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Etty Hillesum: «Il suo amore per il prossimo parla a tutti»

copertina etty

“La resistenza esistenziale di Etty Hillesum oppone alla ferocia dell’odio nazista schegge d’amore custodite in ognuno di noi perché qualcosa si salvi dalla catastrofe. Lontano dall'essere solo intimo raccoglimento in preghiera, la spiritualità della scrittrice olandese di origine ebraica deportata ad Auschwitz nel settembre 1943 è pratica costante di trasformazione di sé, del rapporto con la realtà e con gli altri, che oggi più che mai ci riguarda”. Così Wanda Tommasi, già docente di Storia della filosofia all’università di Verona e fondatrice di Diotima (comunità filosofica di sole donne che privilegia l'attenzione a figure di pensiero femminili e alla loro visione del mondo come risposta alla marcata autoreferenzialità della dominante filosofia maschile), ha sottolineato - in un incontro dedicato all'autrice alla Fondazione di Piacenza e Vigevano - l'importanza di conoscere e riscoprire oggi Etty Hillesum e la sua opera: come prezioso accompagnamento nella vita quotidiana.
L'abbiamo intervistata, perché le sue considerazioni sull'autrice ne rivelano tutta la profonda e necessaria attualità.

— Tra le studiose a cui ha prestato più attenzione, ci sono Etty Hillesum e Simone Weil, alle quali ha dedicato un saggio di confronto. Cosa intende quando afferma che entrambe attuano una “sovversione dell'immagine di Dio rispetto alla tradizione patriarcale” ?
Il saggio di confronto fra Weil e Hillesum è l’introduzione al mio libro “Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile”(Liguori, Napoli 1997). Entrambe sovvertono l’immagine di Dio della tradizione patriarcale in quanto rinunciano all’attributo di onnipotenza di Dio per salvare la bontà divina. Invitano perciò anche gli esseri umani a rinunciare alla ricerca del potere e a praticare l’amore e la compassione verso il prossimo. La Hillesum in particolare sostiene che la responsabilità del male nella storia è degli uomini: Dio non solo allora non è onnipotente, ma è anzi impotente di fronte al dilagare delle tenebre, e spetta agli uomini aiutarlo a non assentarsi del tutto da un mondo dominato da violenza e odio.

«Salvare» Dio dentro di sé

— Nonostante questa comunanza, la qualità femminile di Hillesum è più spiccata, evidente nella mancanza di separazione tra corporeità e spiritualità. Cosa comporta questo aspetto? Si può parlare di femminismo ante  litteram?
Nella Hillesum è evidente un percorso di spiritualità in cui corporeità e sessualità hanno un ruolo importante. L'unione di sessualità e spiritualità si vede ad esempio quando la scrittrice non vuole rinunciare alla relazione con lo psicanalista Julius Spier, mentre lui si vota ad un itinerario ascetico che comporta anche la rinuncia alla sessualità. Non parlerei di femminismo ante litteram, ma di una sensibilità femminile: evidente nella consapevolezza di Etty che la donna tende alla ricerca di un unico uomo, mentre l’uomo estende il suo amore all’umanità intera. Nel corso della sua maturazione però lei stessa sceglie di rinunciare al suo sogno d’amore con Spier e di essere sola e per tutti, passando dall’amore per un unico uomo all’amore e alla compassione per tutti gli esseri umani.

— La spiritualità di Etty è anticonvenzionale, ma rimane profondissima. Al suo culmine la scrittrice cessa ogni richiesta d'aiuto a Dio. Perché questo paradosso?
Man mano che scopre Dio dentro di sé come il punto più quieto e riposto della sua anima, rifugio dalle angosce e dagli avvenimenti esterni sempre più cupi, Etty si rivolge al Signore nella preghiera; senza però chiedergli nulla. Tutto quello che cerca è conforto al dolore che le viene addossato, per continuare a sopportare le sempre più pesanti limitazioni alla libertà imposte dal regime nazista e il destino tetro riservato al suo popolo. Riesce presto a capovolgere il proprio bisogno di aiuto nella sua disponibilità ad aiutare Dio, concepito come inerme e bisognoso di fronte alla malvagità umana. Ospita Dio dentro di sé e in questo modo impedisce che la lasci sola perché è lei stessa a non abbandonarlo. Il suo amore per Dio si traduce in atto anche nel momento peggiore della storia, con l'aiuto prestato ai compagni deportati nel campo di Westerbork: Etty scorge in loro la scintilla divina che aveva già scoperto dentro di sé e partecipando alla sofferenza di ognuno impedisce con la scrittura la cancellazione della memoria voluta dai nazisti.

«Etty parla a tutti, credenti e non»

— Non si è dedicata solo a queste due figure cardine del pensiero novecentesco. Nel suo ultimo libro “Le parole per scriverlo” (Mimesis) ha intrecciato significative esperienze di vita di diverse scrittrici: annodare questi fili dove l'ha portata?
Il mio ultimo libro affronta il tema dell’elaborazione del dolore in diverse scrittrici contemporanee, da Marie Cardinal a Flannery O’ Connor ad Anna Maria Ortese, per ricordarne solo alcune. La sofferenza è stata da loro elaborata sia a livello esistenziale sia nella scrittura, divenendo fattore di crescita e arricchimento personale. Questo le accomuna a Etty Hillesum, capace di una straordinaria elaborazione del dolore. Io stessa ho elaborato e superato sofferenze e lutti con l'aiuto della scrittura, soprattutto nel libro "La scrittura del deserto" (Liguori, Napoli 2004), dedicato alla depressione e alla creatività femminile. Devo anche dire che negli ultimi tempi ho ritrovato la fede, un po’ credo grazie a Simone Weil ed Etty Hillesum.

— Siamo vicini alla ricorrenza della Giornata della Memoria. A distanza di 78 anni dagli avvenimenti drammatici della Shoah, Etty Hillesum parla a tutti. Dov'è la forza della sua attualità?
L’attualità di Etty Hillesum sta nella sua capacità di parlare a tutti: a credenti e non credenti, a tutti coloro che sono alla ricerca di una qualche forma di trascendenza, di alterità rispetto allo scorrere monotono dei giorni. La scrittrice insegna soprattutto a rigettare l’odio e il rifiuto dell’altro. A fronte dell'atteggiamento contemporaneo di rifiuto e indifferenza verso molti immigrati o indigenti, il suo messaggio d'amore verso chiunque soffra è di grande forza. C'è poi un'arte della vita in cui Etty è stata maestra e che tutti dovremmo imparare: vivere con consapevolezza il presente apprezzando ogni momento dell’esistenza. Apparecchiare la tavola, guardare il cielo, posare un mazzo di fiori di campo sulla scrivania per la scrittrice ebraica sono ricerca quotidiana di bellezza, straordinariamente importanti proprio perché sarà presto perduta.

Micaela Ghisoni

Pubblicato l'11 gennaio 2023

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Sottocategorie

  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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