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Corradini in Camoteca: «La memoria è un dono su cui la nostra civiltà si appoggia»

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Memoria e storia. Come si può fare memoria di qualcosa che non abbiamo vissuto? Parte a luci spente il discorso dell’ebraista Matteo Corradini nella sala del Seminario vescovile, perché “la memoria è un viaggio che si comincia spesso al buio, in attesa della luce. A volte, però, questa luce non arriva”. La tappa piacentina dello scrittore valtidonese, incastrata nel lungo elenco di città toccate dal “Giro della memoria”, è ospitata dalla Camoteca, in collaborazione con Azione Cattolica. In giro per l’Italia Matteo Corradini presenta il libro “Tu sei memoria”, che raccoglie percorsi sulla Shoah per la scuola primaria. La riflessione si apre con un interrogativo, “Cos’è la memoria?”, a cui lo scrittore trova risposte scavando nelle conoscenze personali, nella filosofia, nella mitologia e nella cronaca.

Memoria: due storie che si congiungono
“Facciamo una cosa da persone libere – ha detto Corradini – perché solo nei Paesi liberi si può raccontare la storia così com’è stata. Le dittature, invece, riscrivono la storia come non è stata: hanno il controllo non solo del presente, ma anche del passato. Ed è ancora più pericoloso. Ma la memoria è altro: studiando la storia il tempo appare come una linea, su cui gli eventi si susseguono uno dopo l’altro. Quando facciamo memoria ci congiungiamo con un altro, perché il suo futuro è il nostro passato”.

Virginia Gattegno e Anne Frank: il nostro passato, il loro futuro
Sullo schermo appaiono le fotografie di Virginia Gattegno. “A ventun anni è stata arrestata a Rodi, dove la sua famiglia si era trasferita, e spedita ad Auschwitz. Era il 23 luglio 1944”. Virginia e sua sorella Lea riescono a sopravvivere, il resto della famiglia non fa ritorno a casa. Con lei Matteo Corradini ha scritto il libro “Per chi splende questo lume”, uscito nel gennaio 2022. Un mese dopo Vittoria Gattegno muore, a 99 anni. “Le ho chiesto come fosse la sua vita prima della deportazione, cosa immaginava per il futuro. L’orrore di cui facciamo memoria per lei era un futuro inaspettato”. Nella stessa direzione va anche l’esempio di Anne Frank, che sognava di diventare una scrittrice o una pattinatrice. Noi facciamo memoria di un passato che rappresenta i sogni infranti di un futuro che è stato cambiato con la forza. “Negli ultimi due anni della sua vita – ha raccontato lo scrittore – la memoria di Virginia perdeva colpi: un giorno chiedeva di me ai suoi familiari e quello dopo non ricordava chi io fossi. Mi ha fatto riflettere. Io aiuto le persone a ricostruire la propria vita per conservarla, ma dall’altro lato loro si stanno dimenticando di me. Il mio mestiere è al servizio delle memorie degli altri”.

Il rimpianto di essere sopravvissuti
Nell’Odissea Polifemo, dopo essere stato ingannato e accecato, chiede a suo padre Poseidone di uccidere Ulisse e i suoi uomini. Oppure, se non è possibile ucciderli, il loro viaggio deve essere tortuoso e pieno di peripezie, e al ritorno devono trovare la casa piena di guai. “Chi sopravviveva ai lager – rimarca Corradini – faceva ritorno in una casa assai diversa da come l’aveva lasciata. Ogni volta che noi facciamo memoria andiamo contro la maledizione di Polifemo”. Un altro aspetto della psicologia del sopravvissuto riguarda il senso di colpa. “Corinne Rey, detta Coco, lavorava per Charlie Hebdo. Il 7 gennaio 2015, mentre passeggiava con una sua amica, un gruppo di terroristi le puntò un’arma, costringendola a portarli in redazione. Una volta dentro, era talmente terrorizzata che sbagliò il piano dell’ascensore. Coco sopravvisse a quell’attentato, ma un tarlo iniziò ad assillarle la mente: Come faccio a vivere senza sentirmi in colpa di essere viva? Nel libro ‘Dessiner encore’ Coco racconterà tutta la sua storia, la memoria di ciò che era successo prima e dopo quel 7 gennaio”.

Gli oggetti della memoria
La memoria coinvolge la sfera dell’immaginazione. “Quando guardiamo gli oggetti della memoria, cosa abbiamo davanti? Un ‘pieno’ o un ‘vuoto’? È un’assenza, prima c’era qualcuno che ora non c’è più. Dunque – prosegue Corradini – dinanzi a un paio di scarpe immaginiamo i piedi di chi le calzava, guardando le casacche a righe ci vengono in mente i corpi di chi le indossava. La memoria è un dono su cui la nostra civiltà si appoggia, ma è vagabonda, non si ferma a un luogo e a un tempo preciso. Ogni volta che guardiamo dentro il male, il male sta guardando dentro di noi, diceva Nietzsche: nei campi di concentramento l’umanità era azzerata. Anche i carnefici volevano mantenere l’anonimato, perciò a chi veniva scoperto a segnarsi il nome di un persecutore toccava un tragico destino. Persone senza nome uccidevano persone a cui il nome era stato tolto”.

Un fatto dell’umanità, dunque un fatto di tutti
“Nel 1980 Bob Marley si esibì in un concerto allo stadio San Siro, a Milano, davanti a oltre 100mila persone – racconta – dopo, tutti affermavano di essere stati lì in quel momento. Non era possibile. Quanta gente c’era il 25 aprile 1945 quando fu liberata Milano? Succede che un ricordo comune diventa un ricordo condiviso, il ricordo di tutti. E a furia di condividerlo, non serve più che abbia rapporti con la verità: ci interessa che esista, senza avere più riferimenti. Diventa una tradizione. Perciò, tutti possiamo fare memoria, anche se non eravamo presenti”. Un altro esempio fortissimo arriva dall’altro capo del mondo. “Un anno fa è stato aperto un museo dell’Olocausto in Nuova Zelanda, un luogo lontanissimo da quella storia. In realtà, durante la guerra, molti bambini polacchi erano stati portati lì per ripararsi. Lo Stato, allora, ha deciso che quella parte di storia dell’umanità era importante anche per loro, nonostante non facesse parte della storia della Nuova Zelanda. Era un fatto accaduto all’umanità, e quindi anche un fatto loro”.

Una storia sempre più distante
Ogni volta che una persona ricorda, la storia si risveglia. “Per gli adolescenti questa storia è molto lontana – afferma Corradini rispondendo a una domanda – probabilmente fra qualche anno la Shoah occuperà solo due righe sui libri di storia. Ma nessuno, oggi, sta lavorando per arricchire i libri di storia: il modo in cui noi pensiamo, amiamo, viviamo oggi è frutto di secoli di cambiamenti. Oggi facciamo la nostra parte per costruire un pezzo di futuro. Perciò, non si può essere pessimisti”.

Camoteca: le prossime tappe
Dal 13 febbraio alla Camoteca (via Scalabrini 67, presso il Seminario vescovile) sarà possibile consultare e prendere in prestito i libri. Il 19 marzo è in programma un reading itinerante dal titolo “Bellezza che cura”: a partire dalle 16 si alterneranno letture nel giardino della Galleria Ricci Oddi, nel chiostro di Sant’Antonino e nel giardino dell’Associazione La Ricerca. La Camoteca è aperta il lunedì dalle 20.30 alle 22.30, il sabato dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 18, e il primo giovedì del mese dalle 16 alle 18.



Francesco Petronzio

Nella foto, Matteo Corradini durante il suo intervento.

Pubblicato il 29 gennaio 2023

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  • Un libro per capire le differenze tra cristianesimo e islam e costruire il dialogo

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    “La grande sfida che deve affrontare il cristianesimo oggi è di coniugare la più leale e condivisa partecipazione al dialogo interreligioso con una fede indiscussa sul significato salvifico universale di Gesù Cristo”. Con questa citazione del cardinale Raniero Cantalamessa si potrebbe cercare di riassumere il senso e lo scopo del libro “Verità e dialogo: contributo per un discernimento cristiano sul fenomeno dell’Islam”, scritto dal prof. Roberto Caprini e presentato di recente al Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza grazie alle associazioni Confederex (Confederazione italiana ex alunni di scuole cattoliche) e Gebetsliga (Unione di preghiera per il beato Carlo d’Asburgo).

    Conoscere l’altro

    L’autore, introdotto dal prof. Maurizio Dossena, ha raccontato come questa ricerca sia nata da un interesse personale che l’ha portato a leggere il Corano per capire meglio la spiritualità e la religione islamica, sia da un punto di vista storico sia contenutistico. La conoscenza dell’altro - sintetizziamo il suo pensiero - è un fattore fondamentale per poter dialogare, e per conoscere il mondo islamico risulta di straordinaria importanza la conoscenza del Corano, che non è solo il testo sacro di riferimento per i musulmani ma è la base, il pilastro portante del modus operandi e vivendi dei fedeli islamici, un insieme di versi da recitare a memoria (Corano dall’arabo Quran significa proprio “la recitazione”) senza l’interpretazione o la mediazione di un sacerdote. Nel libro sono spiegati numerosi passi del Corano che mettono in luce le grandi differenze tra l’islam e la religione cristiana, ma non è questo il motivo per cui far cessare il dialogo, che secondo Roberto Caprini “parte proprio dal riconoscere la Verità che è Cristo. Questo punto fermo rende possibile un dialogo solo sul piano umano che ovviamente è estremamente utile per una convivenza civile, ma tenendo sempre che è nella Chiesa e in Cristo che risiede la Verità”.

    Le differenze tra le due religioni

    Anche il cardinal Giacomo Biffi, in un’intervista nel 2004, spiegò come il dovere della carità e del dialogo si attui proprio nel non nascondere la verità, anche quando questo può creare incomprensioni. Partendo da questo il prof. Caprini ha messo in luce la presenza di Cristo e dei cristiani nel Corano, in cui sono accusati di aver creato un culto politeista (la Santissima Trinità), nonché la negazione della divinità di Gesù, descritto sempre e solo come “figlio di Maria”. Queste divergenze teologiche per Caprini non sono le uniche differenze che allontanano il mondo giudaico-cristiano da quello islamico: il concetto di sharia, il ruolo della donna e la guerra di religione sono aspetti inconciliabili con le democrazie occidentali, ma che non precludono la possibilità di vivere in pace e in armonia con persone di fede islamica. Sono chiare ed ampie le differenze religiose ma è altrettanto chiara la necessità di dover convivere con persone islamiche e proprio su questo punto Caprini ricorda un tassello fondamentale: siamo tutti uomini, tutti figli di Dio. E su questo, sull’umanità, possiamo fondare il rispetto reciproco e possiamo costruire un mondo dove, nonostante le divergenze, si può convivere guardando, però, sempre con certezza e sicurezza alla luce che proviene dalla Verità che è Gesù Cristo.

                                                                                                   Francesco Archilli

     
    Nella foto, l’autore del libro, prof. Roberto Caprini, accanto al prof. Maurizio Dossena.

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