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Don Roberto Tagliaferri: il Medioevo non è stato un periodo cupo

tagliaferri

"Sembra di essere tornati al Medioevo" - quante volte abbiamo sentito questa frase per indicare un fatto accaduto che sembra richiamare ad un passato buio e angusto, ben lontano dalla modernità.  Però il Medioevo non è stato un periodo cupo, di oscurantismo! Lo ha dimostrato, con la sua lectio magistralis, don Roberto Tagliaferri, teologo, docente all’Istituto Liturgia pastorale Santa Giustina di Padova, sacerdote della diocesi di Piacenza-Bobbio, parroco a Vigoleno, il 26 gennaio, nella conferenza “Medioevo alla prova della complessità odierna”, inserita negli eventi dei 900 anni della Cattedrale di Piacenza.


Scardinare i pregiudizi sul Medioevo

"L'Età di Mezzo - sintetizziamo il pensiero di don Tagliaferri - è un periodo a cui gli europei dovrebbero essere assai riconoscenti. Proprio al Medioevo dobbiamo gran parte della nostra cultura, al Medioevo dobbiamo la nostra lingua, le cattedrali e i castelli che ancora oggi capeggiano nelle nostre città. Il Medioevo ha gettato le basi per il mondo moderno e Jaques Le Goff, un noto storico del Medioevo scomparso alcuni anni fa, è colui che più di ogni altro ha tentato di scardinare tutti i pregiudizi su questa epoca durata circa 1000 anni.
“Per J. Le Goff - ha aggiunto don Roberto - si potrebbe estendere il medioevo dal IV sec. al XVIII sec., potrebbe dimostrarsi un modello di elaborazione culturale complessa, che ha qualcosa da dire al nostro mondo ipertecnologico della velocità. Infatti la sua proverbiale lentezza si è dimostrata feconda nell’ibridazione di culture e di fattori eterogenei, come il mondo greco-romano, quello bizantino, quello delle popolazioni nordiche ed orientali, addirittura quello islamico”.

Il cristianesimo elemento fondante

Nel Medioevo il cristianesimo - secondo il teologo piacentino - è riuscito a mettere insieme popoli, religioni, costumi. “Non è sato un periodo buio - ha evidenziato -, ma ha prodotto anche il rinascimento, la scienza moderna e molti altri elementi. Inoltre il Medioevo, tacciato di aver disperso risorse, energie, di non aver permesso uno sviluppo veloce, ci fa comprendere, oggi più che mai, come è importante ripensare all’elemento della lentezza come pregio, infatti le novità avvengono nel silenzio, non nella fretta”.
Il medioevo e riuscito poi a mettere insieme culture, ha prodotto lo spirito dell’occidente e con il monachesimo e i missionari ha introiettato elementi di altri saperi. L’esempio - per don Roberto - è la religiosità popolare, una specie di sincretismo che ha tenuto insieme anche le radici pagane.
Non vanno dimenticati - per il relatore - anche i movimenti pauperisti del medioevo, come il moto francescano, che hanno reinventato il cristianesimo. Inoltre è avvenuta la separazione tra Dio e Cesare, due poteri che in occidente si sono distinti mentre in altre culture, come l’Islam, si sono fusi. Così, nel medioevo, è di fatto iniziato un processo di secolarizzazione.

Le cattedrali: elementi estetici, l’enciclopedia del Medioevo

“La spiritualità dell’estetica medievale, - sintetizziamo il discorso del teologo - secondo la quale Dio è l’eterna bellezza, è ravvisabile nelle cattedrali, edificate secondo l’armonia delle proporzioni, che rappresenta la Civitas Dei”. La cultura nel medioevo, intrisa di grande religiosità, non rispondeva alle leggi della logica visuale. Il simbolismo permeava la vita in tutti i suoi aspetti, e ogni forma, oggetto o realtà, acquistava valore in quanto, direttamente o indirettamente, avvicinava l’uomo all’infinito, alla perfezione, all’ideale divino; il mondo visibile non era altro che il riflesso di quello invisibile.

Cambio di prospettiva

Innumerevoli gli interventi dei presenti online che hanno posto domande al relatore e nel complesso è emerso come il concetto di Medioevo ha preso forma, nell’immaginario collettivo, in un modo distorto, stereotipato e abusato.

La lezione di don Tagliaferri ha voluto dimostrare come sia necessario un cambio di prospettiva, a partire dal modo di vedere la storia stessa.

Riccardo Tonna

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Pubblicato il 27 gennaio 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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