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Il Vescovo: valorizzare l’istituto familiare non vuol dire difendere una tradizione

La famiglia è garanzia
di un futuro vivibile per la società

Mons. Ambrosio: "Il futuro dei nostri Paesi non è immaginabile senza il sostegno forte
alla famiglia, 
come ambito di crescita in cui ciascuno è riconosciuto nel suo valore di persona 
e al contempo è richiamato alle proprie responsabilità e ai propri doveri

Ambrosio Cecilia fotoMistraletti



A luglio, di fronte alle istituzioni europee riunite a Bruxelles dal presidente Barroso per discutere di solidarietà tra generazioni e futuro del Vecchio Continente, ha rimarcato con forza la centralità della famiglia per un’Europa che voglia crescere, e crescere in un’ottica solidale.

Mons. Gianni Ambrosio ha a cuore la famiglia. Lo ha evidenziato non solo in quest’ultimo intervento di fronte ai politici dell’Ue in qualità di vicepresidente della Comece (la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea), ma anche nelle sue Lettere pastorali, soffermandosi sulla centralità - per la comunità cristiana - della presenza di famiglie capaci di plasmare il mondo in cui vivono. Mons. Ambrosio è stato anche tra i primi sostenitori della proposta di organizzare una “Grande Festa della Famiglia”. Parteciperà anche quest’anno all’apertura dei lavori, sabato 15 settembre a Palazzo Galli, alle ore 17. E celebrerà la messa domenica 16 nella basilica di San Francesco alle ore 12.

— Intervenendo al Meeting organizzato dal presidente della Commissione Europea Barroso, ha richiamato le istituzioni europee alla centralità della famiglia come leva per risolvere non solo il problema dell’inverno demografico, ma anche la crisi sociale che investe l’Europa. Perché ripartire dalla famiglia quando tutti dicono che la famiglia “è morta”?
L’impegno di valorizzare la famiglia non nasce dall’intenzione di difendere un patrimonio della tradizione, ma dalla convinzione che essa è garanzia di un futuro vivibile per le nostre società. Finora abbiamo ignorato la famiglia, non considerandola come il vero e primario attore verso il quale riferire le politiche sociali: questa dimenticanza sta causando conseguenze serie.
Intanto, ha aggravato la già pesante crisi demografica del nostro Paese, della nostra città, delle nostre comunità. L’aumento del tasso di fertilità è assolutamente necessario, pur tenendo conto dell’apporto dell’immigrazione. Anche i dati relativi ai valori indicano chiaramente che gli Europei desidererebbero avere più figli: le politiche dell’UE devono aiutare a rendere realizzabile questa “aspirazione incompiuta” dei loro cittadini.
In alcuni Paesi sono già stati realizzati interventi a livello delle politiche fiscali family friendly, di creazione di strutture di assistenza per l’infanzia, di misure volte a conciliare vita lavorativa e vita familiare. Ritengo vi sia urgente bisogno anche di un serio riconoscimento del valore (incluso quello economico, ma non solo) della “cura” che la famiglia svolge nei confronti sia dei minori sia degli anziani. Sono tutte strade che vanno nella direzione di dare risposte concrete ai bisogni delle famiglie, e, quindi, di sostenerne la nascita e lo sviluppo. È pure necessario sottolineare l’importanza del giorno settimanale comune di riposo. Specialmente per la famiglia, per la vita spirituale dei suoi membri e per le relazioni umane, sia quelle intrafamiliari sia quelle con i parenti e gli amici, il riposo domenicale comune è di fondamentale importanza.
Ma la dimenticanza della famiglia da parte del mondo politico porta con sé un’altra ricaduta – e grave – sul piano culturale: alimenta una perdita di senso della famiglia stessa nell’immaginario collettivo. La famiglia viene cioè considerata uno dei tanti possibili stili di vita, una variabile della convivenza tra persone. Si scorda invece che è nell’identità propria della famiglia – e con questo termine, intendo riferirmi alla famiglia aperta alla vita, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna – che si costruisce il “luogo” ove le relazioni e la solidarietà intergenerazionali vengono acquisiste e favorite.
Il futuro dei nostri Paesi e dell’UE, di conseguenza, non è immaginabile senza il sostegno forte alla famiglia, come ambito di crescita e di maturazione in cui ciascuno è riconosciuto nel suo valore di persona e nel contempo è richiamato alle proprie responsabilità e ai propri doveri. Se la famiglia venisse privata del suo ruolo centrale e se venisse messa in condizione di non poter svolgere il suo compito, la complessiva relazione sociale diventerebbe fragile, in quanto è soprattutto la relazione familiare a generare un clima caratterizzato da fiducia, da cooperazione, da reciprocità. È in questo clima che possono crescere le virtù personali e sociali.

— La famiglia è la culla dell’educazione. Come aiutare, oggi, i genitori, che si sentono sempre più disorientati di fronte al compito dell’educare?
I genitori, forse anche a causa delle difficoltà educative, hanno lasciato ampio spazio ai “tecnici” della formazione, i quali, in verità, sono più interessati ai processi di crescita del minore, al suo benessere o alla sua salute o alla sua capacità di inserirsi nel rapporto sociale. Il compito dell’educazione, come compito morale in quanto responsabilità specifica del genitore nei confronti del figlio, o comunque dell’adulto nei confronti del minore, rischia di svanire: viene meno l’adulto e la sua responsabilità di testimone che comunica il senso della vita insieme alla qualità della sua vita, e così introduce il figlio nella realtà, nel mondo in cui si trova a crescere.
“Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile”, ci ha ricordato il Santo Padre Benedetto XVI nella sua “Lettera alla diocesi e alla città di Roma sul compito urgente dell’educazione” del 2008. Quando si attenua la luce della speranza, allora, diventa ancor più necessario “farsi prossimi”. Come comunità cristiana, credo che abbiamo primariamente il compito della vicinanza e del sostegno. L’ascolto e l’accompagnamento possono aprire alla speranza, perché uno sguardo diverso può cambiare molte cose, una mano amica può essere decisiva. Come esemplificano gli Orientamenti dei Vescovi italiani per il decennio 2010-2020, “Educare alla vita buona del Vangelo”, «la famiglia va amata, sostenuta e resa protagonista attiva dell’educazione non solo per i figli, ma per l’intera comunità». Si tratta dunque di valorizzare quella ministerialità che scaturisce dal sacramento del matrimonio, facendo sì che le famiglie trasformino la parrocchia in vera “famiglia di famiglie”. Così gli sposi cristiani - o gruppi di sposi tra i quali nasce un’amicizia e che condividono un cammino – possono diventare dei punti di riferimento per altre coppie in difficoltà, nella relazione tra loro o con i figli.

— La “Grande Festa della famiglia” è ormai una tradizione per la nostra città. Che stimoli può offrire un’iniziativa come questa alla comunità non solo civile, ma anche diocesana di Piacenza?
Sin dall’inizio ho accolto con grande gioia la proposta del Forum delle Associazioni familiari di organizzare una “Grande Festa della famiglia” nel cuore di Piacenza. I temi scelti in questi anni, gli ospiti che sono stati invitati a portare la loro esperienza, hanno sicuramente offerto alla comunità civile – come pure a quella diocesana – un’occasione per riflettere sui nodi del “fare famiglia” oggi, sull’educazione, sul rapporto (e vengo al tema di quest’anno) tra famiglia, lavoro, festa, ribadendo non solo le esigenze di cui le famiglie sono portatrici, ma anche le potenzialità che sono in grado di mettere in campo per la crescita della società. Uno degli stimoli maggiori che può venire da questa festa sta proprio nel proporre una chiave di lettura della realtà che parte dai fatti, senza però perdere di vista quella “speranza affidabile” di cui parlavamo prima, e dunque sa anche produrre esperienze di vita positive, belle, coraggiose.
Il fatto stesso di vedere Piazza Cavalli gremita di genitori, giovani e bambini è un segno di speranza per la nostra città, un segno che incoraggia tutti e invita tutti a guardare al futuro con occhi nuovi, anche se nella fatica e nelle difficoltà che tutti conosciamo. Anche questo è missione, è dare testimonianza di quella “vita buona” che nasce dal Vangelo.
Ringrazio veramente le associazioni che aderiscono al Forum e tutti i volontari che lavorano dietro le quinte per questa festa: la loro fatica organizzativa è un dono alle famiglie e alla nostra città ed è un grande aiuto per tutti, anche per la nostra Chiesa.

Barbara Sartori

Articolo pubblicato sull'edizione di mercoledì 12 settembre 2012

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