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Ordine Costantiniano e Piacenza: un legame dall’anno Mille ai giorni nostri

Il dott. Pietro Coppelli copia

Le Crociate, i Comneno e i Farnese, i Borbone e il cardinale Alberoni: Pietro Coppelli ha ripercorso la storia dell’ordine cavalleresco più antico del mondo

Piacenza ha avuto un ruolo centrale nella più che millenaria storia dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio. Quattro le circostanze che lo certificano: le Crociate - legate al Gran Magistero Costantiniano, l’ordine equestre cavalleresco più antico del mondo, in quanto Alessio I Comneno, della famiglia imperiale prima a detenere il Gran Magistero, chiese aiuto a Urbano II per difendersi dai turchi - ebbero origine dal Concilio che si tenne nella nostra città nella primavera dal 1095 per volontà proprio di Papa Urbano II, nell’area dove ora sorge Santa Maria di Campagna; Gian Andrea Angelo Flavio Comneno, ultimo discendente della famiglia imperiale, trascorse gli ultimi anni della sua vita a Piacenza, nel Castello farnesiano di cui divenne governatore (Comneno che poi cedettero il Gran Magistero ai Farnese, duchi di Piacenza e Parma, cessione rogata a Piacenza nel 1698 e approvata da Papa Innocenzo XII il 24 ottobre 1699 con la Bolla Sincerae fidei); altro collegamento con Piacenza, il fatto che fu il cardinale Giulio Alberoni a favorire il matrimonio tra Elisabetta Farnese (ultima discendente della dinastia) con Filippo V di Spagna: fu grazie al loro figlio Carlo che il Gran Magistero potè essere trasmesso ai Borbone); infine, per venire ai giorni nostri, il legame con l’Ordine Costantiniano è dimostrato dall’alto numero di cavalieri presenti a Piacenza.

Di questo e di tanto altro si è parlato nel corso dell’incontro che si è tenuto nella Biblioteca del Convento - nell’ambito delle Celebrazioni dei 500 anni di Santa Maria di Campagna, a cura della Comunità francescana e della Banca di Piacenza - sul rapporto tra Ordine Costantiniano e Piacenza. Il relatore Pietro Coppelli, Delegato provinciale dell’Ordine Costantiniano Emilia Romagna, ha ripercorso le principali tappe della storia dell’Ordine cavalleresco, che risale all’imperatore Costantino, al quale nel 312 d.C. apparve la Croce luminosa con la scritta In hoc signo vinces (Con questo segno vincerai) durante la vittoriosa battaglia contro Massenzio a Ponte Milvio, alle porte di Roma. Il suo nucleo originario sarebbe stato formato da 50 cavalieri scelti per la Guardia personale dell’Imperatore ai quali fu affidato il labaro imperiale, sopra cui risplendeva la Croce con il monogramma di Cristo. Protettore dell’Ordine è San Giorgio, soldato della Cappadocia martirizzato al tempo di Diocleziano (il dott. Coppelli ha a questo proposito fatto riferimento all’affresco del Sojaro che si trova all’ingresso di Santa Maria di Campagna, raffigurante San Giorgio che uccide il drago). L’Ordine fu posto sotto la Regola di San Basilio (le regole morali della vita monastica che fanno riferimento al lavoro che rafforza il corpo, alla preghiera che rafforza lo spirito e allo studio delle sacre scritture che illumina la mente) e nel 456, ad istanza dell’Imperatore Marciano, fu approvato dal Papa San Leone Magno.

L’oratore ha quindi ricordato l’iniziativa presa nel 2017 dai cavalieri piacentini per celebrare la ricorrenza del passaggio del Gran Magistero dai Comneno ai Farnese: il restauro del busto del Principe Comneno recuperato in un magazzino comunale e posto, dopo le cure, al Museo Civico di Palazzo Farnese. Attualmente, è stato altresì ricordato, il Gran Magistero è detenuto dal Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie Duca di Castro. L’Ordine Costantiniano oggi è impegnato in attività sociali di assistenza ai bisognosi (ultima iniziativa, le più di 100 borse di generi alimentari donate ai Frati Minori) e di beneficenza, non trascurando la cura spirituale dei Cavalieri e delle Dame.

Pubblicato il 30 aprile 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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