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Festa del Patrono: consegnato l'Antonino d'oro al prof. Triani

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Nella basilica di Sant’Antonino si è svolta il 4 luglio alle ore 11 la messa presieduta dal vescovo mons. Adriano Cevolotto nella festa del Patrono di città e diocesi Sant’Antonino. La celebrazione si è aperta con il saluto del nuovo sindaco Katia Tarasconi, assente a motivo del Covid, letto dal parroco don Giuseppe Basini. Il Vescovo ha poi acceso il cero donato ogni anno dal Comune. Nel suo saluto il Sindaco ha sottolineato il legame sincero che unisce i piacentini alle proprie radici, legame che alimenta il senso di appartenenza di tutti alla comunità civile e motiva l’apertura a una solidarietà vera verso il prossimo.
Nella sua omelia il Vescovo ha richiamato la testimonianza coraggiosa e appassionata del martire Sant’Antonino che sostiene il vivere insieme sia civile che ecclesiale nell’esperienza dell’aprirsi all’altro e di dar vita a relazioni che promuovano l’umano, con la capacità di generare futuro senza essere prigionieri del semplice tentativo di auto-preservarsi.
Nella consapevolezza che tutto ciò si realizza solo con l’impegno personale di ciascuno (“cosa siamo disposti a metterci di nostro?”), il Vescovo ha espresso un augurio di buon lavoro alla nuova Sindaca assicurandole la preghiera per il suo incarico affascinante ed insieme impegnativo. A questo proposito, mons. Cevolotto ha sottolineato la disponibilità propria e della comunità cristiana a collaborare al bene della città, con un’attenzione particolare a chi ha più bisogno.
Parlando dell’ultimo appuntamento elettorale, mons. Cevolotto ha sottolineato la “grave patologia partecipativa”. “Compito prioritario e urgente dell’azione politico-amministrativa - ha proseguito - è suturare questa ferita di fiducia” che nasconde in profondità “una crisi di appartenenza”.
Il Vescovo ha espresso l’auspicio che il Consiglio comunale possa essere uno spazio vero di confronto, anche da posizioni diverse, sulle scelte da fare. Ciò significa operare non per una logica “contro” gli altri, di opposizione, di ostruzionismo, ma di confronto autentico, di ricerca di “ciò che costruisce un bene possibile per tutti”. Solo così si crea un clima di fiducia in cui la politica farà sentire la sua vicinanza ai cittadini e in cui competenza, stima reciproca e responsabilità siano messe a servizio dei cittadini per dare tempi certi nella realizzazione dei diversi progetti e nel buon funzionamento dei servizi.

 
Mons. Cevolotto ha poi fatto appello perché si ponga un argine alla diffusione del “virus anti-istituzionale”, in base al quale il proprio bene viene inteso come “il” bene. Per superare questa logica, occorre non cadere nelle generalizzazioni (“tutto è marcio... niente funziona”) che alimentano lo scontento. È necessario, invece, riaffermare il valore delle istituzioni sia in noi che nelle nuove generazioni. Un clima di sfiducia è tossico per tutti, “anche per noi Chiesa”.
Mons. Cevolotto ha poi fatto ripercorso i suoi quasi due anni di permanenza a Piacenza sottolineando che troppe volte ha sentito “descrivere il piacentino con sfumature negative («noi piacentini siamo fatti così...», «siamo come i nostri palazzi», «chiusi» e via dicendo). Questo modo di raccontarci rischia di diventare un modo per assecondare tali tratti”. “In realtà - ha detto ancora - sto incontrando altri volti e tratti piacentini che mi piacerebbe soppiantassero (anche nella narrazione) quelli consueti”. L’emergenza sanitaria e l’emergenza ucraina - ha esemplificato – hanno fatto emergere un grande senso di apertura e generosità. Solo così si potrà dare un volto nuovo alla città.

In questa linea si muove anche quest’anno - sintetizziamo il pensiero del Vescovo - l’assegnazione del Premio Antonino d’Oro al prof. Pierpaolo Triani, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, per la sua ordinaria serietà professionale e il suo servizio ecclesiale che richiama l’urgenza e la bellezza dell’arte dell’educazione: “Ci è indicato un modo di intendere la propria vita (personale, familiare, professionale) intrecciata continuamente con quella del mondo che ci circonda. Non c’è alternativa, opposizione tra il prendersi cura di sé e delle proprie cose e prendersi cura del mondo di cui facciamo parte”.
Al termine della messa, don Basini ha ringraziato tutti coloro che hanno collaborato alle celebrazioni antoniane e ha letto le motivazioni dell’assegnazione al prof. Triani del premio Antonino d’Oro, offerto dalla Famiglia Piasinteina e consegnato dal Vescovo.

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Il premio che mi è stato assegnato - sintetizziamo le parole del prof. Triani - è un riconoscimento a tutte le istituzioni e le persone che si occupano di educazione, nella logica dell’alleanza e del camminare insieme. Nei diversi mondi in cui mi trovo a operare, dalla scuola alla Chiesa oggi impegnata nel Cammino sinodale, imparo il valore dell’amicizia, dell’aiuto reciproco, della collaborazione e della fraternità.
“Il valore dell’educazione come impegno comune quotidiano e il valore del pensare insieme il presente e il futuro - ha sottolineato il prof. Triani - sono un appello per tutti noi. Ciascuno risponde come può, assieme agli altri; affidando al Signore della vita i pochi pani e pesci che possiede. Con questo spirito continuiamo a camminare insieme”.

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L'omelia del Vescovo

Ogni anno, puntualmente, Sant'Antonino convoca la città e la diocesi in un ‘luogo’ simbolico che esprime la volontà di incontro, di convergenza, di unità. E ciò avviene attorno ad un martire, a ricordare che una convivenza si poggia su vicende di testimonianza coraggiosa e appassionata. La logica evangelica del chicco di grano che per dare frutto deve accettare di essere gettato per morire raccoglie l’invito rivolto a tutti e in ogni epoca che una generazione per dare vita, appunto per generare futuro, non può semplicemente auto-preservarsi. Chi di noi non vorrebbe lasciare dopo di sé qualcosa di bello, di nuovo? Quale comunità -civile o religiosa- non ambisce a custodire non solo il presente ma allo stesso modo la possibilità di un domani? Allora dovremmo essere sinceri nel rispondere alla domanda: cosa siamo disposti a metterci di nostro? A sacrificare di ciò che abbiamo a nostra volta ricevuto? Il nuovo, il bene... hanno un prezzo, che ci è richiesto. A me prima che agli altri. Questa è la condizione per dare respiro ad ogni relazione.

In un certo senso oggi alla comunità cristiana è affidata (o ri-affidata) la responsabilità verso l'ambiente umano, civile, sociale nel quale vive: questa città e il territorio che vede in essa un riferimento essenziale.
Questa occasione ci dà l'opportunità di esprimere un augurio di buon lavoro alla nuova sindaca.
Le assicuriamo la preghiera per il suo incarico affascinante ed insieme impegnativo. E, come ho già avuto modo di esprimerle, le assicuro l’impegno mio personale e della comunità cristiana a collaborare al bene della nostra città, con un'attenzione particolare a chi in questo tempo ha più bisogno.

Questa tornata elettorale ha confermato una grave patologia partecipativa: la bassissima affluenza al voto consegna al Consiglio comunale nella sua interezza una priorità politica che interessa tutti, maggioranza e minoranza. Compito prioritario e urgente dell'azione politico-amministrativa è suturare questa ferita di fiducia. Non ci si può nascondere dietro al fatto (pur vero) che si tratta di un fenomeno diffuso (e neanche solo limitato all'Italia). Le cause sono molteplici e siamo consapevoli che le soluzioni per questa ragione non sono semplici. Ma sono convinto che si possa e si debba cercare di recuperare in senso partecipativo. In fondo è una crisi di appartenenza.

Lo stile di ascolto e di vicinanza alle persone che abbiamo visto durante la campagna elettorale non può essere abbandonato. Il Consiglio comunale con le sue articolazioni deve poter essere uno spazio vero di confronto sulle scelte da fare, dove le posizioni diverse sono ascoltate. Questo clima sarà favorito se si smette ogni logica di operare (sistematicamente e pregiudizialmente) contro, per cercare invece ciò che costruisce un bene possibile per tutti. Credo sia necessario ripensare il dibattito politico che deve superare forme esagerate di ostruzionismo, non di rado frutto di mancanza di confronto autentico. E in questa fase ci sono delle scelte (ad es. in ambito di sostenibilità ambientale) che possono trovare convergenza, a beneficio dei cittadini stessi.
Se la preoccupazione sarà di far sentire vicina la politica ai cittadini, decisiva diventa la comunicazione, indicando tempi plausibili per portare a termine i diversi progetti.
Lo sappiamo bene che si amministra grazie a un organismo articolato, composto da tecnici e dipendenti pubblici: tutti preziosi perché le decisioni politiche prendano forma.
L'appello a tutte le forze per operare in convergenza coinvolge a livelli diversi proprio tutti: ciascuno ha il potere di favorire il buon funzionamento dei servizi e quindi far crescere il senso di fiducia. Competenza, stima reciproca, responsabilità sono alla base di un'alleanza a favore del bene dei cittadini.
Ma in questo momento mi sento di fare un appello anche a noi cittadini. Anche da parte nostra si è fatto strada un virus anti-istituzionale, da cui dobbiamo guardarci. Vigiliamo sulle pretese crescenti, per le quali ogni nostra particolare richiesta diventa prioritaria e deve trovare risposta immediata.
Si rischia che il proprio bene sia "il" bene; ci si illude che le risorse siano senza limiti; si pretende che le risposte vengano sempre dagli altri. Vigiliamo sulle generalizzazioni (“tutto è marcio... niente funziona”). Affermazioni che oltre ad alimentare lo scontento, minano la fiducia e creano ancor più isolamento.
Dovremmo impegnarci a custodire il valore delle istituzioni in noi e nelle nuove generazioni. Sono necessarie come l'aria che respiriamo!

Cari genitori, anche voi, come noi tutti adulti abbiamo bisogno di riconoscimento dei nostri ruoli (educativi-sociali). Sono solo apparenti consensi e di corto respiro quelli che possiamo incassare quando lanciamo discredito sull'adulto di turno che i nostri ragazzi incontrano nel loro cammino. Diventeremo tutti vittime del medesimo discredito: le figure istituzionali si salvano o si perdono insieme.
Come ci stiamo rendendo conto, c'è bisogno di dare vita ad un clima nuovo per tessere relazioni civili, sociali e intergenerazionali fondate sulla fiducia. E anche la comunità cristiana non è estranea a questo bisogno. Respiriamo lo stesso clima, che se è tossico lo è anche per noi Chiesa.
Mi hanno raccontato che c'è un "sano orgoglio" necessario per la vita, che per evitare possibili fraintendimenti potremmo chiamare stima di sé (e di chi ci sta accanto). Troppe volte ho sentito descrivere il "piacentino" con sfumature negative ("noi piacentini siamo fatti così...", "siamo come i nostri palazzi”, "chiusi" e via dicendo). Non so se sia per mettere le mani avanti, ma questo modo di raccontarci rischia di diventare un modo per assecondare tali tratti. Quasi per giustificarli. In realtà in questi (quasi) due anni sto incontrando altri volti e tratti 'piacentini'. Che mi piacerebbe soppiantassero (anche nella narrazione) quelli consueti. Il tempo dell’emergenza sanitaria, come pure l’emergenza ‘ucraina’ ha fatto emergere senso di apertura e generosità.
Crediamoci che questo tempo è tempo favorevole, nel quale possiamo far emergere il desiderio e la volontà di dare un volto a questa città.
Il riconoscimento che ogni anno viene fatto attraverso l'Antonino d'oro ci presenta volti familiari ma tutt’altro che sbiaditi. Dobbiamo dircelo con schiettezza quando siamo chiusi in un provincialismo sterile, oppure quando prevale il sospetto tipico dell'individualismo. Per poterci dire, alimentando la speranza, che possiamo e vogliamo essere altro.

Il prof. Pierpaolo Triani quest’anno è stato scelto -in un certo senso- per far l'elogio della ordinaria serietà professionale e del servizio ecclesiale. Ci è indicato un modo di intendere la propria vita (personale, familiare, professionale) intrecciata continuamente con quella del mondo che ci circonda. Non c’è alternativa, opposizione tra il prendersi cura di sé e delle proprie cose e prendersi cura del mondo di cui facciamo parte.
Un ambito di lavoro e di studio, il suo, che va proprio a richiamarci l'urgenza e la bellezza dell'arte dell'educazione. Un’arte che modella allo stesso tempo l’artista con la sua opera.
Affidiamo allora all'intercessione di Sant'Antonino la responsabilità che questo tempo ci consegna di operare ognuno per la sua parte per recuperare sempre di più la bellezza di essere dentro a relazioni che promuovono l'umano. Ogni dimensione dell'umano. Per noi in forza della nostra fede.

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L'intervento del prof. Pierpaolo Triani

Non vi nascondo una certa emozione con la quale inizio questo mio breve intervento, salutando di cuore Mons. Vescovo, le autorità presenti, don Giuseppe Basini, i canonici del Capitolo, e tutti voi.
Come ho avuto modo di dire in questi giorni, quando don Giuseppe Basini, mi ha comunicato la decisione dei canonici della Basilica di Sant’Antonino ho vissuto un intreccio di sentimenti. Certamente di gratitudine per avere pensato a me, ma anche di imbarazzo; non mi sembra di fare cose particolari, svolgo infatti quotidianamente il mio lavoro e cerco di portare avanti gli impegni assieme ad altri, come tutti. Ascoltando le motivazioni è cresciuto ancora l’imbarazzo e insieme la convinzione che il premio che mi è stato assegnato è un riconoscimento a tutte le istituzioni e le persone che si impegnano in educazione, nella logica dell’alleanza e del camminare insieme.

Ho la grazia di abitare molti mondi: la vita della mia parrocchia, della mia diocesi, della Chiesa a livello nazionale; l’Azione Cattolica diocesana e nazionale; l’Università Cattolica dove quotidianamente assieme ai colleghi viviamo la bellezza della didattica e della ricerca; il mondo della scuola e dei servizi educativi piacentini dove in tutti questi anni ho riscontrato passione, intelligenza educativa, desiderio di innovazione. Se abito tutti questi mondi è perché la mia famiglia, a cui rivolgo un grazie profondo, mi sostiene e mi accompagna. Il mio grazie si estende poi a tutte le persone con cui opero e lavoro. Un sincero grazie alla città di Piacenza che è ormai da tempo la mia casa.

Attraverso questi mondi ogni giorno imparo quando sia importante la collaborazione, l’aiuto reciproco, l’amicizia, la condivisione. Ogni giorno capisco il valore dell’incontro, del supporto, della cura, della consolazione, del perdono, del sapersi aiutare nella fatica. del sognare e progettare insieme.
Penso che questo premio rappresenti anche, al di là della mia persona, sempre un’occasione importante per evidenziare alcuni messaggi, all’interno di una celebrazione che è già un messaggio in sé di alleanza, di fiducia, di amicizia civica. Ogni anno infatti in questa Basilica la comunità civile e la comunità religiosa cattolica si incontrano nel nome di Antonino, nel nome di una vita donata nel Vangelo.

Dalla motivazione dell’assegnazione al premio vorrei così richiamare due messaggi, molto brevemente.
Il primo riguarda l’importanza di continuare a coltivare l’impegno educativo, come impegno comune. Nessuno è autosufficiente in educazione. L’impegno di tutti noi, in ruoli diversi, in campo educativo ci riconsegna una verità tanto semplice quanto decisiva: ogni uomo e ogni società per mantenere la propria ‘umanità’ ha bisogno di educazione. L’educazione è una forma ordinaria indispensabile di cura della vita; è perciò un bene prezioso. E’ un bene che chiede, lo sappiamo tutti, ogni giorno, coraggio, pazienza, fatica, tenacia, accettazione del fallimento, speranza, creatività, collaborazione.

Ma l’educazione è un bene a servizio di un bene più grande che lo supera. Questo è un altro aspetto decisivo. Educando scopriamo molto presto quanto la vita sia più grande, quanto non sia l’educazione a generare la vita, ma come sia sempre a servizio di essa. Educare ci insegna sempre questa dialettica: la vita domanda educazione, ma a sua volta precede, sollecita e sostiene l’educazione stessa.

Il secondo messaggio riguarda il cammino sinodale che la Chiesa italiana sta vivendo, sollecitata da papa Francesco. Si tratta di un invito serio ad ogni membro della comunità cristiana a non mettersi in disparte, ma a prendersi a cuore la vita della Chiesa; a crescere nell’ascolto dello Spirito, attraverso ascolto della Parola e l’incontro con le persone; ad andare in profondità nei cambiamenti che stiamo vivendo; ad ampliare i nostri orizzonti, a partecipare ad un rinnovamento che va pensato insieme. Il cammino sinodale ci invita a vivere una dinamica di condivisione, di apertura, di fraternità, che va oltre i confini della comunità ecclesiale. C’è nel cammino sinodale un invito alla prossimità che riguarda tutti.

Il valore dell’educazione come impegno comune quotidiano e il valore del pensare insieme il presente e il futuro sono un appello per tutti noi. Ciascuno risponde come può, assieme agli altri; affidando al Signore della vita i pochi pani e pesci che possiede. Con questo spirito continuiamo a camminare insieme.

Nelle foto di Pagani, i vari momenti della celebrazione eucaristica nella basilica di Sant'Antonino per la festa del Patrono.

Pubblicato il 4 luglio 2022

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