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Gli incontri della Camoteca: "La ferita della bellezza"

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“Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi nella sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore, tanto da penetrare dentro di me. II dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento”. Sono le parole di Santa Teresa d’Avila nella sua autobiografia, rappresentate nell’arte dalla famosa scultura “Estasi Mistica di Santa Teresa” del Bernini che don Giuseppe Lusignani ha usato per spiegare “La ferita della bellezza”, opera del poeta-filosofo Jean-Louis Chrétien, uno dei testi più cari a don Paolo Camminati, nell’incontro del 29 aprile, nell’aula magna del Seminario vescovile di via Scalabrini a Piacenza.

Una gioia che ferisce

L'Estasi di Santa Teresa d'Avila è una scultura in marmo e bronzo dorato di Gian Lorenzo Bernini, realizzata tra il 1645 e il 1652 e collocata nella cappella Cornaro, presso la chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma.  “Teresa in estasi viene ferita da un dardo - ha spiegato Lusignani -: è come la Parola di Dio che cerca di entrare nel cuore e ferisce. Teresa si abbandona e il male inflitto rappresenta l’ingresso dell’amore di Dio nella vita. È quello che dice Chrétien, nel suo libro, quando sottolinea che la bellezza è alle strette nella nostra esistenza, si incunea dentro la vita, è una gioia che ferisce, portando alla felicità e alla beatitudine”.

L’immagine della Santa fa cogliere proprio la “La ferita della bellezza”, che è il titolo dell’opera del poeta-filosofo Jean-Louis Chrétien, il militante ateo della Gioventù rivoluzionaria comunista che, in età adulta, si convertì al cristianesimo, facendone il fulcro della sua indagine filosofica, teologica e poetica.

La bellezza irrompe nella vita

La serata, nella sede dell’Azione Cattolica, dove è stata inaugurata recentemente la Camoteca, che raccoglie il patrimonio librario di don Camminati, si è inserita nella finalità di questo luogo che vuole essere uno spazio per il confronto e la riflessione sui libri di don Paolo, ed è stata affidata a don Gino Costantino e don Giuseppe Lusignani, due teologi piacentini, amici di don Camminati.

Docente di storia della filosofia dell’alto Medioevo alla Sorbona di Parigi, Chrétien, nato nel 1952, morto nel 2019, affronta il discorso sulla bellezza in modo inatteso, declinandola come “sgomento”, “scossa” (il titolo originale francese è infatti “L’effroi du beau”). Partendo da questa considerazione don Costantino ha sottolineato che “soltanto ciò che all’inizio ci lascia senza parole è meritevole di essere espresso” (Chrétien). E così è della “bellezza”, come riflette e dichiara il filosofo francese: la bellezza, infatti, quando irrompe nella nostra vita ci lascia sempre senza parole.

“Essa - ha illustrato don Gino - ci coinvolge, ci prende con sé, ci «sor-prende». Spesso nel nostro vivere la invochiamo, ma il nostro incontro con lei è sempre sorprendentemente altro dalla forma e dal modo con cui l’abbiamo desiderato e cercato: prossima a noi, è sempre lei che ci cerca e che ci trova, risultando però essere inafferrabile, o meglio, essere «prossimità dell’inafferrabile», come dichiara esplicitamente Chrétien”.

La gioia dolorosa

Il dialogo a due è proseguito con le parole di don Lusignani: “Quando veniamo al mondo, appena cominciamo a respirare, iniziamo a piangere. La ferita è dunque insita nella bellezza.  Questa gioia dolorosa, smisurata - sintetizziamo il pensiero di don Giuseppe - come ogni amore, è la dimensione dimenticata dall'estetica. Il saggio indaga lo choc provocato dall'incontro con la bellezza quando essa si manifesta all'uomo. L'uomo ne resta trafitto, sgomento, irrimediabilmente cambiato, ma la ferita lo rivela a sé stesso, aprendolo a ciò che lo eccede. Colpito da questa gioia dolorosa, l'uomo non può che celebrare la bellezza”. 

La ferita è inevitabile

“Perché la ferita nella bellezza? - si è infine domandato don Costantino - Perché non è possibile altrimenti, perché è inevitabile, perché la ferita è l’intuizione del coinvolgimento della bellezza nella mia vita, che non solo mi coinvolge portandomi con sé ma contemporaneamente mi rivela e dice chi sono, sempre però in una prossimità inafferrabile. Ma questa dialettica tra bellezza e ferita, con una lettura forse un po’ arbitraria - riconosce don Gino - non rappresenta forse il gioco dell’amore che l’uomo nella vita sperimenta?”.

La serata, ricca di profondi stimoli per la riflessione, ha quindi portato i presenti a cogliere, nel dialogo filosofico e teologico, l’amore per la vita e l’amore per Dio.

Riccardo Tonna

Nella foto, don Giuseppe Lusignani e don Gino Costantino durante l'incontro.

Pubblicato il 1° maggio 2022

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