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Paolo Terdich, il pittore dell’acqua, alla Biennale di Venezia

Terdich

“Acqua 43” è il nome dell’olio su tela, realizzato da Paolo Terdich, presentato il 1° luglio, al Padiglione Nazionale Grenada, della 59ª Biennale di Venezia Arte, dove il noto artista del panorama internazionale, davanti ad un pubblico di esperti, ha parlato dei suoi studi pittorici sulla tematica dell’acqua.

Paolo Terdich è un pittore piacentino di notevole esperienza, le cui opere sono state presentate in mostre e collezioni di gallerie a livello internazionale. “Rendere visibile l’invisibile” è la peculiarità dell’artista che riesce a trasmettere, nei suoi lavori, anche l’intimità e la solitudine umana. Alla fine Terdich sa eseguire delle opere che manifestano un senso di pace interiore, immerse nell’ambiente dell’acqua, vista come elemento rilevante di nascita primordiale, di ricerca di luce, verso una dimensione di conoscenza della verità o dell’insondabile.

Acqua 43: un’opera suggestiva

 “La scelta del quadro Acqua 43 - afferma Terdich -  è legata alla sua affinità con il tema scelto dai curatori per il progetto del padiglione Grenada di Venezia “An unknown that does not terrify”.

In effetti, nell’ambito della serie “Acqua”, quest’opera è piuttosto singolare e la sua particolarità risiede nel taglio fotografico che la contraddistingue. La figura è rappresentata solo parzialmente, in obliquo e in primo piano, diventando un elemento fortemente caratterizzato e non facilmente definibile ad un primo colpo d’occhio. Tale composizione e la sua integrazione con il mezzo che lo contiene, vuole trasmettere un senso di confinamento positivo, di protezione, in un’atmosfera serena e libera in assenza di peso. Tutto il contesto del quadro - precisa il pittore piacentino - è intimo e silenzioso con il soggetto che trasmette rilassatezza e divertimento. Lo sfondo fornisce dinamismo alla composizione, con la figura, che si rispecchia, frammentata sulla superficie dell’acqua e con le molteplici rifrazioni e riflessioni riprodotte. Il quadro invita a “riflettere” sul fatto - puntualizza Terdich - che noi veniamo spesso compresi solo parzialmente e che abbiamo una parte profonda più complessa, talvolta oscura, di non immediata comprensione. Ritengo che quest’opera rappresenti un punto d'arrivo importante nella mia poetica, in cui, sparita la fedeltà al modello, tutto diviene più fluido e immaginifico”.
Acqua 43 è veramente un’opera suggestiva, di notevole valore, tanto che, lo scorso anno, è stata selezionato fra i semifinalisti del prestigioso “Premio Arte2021”.

Un nuovo progetto sui tormenti delle popolazioni costrette
ad abbandonare le proprie terre

Il tema della mostra di Venezia “An Unknown that Does Not Terrify” (Un’incognita che non terrorizza) inoltre consente un approccio nella relazione con le altre culture.
“Ho avuto l’opportunità di vivere all’estero - aggiunge Terdich - in Paesi molto diversi fra loro (dal Nord Europa all’Africa) per una quindicina d’anni, potendomi così confrontare con culture profondamente differenti dalla nostra. Ho cercato, per quanto possibile, di comprendere le culture e gli usi dei Paesi in cui ho vissuto, integrandomi con le persone del luogo. Ho potuto così confrontarmi con artisti che utilizzano un linguaggio pittorico molto differente dal mio, arricchendo il mio bagaglio artistico”.
Queste esperienze hanno permesso al pittore piacentino di ampliare e raffinare lo spettro della sua sensibilità artistica.
“Ritengo che queste occasioni di incontro - sottolinea Terdich - potranno avere un maggior impatto, in termini di espressione ed esecuzione pittorica, in un nuovo progetto a cui sto incominciando a lavorare, focalizzato sulle tensioni e i tormenti delle popolazioni costrette ad abbandonare le proprie terre”.

Riccardo Tonna

Pubblicato il 4 luglio 2022

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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