comprato X (all’epoca Twitter, nda), con l’intento di lasciare campo libero”.

La giornalista di Sky ha spiegato alla platea quello che si sa sul presunto accordo da un miliardo e mezzo di euro tra il governo italiano e Elon Musk per la fornitura di Starlink, la tecnologia satellitare, che potrebbe iniziare a gestire le telecomunicazioni governative. E poi il caso Paragon e i sospetti sugli spionaggi da parte del governo ai danni di giornalisti italiani.

I quotidiani cartacei fanno informazione di qualità

Da qualche settimana, Chiara Piotto conduce la rassegna stampa mattutina di Sky Tg24. “Tutte le mattine mi alzo alle 3 e leggo tutti i quotidiani italiani. Mi sono resa conto che c’è tantissima qualità, ed è un peccato pensare che oggi il 39% delle persone si informa solo online e il 20% solo sui social. È un peccato soprattutto che la grande qualità dei quotidiani italiani finisca ancora solo sulle pagine stampate, e quindi venga ignorata dalla maggior parte dei cittadini che non compra più i quotidiani cartacei. Mi auguro che un domani ci siano più contenuti premium sui siti, che oggi arrivano – con molte ore di ritardo – solo su alcune testate. Bisognerebbe trasferire il massimo della qualità dei giornali là dove c’è la maggior parte del pubblico”.

L’informazione verso i giovani, non il contrario

L’incertezza della stampa italiana sulla questione dell’online è testimoniata da due interventi molto diversi, emersi dal dibattito con la platea. Se un corsista adulto consiglia ai più giovani – presenti gli studenti del corso triennale in Economia aziendale dell’Università Cattolica – di tornare a comprare i giornali cartacei per avere un’informazione di qualità, un ragazzo poco più che ventenne ribatte dicendo che “è come dire di non usare Spotify e di tornare ad ascoltare la musica dai vinili”. È chiaro, come è emerso dalla sintesi dell’incontro, che è l’editoria che deve sforzarsi di stare al passo della società e adattarsi alle nuove abitudini.

Retaggi culturali

Non sempre, tuttavia, il “prestigio” percepito va di pari passo con la diffusione. “Ci sono giornalisti che fanno a gara per avere il pezzo in evidenza nelle prime pagine del quotidiano, quando si va sul sito invece viene percepito come una sconfitta, anche se viene letto da più persone. Il mondo è rimasto un po’ al contrario da questo punto di vista. Anche gli investimenti pubblicitari sono ancora sproporzionati a favore del cartaceo rispetto all’online”. Per capire la differenza abissale di visibilità fra il mezzo tradizionale e quello moderno, basti pensare che a novembre il Corriere della Sera, il quotidiano italiano più diffuso, ha venduto (al netto delle gratuità) quasi 160mila copie, mentre “un video su TikTok facilmente arriva a un milione di visualizzazioni”, evidenzia Piotto.

Il metodo italiano e quello europeo

Dal dibattito è emersa la questione della verifica della notizia. “Nella redazione di Politico ci sono figure incaricate del fact checking e della correzione formale, che in Italia non esistono”, spiega la giornalista. Un altro aspetto è la complessità degli articoli sulla politica, incomprensibili ai più. “Ogni volta sembra di arrivare alla sesta stagione di Beautiful senza aver visto gli episodi precedenti”, esemplifica Piotto, metaforizzando la ricchezza di tecnicismi presenti nei pezzi politici. “Chi scrive, forse, fa questo mestiere da 30 anni e non si rende conto che è incomprensibile. In Francia invece la politica viene raccontata in modo che tutti possano capire cosa sta succedendo. Un altro problema della stampa italiana, secondo Chiara Piotto, è la mancanza di ricambio generazionale. “Spesso ai giovani giornalisti non viene dato spazio e possibilità di crescere. Il sistema italiano non favorisce la mobilità, e così ci troviamo persone assunte da un giornale che ci restano per tutta la vita. In Francia è diverso, si passa da una testata all’altra, alla radio e alla tv: questo ci mette più in discussione”.

Scuola e giudizio critico

Se c’è scarso interesse da parte dei giovani per i giornali e per la politica, secondo Chiara Piotto una delle colpe va al sistema scolastico. “Non si dibatte sui temi di attualità”. Per cui, dice, “quando si diventa giornalisti, spinti dall’amore per la scrittura o per personaggi illustri, non necessariamente si porta con sé la capacità di mettere in discussione, che richiede un’energia e una riflessione ulteriore spesso non consentita dalle redazioni per cui si lavora per mancanza di tempo o di risorse economiche”.

Francesco Petronzio

Pubblicato il 16 febbraio 2025

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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