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Il monastero di San Raimondo, centro di spiritualità e di preghiera

suore

Il monastero di San Raimondo prende il nome dal Santo, padre di famiglia, uomo di preghiera e di azione, pellegrino instancabile e uomo innamorato della croce, che fu il fondatore del primo ospitaletto per i poveri nella Piacenza del 1200.

L’intuizione di madre Maruffi
Il complesso monastico, adiacente alla chiesa dedicata a San Raimondo dopo alterne vicende, compresa la chiusura nel 1810 con la soppressione degli ordini religiosi voluta da Napoleone, fu restaurato e riaperto nel 1835 ad opera di Madre Teresa Maruffi, monaca benedettina che diede vita ad un complesso scola- stico comprensivo di educandato e scuola media. Dopo le direttive del Concilio Vaticano II, nel 1967, il collegio e la scuola furono chiusi, e la comunità monastica abbracciò totalmente la vita claustrale. La scarsità di vocazioni, la sempre più veneranda età delle mo- nache ne mise però a rischio l’esistenza.

La richiesta di aiuto al Vaticano
Gli sforzi del Vescovo della città, Luciano Monari prima, Gianni Ambrosio dopo, per mantenere questa realtà così vitale per la vita spirituale non furono vani e nell’agosto del 2012, dopo richiesta inoltrata dal Vaticano alla Madre Abbadessa Anna Maria Cànopi furono inviate due monache dall’Abbazia benedettina “Mater Ecclesiae” dell’Isola San Giulio.
La nuova Madre Abbadessa, Madre Maria Emmanuel Corradini, si è dedicata alla ristrutturazione degli ambienti internormai fatiscenti e inadatti per una vita sana ed equilibrata, ma nello stesso tempo ha aperto le porte della chiesa di san Raimondo, da qualche anno chiusa per l’impossibilità delle monache anziane presenti ad accedervi, rendendo possibile ai fedeli la partecipazione a gran parte della Liturgia monastica e alla Santa Messa.

“Locanda dello spirito” dentro la città
La chiesa e il monastero situati nel centro storico di Piacenza, sono divenuti così centro di spiritualità e scuola di preghiera, “locanda dello spirito” dove ognuno può sostare per respirare Dio e trovare aiuto e conforto per sostenere le difficoltà che la vita quotidiana presenta. La chiesa apre alle 6 del mattino.
Il canto delle Lodi, alle 6.45, a cui tutti possono accedere e partecipare dà la sveglia alla città. All’interno delle Lodi c’è la lectio, breve meditazione della Madre Abbadessa che spezza la Parola di Dio, quale strumento e pane quotidiano con cui Dio ci viene incontro. Segue la Santa Messa alle 7.30. Alle 17.30 il canto del Vespro.

Le nuove vocazioni in questi ultimi anni
La comunità in questi pochi anni ha visto una benedetta fioritura arricchendosi di nuove e giovani vocazioni. Attualmente siamo in 14, (8 monache 3 novizie, 3 postulanti), di diverse età sia anagrafica (dai 90 anni ai 25 anni), sia di cammino monastico (dall’aspirante alla monaca), rendendo così più vivace la fraternità e favorendo quell’arricchimento tra i giovani e gli anziani tanto auspicato da San Benedetto.
Sin dall’inizio della rifondazione del monastero, oltre ai lavori necessari per la pulizia degli ambienti, del giardino e del frutteto, si è voluto impiantare delle piccole attività artigianali per vivere autenticamente lo spirito benedettino “Ora et Labora”: produzione di biscotti e marmellate, opere pirografate, realizzazione di komboskini (rosario per la preghiera di Gesù) e rosari tradizionali, segnalibri, lavori di stamperia soprattutto per la diffusione delle meditazioni della Madre M. Emmanuel. A questo si aggiungono i colloqui spirituali, gli incontri per gruppi parrocchiali, cresimandi, fidanzati, tenuti dalla medesima.

Indicare la meta con la preghiera
Ma il fulcro di tutto il monastero, della sua vita e vitalità è la preghiera che s’innalza giorno e notte (7 volte al giorno la Comunità è chiamata alla preghiera corale), che “trapassa” le mura del monastero raggiunge vie, vicoli e case, persone e famiglie, cuori di piccoli e grandi. La preghiera, che arriva dove l’umano si ferma.
La preghiera, “l’arma” più potente da invocare a protezione ed esercitare sempre giorno e notte su tutti e per tutti. Ed è solo dalla preghiera che possiamo attingere la forza per vivere la nostra vocazione qualunque essa sia con responsabilità. La vocazione cristiana ha bisogno di essere vera, cioè corrispondere ad una verità nella vita. Cioè la nostra vita deve corrispondere al Vangelo. Non basta dire che viviamo una vocazione, che siamo cristiani. Bisogna vivere con responsabilità il nostro rapporto con Gesù, e quindi con il Vangelo.

Il richiamo all’essenziale
Ecco che allora il monastero e la vita monastica sono un segno, un richiamo a ciò che è essenziale nella vita dell’uomo e non può mancare: Dio. Siamo monache eppure parte di un popolo, un popolo che con fatica sta attraversando uno dei momenti più bui della storia. Parte di questo popolo pellegrinante dentro il quale manteniamo accesa la lampada della fede, della speranza e con carità sosteniamo il cammino di tutti, perché di tutti siamo madri.

Le monache Benedettine
di San Raimondo

Pubblicato il 23 settembre 2021

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Commenti   

0 # Chiara 2023-05-19 13:49
:-) grazie di queste parole e di questa opportunità!
Come è possibile incontrare la Madre?
È possibile passare qualche giorno in comunità con voi?
Oppure?
Troppe richieste forse..
Vi porto nel cuore e davanti a Dio Nostro Padre
Grazie
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