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L'impronta lasciata dalla casata dei Dal Verme

 Camillo Dal Verme Enrico Baldazzi Armando Branchini Gianfranco Malafarina

 

La nobile famiglia dei Dal Verme protagonista al PalabancaEventi di via Mazzini: in Sala Panini sono stati presentati due volumi, l’antologia storica sulla grande casata (“Sulle orme dei Dal Verme”, AA.VV.) e il romanzo “L’ultima cena di Pietro dal Verme” di Lorenzo Labò, entrambi editi da Guardamagna (Varzi). Il presidente esecutivo Corrado Sforza Fogliani, portando i saluti della Banca di Piacenza (che ha contribuito alla stampa dell’antologia) ha ricordato i legami dei Dal Verme con il Piacentino, dove giunsero nel 1380, allorché vennero infeudati della Valle Pecorara dai Visconti di Milano e, successivamente, di altre terre dai vescovi di Bobbio e Parma. "I Dal Verme - ha specificato il presidente Sforza - esercitarono i diritti feudali sino alla fine del ‘700 e nel ‘500, su questi diritti, Pier Luigi Farnese ebbe il primo scontro proprio con l’antica famiglia d’origine veronese".

L’antologia storica è nata da un’idea e dalla forza trainante di Enrico Baldazzi (presidente dell’Associazione Apicoltori Oltrepò Montano), che nel suo intervento ha ringraziato la Banca e sottolineato il forte legame dei Dal Verme con il territorio dell’Alta Valle del Tidone pavese, dove sono rimasti gli ultimi insediamenti: il castello di Zavattarello e il castello di Torre degli Alberi. Un legame talmente radicato che - come ha annunciato il sindaco di Zavattarello Simone Tiglio al pubblico di Sala Panini - la neonata Unione dei comuni con Romagnese si chiamerà “Terre dei Dal Verme”.

La pubblicazione (26 capitoli e 25 autori) è un viaggio dal secolo XII ad oggi attraverso le gesta dei principali personaggi della nobile famiglia. Gianfranco Malafarina, autore di ben tre contributi per il volume, ha individuato diversi “fili rossi” che legano la storia millenaria della grande casata.
"La resilienza dei Dal Verme, che sono ancora tra noi - ha spiegato il prof. Malafarina - e che con continuità d’azione e di presenza hanno seguito tutte le tappe delle vicende storiche nazionali. Il patrimonio, non solo inteso come proprietà, ma soprattutto come bagaglio morale, etico, di impegno civile; e, poi, la passione illimitata per la libertà e, ancora, il legame con le comunità e i territori". E qui il prof. Malafarina ha citato la presenza attiva dei Dal Verme anche in territorio piacentino, con i fortilizi di Rocca d’Olgisio, Trebecco e Bobbio.

Il moderatore dell’incontro Armando Branchini (presidente del comitato promotore del premio letterario “L’oro di Zavattarello”) ha quindi illustrato le caratteristiche del romanzo di Lorenzo Labò (assente per motivi di salute) che "alla realtà storica mischia la finzione in un equilibrio dal confine sottile".

Camillo Dal Verme ha infine testimoniato quella continuità di presenza sui territori della famiglia nobiliare. "Mio padre Luchino - ha raccontato il conte Dal Verme - finita la guerra si preoccupò di avviare un’attività di allevamento di polli nei boschi per dare lavoro alla gente dell’Alto Oltrepò, che poteva così rimanere nella terra d’origine. Un’attenzione per il territorio che c’è ancora oggi: con mio figlio mi occupo dell’azienda agricola di famiglia, che alleva Limousine e produce spumante". E a Torre degli Alberi è conservato l’Archivio Dal Verme, oggi consultabile grazie alla paziente digitalizzazione (con oltre 107mila voci) voluta proprio da Camillo Dal Verme.

Nella foto, da sinistra Camillo Dal Verme, Enrico Baldazzi, Armando Branchini, Gianfranco Malafarina.


Pubblicato il 16 febbraio 2022

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

    uslam


    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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