Menu
logo new2015 ok logo appStore logo googleStore

Infermiere, una professione da valorizzare

gruppo infermieri

Gli infermieri, così indispensabili, così poco valorizzati: c’è una crisi della professione infermieristica e non si può più restare a guardare. Lo ha ribadito con forza la presidente nazionale Opi Barbara Mangiacavalli, ospite speciale del corso di formazione che la sezione provinciale dell’Ordine delle professioni infermieristiche ha organizzato per parlare di prospettive e traiettorie della professione, anche alla luce dell’esperienza vissuta nella prima fase della pandemia (nella foto, da sinistra, Enrico Lucenti, Gabriele Cremona, Lara Muroni, la presidente nazionale Opi Mangiacavalli, la presidente provinciale Maria Genesi, Fabio Mozzarelli e il direttore delle professioni sanitarie dell’Ausl Andrea Contini).

Una professione poco attrattiva per i giovani

È stata la prima occasione di aggiornamento in presenza dal febbraio 2020, quando, per la Giornata del Malato, ci si era confrontati sul tema “Io ci metto l’anima. Dentro le buone relazioni di cura”. Un tema quasi profetico - ha evidenziato la presidente provinciale Opi Maria Genesi - perché davvero gli infermieri hanno dimostrato, nell’emergenza, tutta la loro competenza e la loro umanità. Eppure, la strada della valorizzazione di questa figura sanitaria è ancora lunga. Lo dimostrano i dati delle selezioni per le Facoltà di Infermieristica: “I posti messi a bando non sono stati coperti in quasi nessuna sede, compresa Roma Tor Vergata”, ha denunciato la presidente nazionale Mangiacavalli. Il segnale, inequivocabile, che la professione infermieristica ha poca attrattiva sulle nuove generazioni.

Il problema è che da almeno dieci anni che il turn over di nuovi infermieri non basta a colmare i pensionamenti dei colleghi. “Il nostro corso di studi è impegnativo, il nostro CFU richiede 30 crediti, contro i 25 di altre Facoltà. Senza contare che, a fronte della competenza, dello spirito di abnegazione e sacrificio che si mette in gioco, la nostra professione non garantisce uno sviluppo di carriera clinica”, riflette Mangiacavalli. La professione ha appena iniziato un percorso di “Stati Generali” per raccogliere, dai territori, esperienze, proposte, difficoltà degli infermieri. A livello parlamentare ci sono tavoli aperti. “Abbiamo aperto anche un dialogo con l’Ordine dei Medici: su alcuni temi non siamo sulla stessa linea, ma un dialogo è necessario”, puntualizza Mangiacavalli. Che rilancia il tema della “umanizzazione” e della “prossimità”, perché all’infermiere non basta la tecnica, che pure è indispensabile. La professione esige un riappropriarsi dell’identità dell’essere infermiere.

Il tempo di relazione è tempo di cura

È il punto emerso attraverso le esperienze sul campo portate da diverse associazioni della categoria, come Animo (Ass. Nazionale Infermieri Medicina), Sidmi (Società italiana per la direzione e il management delle professioni infermieristiche) e Siiet (Società italiana infermieri emergenza territoriale). Ma soprattutto è quanto sottolineato nella tavola rotonda dedicata al Codice deontologico, riscritto nel 2019. Come applicare il fondamentale articolo “il tempo di relazione è tempo di cura” in un periodo, come quello della prima ondata Covid, durante il quale gli infermieri si ritrovavano a fare da ponte tra malato e familiari, assicurando, pur nei ritmi concitati del momento, una vicinanza, gesti di attenzione e di cura? Aurelio Filippini, presidente Opi di Varese e tra gli estensori del nuovo Codice deontologico, ha ricordato di quando gli infermieri sono stati chiamati anche ad impartire l’unzione dei malati, se il sacerdote era impossibilitato ad entrare nel reparto. Lorella Rossetti, coordinatrice infermieristica di Medicina interna a Carpi, ha sottolineato come dare dignità era accompagnare fino all’ultimo, compreso il gesto finale della chiusura del sacco, per chi non sopravviveva alla malattia. Giuliana Masera, piacentina, presidente commissione d’albo Opi Piacenza, ha richiamato come sia “cura” anche uno sguardo, un tocco delicato, benché con la barriera del doppio guanto di protezione.
La pandemia ha lasciato segni profondi, a volte nel fisico, per gli infermieri che si sono trasformati in malati, a volte nell’animo. Il corso di aggiornamento ha provato ad aprire un canale per comunicare quelle emozioni e quelle esperienze. Nella certezza che non basta andare avanti come se nulla fosse accaduto.

Pubblicato il 15 aprile 2022

Ascolta l'audio

"Il Nuovo Giornale" percepisce i contributi pubblici all’editoria.
"Il Nuovo Giornale", tramite la Fisc (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), ha aderito allo IAP (Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria) accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Amministrazione trasparente