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Quando il mistero incontra l’arte: il trittico di Caravaggio dedicato a San Matteo

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E proprio di mistero si è parlato attraverso l’analisi del trittico del Caravaggio dedicato alla figura di San Matteo, la domenica 12 gennaio, nell’affollato salone della parrocchia San Vittore Vescovo, alla Besurica.
Le relatrici Raffaella Arzani, docente di religione cattolica e Laura Nicò, docente di italiano, membri della fraternità dell’Ordine Francescano Secolare di Casalpusterlengo, hanno illustrato bene quanto le opere dell’artista seicentesco siano colme di interrogativi e incertezze sulla loro interpretazione. In effetti, per Nicò, l’osservazione delle tele difficilmente comunica allo spettatore la “quiete di una risposta, bensì l’inquietudine di una domanda”, frutto della ricerca interiore del pittore che si trasmette poi a chi guarda il suo lavoro.

Riflessioni sulla vita di San Matteo

La descrizione dei tre momenti salienti della vita del santo ha offerto numerosi spunti di riflessione spirituale. La chiamata di Gesù a Matteo mostra quanto ancora oggi ognuno di noi possa essere invitato a seguire Dio e la fede in qualsiasi momento e luogo. Il “seguimi” che lo spettatore avverte nel gesto di Gesù, replicato da Pietro, prende corpo e si fa sonoro, quasi rieccheggia alle orecchie di un attento osservatore. Come spiega Arzani, la chiamata di Matteo sfocerà nella sua conversione, ovvero in un riorientamento esistenziale, e la luce che avvolge il quadro indica la presenza divina, la grazia che è Dio che si dona e guarda con misericordia l'umanità.
In San Matteo e l’angelo, cogliamo la collaborazione tra l’uomo e il divino. Nicò ci mostra come l’uso dei colori metta in risalto il carattere umano del discepolo, vestito di rosso, mentre il bianco del drappo dell’angelo rimanda al Signore, che sta sopra l’uomo e lo ispira, come ha ispirato gli agiografi che hanno scritto la Bibbia. Il particolare dello sgabello in bilico, quasi sul punto di cadere sottolinea la precarietà della condizione umana, come ha sottolineato Nicò.

Il Martirio infine pone numerosi interrogativi sull’interpretazione del dipinto. Il Caravaggio stesso ha avuto ripensamenti mentre realizza il quadro e lo si capisce dall’analisi radiografica dell’opera. Chi è il vero uccisore di San Matteo? Cosa stanno facendo gli altri personaggi rappresentati? Qual è il ruolo reale di ognuno? La scena ci porta a interrogarci sul male, sulla sua origine. Arzani spiega che tutte le incertezze sulle possibili letture del quadro stanno ad indicare che il male è sempre in agguato, dietro l’angolo. Dio si manifesta attraverso la presenza dell’angelo che si sporge verso Matteo e gli tende la palma del martirio. Arzani ricorda che l’angelo è la nostra certezza che Dio c’è sempre. E la luce che colpisce il possibile carnefice accenna alla grazia divina che potrebbe portarlo a cambiare idea e a rinunciare a compiere un gesto violento, un assassinio.

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La figura di Matteo evolve con i tre momenti ritratti: da seduto, inconsapevole di essere colui chiamato da Gesù, lo ritroviamo in piedi, intento a scrivere, in una posizione dinamica, pronto all'azione e alla collaborazione, a servizio di Dio, fino alla posizione sdraiata dell’uomo sul punto di morire, di bianco vestito, le braccia aperte a formare una croce, già sulla via verso la santità.
L’esperta di arte precisa che lo stile del Caravaggio ricorre allo sfumato, ossia le figure immerse nello sfondo, difficilmente delimitate da un confine netto tra il punto in cui finisce lo sfondo e quello in cui inizia la sagoma dei protagonisti raffigurati. Questa tecnica contribuisce maggiormente a creare quell’aura misteriosa che avvolge i quadri del maestro e immerge lo spettatore in uno stato meditativo.
Il Trittico evidenzia infine l’influenza che gli affreschi di Michelangelo nella cappella Sistina hanno avuto sul pittore (le mani nei vari quadri, la posizione di San Matteo moribondo, questi alcuni degli elementi ispirati ad alcune scene della Sistina).
Ogni dipinto è stato intervallato da momenti di contemplazione e meditazione, con l’aiuto delle musiciste Giorgia Ercoli, chitarrista e Barbara Martini, clarinettista, le quali hanno suonato alcuni brani propensi alla riflessione, consentendo al pubblico di entrare in comunione con l’artista, le sue opere e i messaggi che ha cercato di tramandare.

S. P.

Nelle foto, le relatrici intervenute all'incontro alla Besurica e il pubblico presente.

Pubblicato il 16 gennaio 2025

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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